Carlo Curione
Un tempo Gioia del Colle, oltre che per il castello normanno-svevo, il sito archeologico di Monte Sannace, il vino primitivo, per le mozzarelle, per i mulini, i pastifici e le distillerie, per l’olio e l’ortofrutta, era nota anche per valenti artigiani che producevano mobili di pregio. Numerosi sono gli artigiani locali che hanno onorato Gioia […]
Un tempo Gioia del Colle, oltre che per il castello normanno-svevo, il sito archeologico di Monte Sannace, il vino primitivo, per le mozzarelle, per i mulini, i pastifici e le distillerie, per l’olio e l’ortofrutta, era nota anche per valenti artigiani che producevano mobili di pregio.
Numerosi sono gli artigiani locali che hanno onorato Gioia anche al di fuori delle mura cittadine e tra questi figura Carlo Curione.
Ciò in parte è dovuto anche all’istituzione nel 1884 nel nostro Comune, di una Scuola di Disegno e Calligrafia, trasformata successivamente in Scuola di Arti e Mestieri, diventata municipale e diretta da Gennaro Minei e poi da Enrico Castellaneta.
Questa Scuola, oltre a fornire ai frequentanti una istruzione tecnica, è servita alla formazione del senso estetico, della precisione, del gusto delle proporzioni, negli artigiani, qualità riconosciute ed apprezzate anche da persone al di fuori del contesto cittadino.
Figlio di Giuseppe e di Rosa Nico, Carlo (Gioia 7 agosto 1880-19 maggio 1960) è stato avviato sin da piccolo alla scuola del maestro Nicola Serino, titolare di una falegnameria sita in via della Stazione e maestro di molti operai. Infatti Carlo è stato un artista del legno per inclinazione naturale: sin da piccola intagliava utilizzando mezzi rudimentali.
Per le sue qualità e inclinazioni fu poi ammesso a frequentare la Scuola di Arti e Mestieri diretta da Gennaro Minei, Scuola che fu frequentata anche da altri futuri artisti tra i quali vanno annoverati il pittore Francesco Romano, lo scultore Giuseppe Masi, l’artigiano del ferro Cristoforo Castellaneta, Gaudiomonte, costruttore di mobili, Benito Tateo, intagliatore. I migliori lavori eseguiti dagli allievi di quella Scuola annualmente venivano scelti ed esposti in alcune Mostre cittadine.Tra i frequentanti di questa Scuola Carlo Curione ha legato il suo nome al fatto che è stato un bravo ebanista del legno, tanto che successivamente ha perfezionato le sue conoscenze e la sua tecnica presso la Scuola di Belle Arti di Venezia.
Dopo aver completato gli studi lontano da casa, torna a Gioia nel 1904 e dà inizio alla sua attività lavorativa avviando una fabbrica di mobili d’arte. La sua bravura nel suo settore gli valse l’aggiudicazione di forniture in legno per i militari durante la Prima Guerra Mondiale. La sua svolta professionale si realizza al termine del conflitto, quando decide di ampliare lo stabilimento di produzione di mobili, ubicato tra Via Roma, Via Leonardo da Vinci e Via Le Sabine, giungendo ad assumere circa una trentina di unità lavorative.
Avviò la ristrutturazione della fabbrica e della falegnameria, portandola ad un livello industriale con divisione dei vari reparti: segheria, ebanisteria, verniciatura, esposizione e vendita di mobili eseguiti su commissione e deposito di legname. In questa sua attività era coadiuvato dal fratello Biagio. Si costruivano mobili che erano vere e proprie opere d’arte.
Il laboratorio era diviso per rami; c’era anche quello per la lavorazione delle sedie e delle poltrone, affidato agli operai Oronzo Lattarulo e Carlo Marazia. Capo del reparto intagliatori era Natale Girardi: ne facevano parte Vincenzo Celiberti e Giuseppe Vinci, ambedue formatisi alla scuola di disegno, allorché questa ebbe la sua sede nei locali all’angolo tra Corso Vittorio Emanuele e Via Cavour.
Nel suo laboratorio impararono il mestiere tanti validi artigiani, come, gli ebanisti Giovanni Larizza, Gennaro D’Apolito e Giuseppe Pugliese, Gregorio Venere, Vincenzo Patarino e suo nipote Francesco Curione.
Le sue qualità artistiche furono apprezzate anche dai professori di Disegno, nella cui Scuola fu invitato ad insegnare l’arte dell’intaglio.
Scultore del legno, della pietra e intagliatore, più volte è stato premiato in Concorsi nazionali e internazionali, lasciò alla cittadinanza opere di grandissimo pregio artistico, come la parte lignea dell’organo della chiesa di Santa Lucia, il baldacchino del SS. Sacramento e le cornici degli altari della chiesa di Sant’Angelo. Anche la parte lignea dell’organo di Sant’Angelo fu eseguita da lui, a quanto affermano alcuni.
Era un uomo dalle mille sfaccettature, appassionato di musica, scriveva brani musicali e suonava l’organo.
A Gioia molte persone sono in possesso di sue opere.
Pur con i suoi discreti baffi bianchi, con la punta rivolta all’insù, la sua figura incuteva rispetto in tutti, grandi e piccini.
Di statura più alta della media, aveva un portamento eretto e, forse per naturale inclinazione, rafforzata dai suoi studi artistici, era curato nel tratto e nel vestire.
Nel reparto intagliatori andava spesso ad intrattenersi e intesseva discorsi con gli operai.
Ricordo uno zio di mia madre, Nicola Mallardi, che lavorava nel reparto ebanisteria e, per la esperienza e fiducia che riscuoteva, aveva il compito di vigilare sull’intero laboratorio.
Per non essere di parte e ricordare quale era il “clima” umano e lavorativo che regnava tra il Curione e i suoi dipendenti e collaboratori vorrei riportare quanto il prof. Giuseppe Milano scrisse in due pagine, dedicate a Carlo Curione, nel suo volume Gioia del Colle il Novecento. Il secolo del progresso civile. Uomini e momenti della società gioiese, Suma editore, Sammichele di Bari, 2014.
Nel reparto intagliatori andava spesso maestro Carlo ad intrattenersi, quasi attratto da quella che era la sua specialità, e così intesseva discorsi con quegli operai.
Nicola Mallardi, del reparto ebanisteria, aveva il compito di vigilare sull’intero laboratorio; quando si recava lì, fra gli intagliatori, per il suo compito di sorveglianza e li sorprendeva a parlare con maestro Carlo, riprendeva Vincenzo Celiberti:“Cenzino, quando lavoriamo? Non si fa che chiacchierare qui”. Mastro Carlo, che quella distrazione dal lavoro aveva causato, era defilato alla vista del Mallardi, così Vincenzo Celiberti e Peppino Vinci si prendevano quella bonaria riprensione, ma con moto spontaneo volgevano lo sguardo verso di lui e con un sorriso d’intesa. Allora il Mallardi, al quale non mancava la battuta pronta e, a suo modo burlone, e di viva intelligenza, sporgeva la testa e incontrava il volto sorridente del mastro: “Mastro Carlo”, gli osservava “ e che ? Facciamo distrarre gli operai ?” “Vieni, siedi anche tu con noi un po’”, lo invitava il maestro; ma il Mallardi restava perplesso, sulla porta; allora mastro Carlo si levava, gli circondava con un braccio le spalle e lo accompagnava ancora sorridente al posto di lavoro. Era questo il clima in cui si compiva l’opera giornaliera in quel laboratorio: alla paterna affabilità di mastro Carlo rispondeva l’impegno degli operai; quando uscivano a mezzogiorno in frotta dal laboratorio e andavano a casa per il pranzo, per poi riprendere il lavoro nel pomeriggio – alle tredici e trenta se d’inverno, alle quindici se d’estate -, più che i segni di un senso di liberazione dal peso del lavoro, avevano in volto quelli di una serietà soddisfatta, anche i più giovani: parlavano, discutevano, forse ancora del lavoro smesso da poco, e scherzavano anche, specialmente il Mallardi, che anche in quelle ore di libertà era rispettato con moto spontaneo; gli operai gli si collocavano ai lati o gli andavano dietro; dopo si dividevano e ognuno prendeva per casa sua.
Quando la fabbrica fu chiusa il Mallardi si trasferì a Taranto e trovò occupazione come operaio nel locale Arsenale.
Il palazzo in cui Carlo Curione abitava, ubicato di fronte al Liceo Classico, corredato da statue scolpite da lui, fu abbattuto alla fine degli anni ’70.
La volontà di abbattere quel palazzo liberty è da addebitare ad alcuni membri della sua famiglia. Siccome l’immobile presentava delle lesioni e necessitava di opere di consolidamento si preferì abbatterla, permutare il suolo per far posto ad una costruzione di sei piani e in contraccambio ottenere, per gli eredi, alcuni appartamenti.
Si perse in questo modo un altro pezzo della storia di Gioia, dopo l’abbattimento del Mercato Coperto e del palazzo De Bellis in Piazza Plebiscito, ricordo, in questo caso, della operosità di un concittadino che ha reso importante il nostro paese con il suo lavoro.
A Carlo Curione l’Amministrazione comunale di Gioia del Colle ha intitolato una strada cittadina, una traversa tra via Ludovico Ariosto e via Guglielmo Marconi, nei pressi della stazione ferroviaria, non molto distante dalla sua abitazione e dal suo laboratorio.
© È consentito l’utilizzo del contenuto di questo articolo per soli fini non commerciali, citando le fonti ed i nomi degli autori.
1 Ottobre 2024