San Filippo Neri e le bizzarrie atmosferiche a Gioia del Colle

San Filippo Neri è venerato come protettore dai terremoti, anche per aver protetto dal terremoto per ben due volte il vescovo Pietro Francesco Orsini, futuro papa Benedetto XIII, mentre reggeva la diocesi di Benevento.  La prima volta, come lui stesso riferì, fu miracolato nel 1688 perché da un armadio uscirono alcuni santini raffiguranti uno San […]

Print Friendly, PDF & Email

L’Arcivescovo V.M. Orsini, futuro papa Benedetto XIII, esce miracolosamente illeso dal terremoto di Benevento del 1868, grazie a San Filippo Neri. Dipinto della donazione Eramo, presente nella pinacoteca Iavarone, Municipio di Gioia del Colle

San Filippo Neri è venerato come protettore dai terremoti, anche per aver protetto dal terremoto per ben due volte il vescovo Pietro Francesco Orsini, futuro papa Benedetto XIII, mentre reggeva la diocesi di Benevento.  La prima volta, come lui stesso riferì, fu miracolato nel 1688 perché da un armadio uscirono alcuni santini raffiguranti uno San Filippo e l’altro il Santo che pregava quando vide la Madonna che sorreggeva con la sua mano una trave della vecchia Chiesa della Vallicella che era uscita dal suo posto e si fermò sotto il suo capo. Sopra l’armadio era caduta una pesante architrave di marmo e questo armadio, sostenendola, lo salvò.

L’Orsini era fortunatamente sopravvissuto anche ad un altro terremoto che aveva colpito la città di Benevento nel 1702, miracolato, secondo lui, grazie a San Filippo, del quale era fervente devoto. Da questi episodi, e dal fatto che l’Orsini in suo onore compose una preghiera per la preservazione dai terremoti, potrebbe derivare la tradizione popolare di San Filippo come Santo protettore contro i terremoti.

A Gioia San Filippo era venerato come Protettore, ugualmente come Santa Sofia, principale Protettrice del paese, e alla sua persona sono legati alcuni episodi, relativi alla climatologia, verificatisi durante il giorno della celebrazione della sua festività.

I nostri nonni ricordano ancora oggi che il 26 maggio, ancorché stagionalmente siamo a primavera inoltrata, spesso era necessario indossare abiti pesanti se non addirittura un cappotto e munirsi di ombrello per contrastare le avverse condizioni atmosferiche. Non era raro, infatti, che nel dies natalis di San Filippo si verificassero scrosci improvvisi di pioggia durante la processione del Santo.

Nel 1893 la festa si tenne domenica 28 maggio, ma dato che la pioggia quasi continua nelle ore pomeridiane avesse interrotta la festa del nostro patrono San Filippo Neri, il Comitato decise il rinnovamento della festa che ebbe luogo la domenica successiva, il 3 giugno.

Nei primi anni del ‘900 un improvviso e violento temporale interruppe la processione che da piazza XX Settembre percorreva via Gioberti. Dirigendosi nella traversa a destra la statua di San Filippo trovò riparo al di sotto dell’Arco ove i fedeli invocarono con una preghiera di supplica il Santo della gioia affinché interrompesse il temporale. Improvvisamente il temporale terminò come era iniziato ed apparve l’arcobaleno. Tale Arco, un tempo denominato Arco San Filippo, si chiama attualmente Arcobaleno e presenta su una delle pareti una edicola votiva dedicata a San Filippo.

Dipinto raffigurante San Filippo e il crollo della Chiesa della Vallicella. Cappellone di San Filippo, Chiesa Madre di Gioia

Nel 1995 la statua del Santo in abiti sacerdotali, nelle varie peregrinatio nelle comunità parrocchiali, transitando in via Ludovico Ariosto, trovò temporaneo riparo in un portone di un condominio a causa di un improvviso scroscio di pioggia.

Un altro aneddoto narra di un ulteriore episodio che vide coinvolta la statua processionale di San Filippo durante un improvviso temporale. La statua trovò riparo in una cantina e qualcuno, maliziosamente, affermò che San Filippo voleva dissetarsi in quella cantina.

Spettacolare è stato l’episodio verificatosi il 26 maggio del 2015, V centenario della nascita di San Filippo. Nei giorni precedenti la festa del nostro Patrono, e anche il giorno della festa, Gioia e tutti i paesi limitrofi furono interessati da violenti precipitazioni che facevano presagire il rinvio della processione del Santo.

Quasi miracolosamente nel tardo pomeriggio, nonostante un cielo vistosamente nuvoloso, a Gioia la pioggia cessò e quando la statua del Santo giunse in piazza Plebiscito per la consegna delle chiavi della città da parte del sindaco, apparve tra le nuvole minacciose un arcobaleno rovesciato.

Siccome il mese di maggio è ricco di Santi che sono Patroni  di diversi Comuni a noi viciniori, un aneddoto riporta che in cielo un tempo si riunirono alcuni di questi Santi: san Nicola e san Michele che si festeggiano rispettivamente  l’8 maggio a Bari e a Sammichele di Bari, san Cataldo, che si festeggia il 10 maggio a Taranto, la Madonna Mater Domini, e sant’Eustachio, che si festeggiano il 20 maggio rispettivamente a Laterza e ad Acquaviva delle Fonti, san Filippo Neri, che si festeggia il 26 maggio a Gioia, ai quali si unì anche sant’Erasmo, che si festeggia il 2 giugno a Santeramo in Colle.

L’arcobaleno rovesciato apparso in piazza Plebiscito il 26 maggio 2015

La riunione aveva lo scopo di giocare una partita a carte; il vincitore si sarebbe assicurato che il giorno della festa sarebbe stato sereno e luminoso, privo di poggia o di rovinosi scherzi atmosferici. Per tutti gli altri non era garantita una buona riuscita della festa patronale dal punto di vista atmosferico.

Su questo argomento, legato agli effetti del clima in occasione della festa patronale di San Filippo Neri a Gioia, riporto una ricerca del nostro concittadino, l’insegnante Giuseppe Montanarelli, dal titolo San Filippo Neri ed il tempo meteorologico a Gioia del Colle.

A Gioia del Colle, quando la statua grande lignea di San Filippo Neri era custodita nella nicchia laterale destra dell’Altare Maggiore della Chiesa Rettoria di Sant’Angelo, c’era l’usanza di poter prevedere se nel giorno della festa patronale il tempo atmosferico sarebbe stato buono o cattivo.

Il giorno 24 Aprile, data precedente alla festa di San Marco Evangelista ed antecedente di due giorni a quello dell’Apertura dei festeggiamenti patronali, l’Arciprete, il Capitolo la Deputazione, le Autorità cittadine, con i Priori delle Confraternite locali, a mezzogiorno si recavano presso la Chiesa di Sant’Angelo, con corteo solenne che partiva dalla Chiesa Madre, per rimuovere la statua dalla nicchia e prepararla per i festeggiamenti patronali.

Il Priore della Confraternita di San Filippo Neri e di Maria Santissima Addolorata, apriva la nicchia e poi con il Sindaco ed il Presidente Delegato della Deputazione Patronale, provvedevano alla discesa della statua, mediante l’utilizzo di una apposita scala.

Al termine dei festeggiamenti patronali, il 24 Luglio, a mezzogiorno, con il medesimo rituale e la stessa compagine ecclesiastica e civile, la statua del Santo veniva riposta solennemente nella nicchia della Chiesa di Sant’Angelo. Dopo aver posto l’immagine del Santo ai piedi dell’Altare Maggiore, l’Arciprete, aiutato dal Sindaco e dal Presidente Delegato della Deputazione Patronale, saliva sulla scala e si collocava nella nicchia, recando nella mano destra un fazzoletto bianco di seta e lino, artisticamente tessuto dalle Ricamatrici della Carità, pie donne definite “Figlie spirituali di San Filippo Neri”.

L’Arciprete con il fazzoletto toccava il muro interno della nicchia, tracciando un segno di Croce. Se il muro era umido ed il fazzoletto si bagnava, allora il giorno della Festa Patronale avrebbe avuto un cattivo tempo, caratterizzato da nuvole e pioggia. Se parte dell’intonaco si scrostava, allora ci sarebbe stata una grandinata e se si scorgeva purtroppo una crepa, si sarebbe verificato un terremoto.  Se invece il muro era asciutto, allora il giorno della Festa Patronale avrebbe avuto un tempo buono, caratterizzato da un cielo terso con il Sole. Se il muro era troppo secco, allora avrebbe spirato il vento Scirocco, misto a Favonio.

Ovviamente se le previsioni si avveravano, sia favorevolmente che sfavorevolmente, il Popolo affermava che era stata la ferma volontà di San Filippo Neri a determinare l’evento che comunque andava accettato senza proteste.

La statua di San Filippo Neri riposta nell’armadio ligneo nel Cappellone della Chiesa Madre a Lui dedicato, sul lato sinistro dell’altare

Se la previsione negativa si rivelava favorevole, allora San Filippo Neri aveva realizzato il miracolo, concedendo la bella giornata festiva, perché i Gioiesi si erano comportati bene durante l’anno.

Se la previsione positiva si rivelava sfavorevole, con cattivo tempo, allora San Filippo Neri aveva voluto “punire” i Gioiesi, perché forse non si erano comportati bene durante l’anno, deviando gli esempi evangelici.

Comunque in caso di pioggia i contadini ed i massari consideravano positivamente l’evento, soprattutto in periodi di siccità, affermando che quelle erano le lacrime di San Filippo Neri che piangeva di gioia o di dolore a seconda che in città si erano verificati eventi felici o infelici.

Dopo aver constatato lo stato del muro della nicchia, l’Arciprete portava il fazzoletto in Chiesa Madre e lo esponeva alla folla per tutto il periodo festivo per bruciarlo poi con i rami di ulivo, avanzati nella Domenica delle Sante Palme dell’anno in corso e produrre le Sacre Ceneri per l’anno successivo.

Più anticamente il fazzoletto veniva interrato per propiziare nei campi la pioggia se era bagnato o il buon tempo, privo di grandine, se era asciutto.

Questa pratica, però, generava una sorta di gara competitiva tra i contadini ed i massari, per chi avrebbe ricevuto il fazzoletto per interrarlo nel proprio terreno o possedimento e garantire così la sicura fertilità ed abbondanza dell’agro.

I fedeli in seguito richiesero all’Arciprete di non bruciare il fazzoletto e di donarlo al miglior offerente o a chi si fosse distinto per meriti caritatevoli.

Il Clero, per evitare inutili gare, poco cristiane e piuttosto pagane, pensò di tagliare il fazzoletto in triangolini e donare i vari pezzi ai fedeli che li richiedevano, divenendo delle reliquie indirette del Santo, che propiziavano il benessere e l’abbondanza.

L’Arco Arcobaleno, un tempo denominato Arco San Filippo

I pezzi del fazzoletto dai contadini e dai massari venivano interrati, per garantire la pioggia ed il buon tempo sui propri possedimenti o gettato nei pozzi o nelle cisterne per scongiurare la siccità.

Nel tempo le sacre previsioni atmosferiche generarono scommesse clandestine tra gli avventori, che cercavano di indovinare il giusto esito meteorologico, investendo cospicue somme di denaro, giungendo persino all’indebitamento.

Il Clero locale condannava le scommesse, intimando la scomunica degli scommettitori.

Con la collocazione definitiva della statua del Santo nella teca lignea, posta nel lato sinistro del Cappellone della Chiesa Madre, il rito del fazzoletto venne eliminato ed il Popolo nostalgico rilanciò, per riproporre la sacra previsione, l’antica leggenda della celeste partita a briscola tra i Santi che venivano festeggiati nei mesi di Maggio e Giugno nel circondario.

Infatti il  Popolo riteneva che dopo Pasqua, San Michele Arcangelo, patrono di Sammichele di Bari, festeggiato l’8 Maggio, San Nicola Vescovo, patrono di Bari, festeggiato l’8 Mago, San Cataldo Vescovo, patrono di Taranto, festeggiato il 10 Maggio, Santa Maria Mater Domini, patrona di Laterza, festeggiata il 20 Maggio, Sant’Eustachio Martire, patrono di Acquaviva delle Fonti, festeggiato il 20 Maggio, San Filippo Neri sacerdote, patrono di Gioia del Colle, festeggiato il 26 Maggio e Sant’Erasmo, patrono di Santeramo in Colle, festeggiato il 2 Giugno, disputavano in Paradiso una partita a briscola. La Madonna o il Santo che vinceva aveva in premio la bella giornata festiva. Chi invece perdeva aveva in pegno la cattiva giornata festiva.

Infatti si verificava che se la prima festa aveva il bel tempo, le altre alternativamente avevano la cattiva giornata e poi la buona, fino al termine del ciclo festivo dei Paesi viciniori.

Dopo la nuova collocazione della statua di San Filippo Neri nel Cappellone Patronale nella Chiesa Madre, nella nicchia laterale di destra dell’Altare Maggiore delle Chiesa di Sant’Angelo, fu posta la pregevolissima statua di Gesù Risorto o Salvatore, opera del maestro Giuseppe Manzo, artista definito “il Michelangelo” della cartapesta leccese, che nelle sembianze del Figlio di Dio volle immortalare il volto del proprio figlio, prematuramente scomparso.

© È consentito l’utilizzo del contenuto di questo articolo per soli fini non commerciali, citando le fonti ed i nomi degli autori.

Print Friendly, PDF & Email

26 Maggio 2025

  • Scuola di Politica

Inserisci qui il tuo Commento

Fai conoscere alla comunità la tua opinione per il post appena letto...

Per inserire un nuovo commento devi effettuare il Connettiti

- Attenzione : Per inserire commenti devi necessariamente essere registrato, se non lo sei la procedura di LOGIN ti consente di poter effettuare la registrazione istantanea.

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.