Il Mastro casaro a Gioia del Colle

Targa bronzea in onore del Mastro casaro, in Piazza Plebiscito

Una delle eccellenze di Gioia del Colle, come recita il cartello turistico agli ingressi del paese, è la mozzarella, prodotta con latte vaccino.

Il Comune di Gioia del Colle, un tempo molto più esteso di quello attuale, così come viene riportato negli Apprezzi del 1611, del 1640, del 1653 e nel Catasto onciario del 1750, comprendeva in parte una distesa di boschi e in parte era utilizzato per la coltivazione di cereali, di prodotti orto-frutticoli e di vigneti da cui si otteneva il pregiato vino primitivo.

In particolare dal Catasto onciario apprendiamo che l’85% della popolazione gioiese era dedita all’attività agro-zootecnica. La produzione casearia era esercitata in forma artigianale e serviva a soddisfare i bisogni familiari; la parte eccedente era destinata alla vendita a terzi.

L’abbondanza di boschi, di pascoli, di fieno e di paglia di scarto ottenuta dalla lavorazione dei cereali consentiva l’allevamento di ogni sorta di bestiame ed in particolare di bovini di razza podolica, da cui si otteneva latte per la produzione di prodotti caseari, come formaggi, ricotta, mozzarelle, provoloni, caciocavalli, mozzarelle, burro, cacio. Il latte veniva lavorato sul luogo di raccolta della materia prima, presso le stesse aziende agricole, le quali erano dotate di locali per la conservazione e la stagionatura dei vari prodotti. Continua la Lettura

Anche in passato il Palio (la corsa) delle botti a Gioia

22 Settembre 2020 Autore:  
Categorie: Prodotti Locali, Storia

Costruzione di botti nella bottega artigianale di Stefano Santoiemma

La pandemia di questo 2020 bisestile ha sconvolto non solo le nostre abitudini, le nostre tradizioni, i ritmi frenetici del vivere moderno, ma ha impedito anche di condurre a termine a Gioia del Colle la quinta edizione del “Palio delle Botti”, organizzata quest’anno a partire da da un anno fa dall’omonima Associazione, fondata  dal gioiese Claudio Santorelli.

Già molto prima della fine de Settecento, periodo in cui lo studioso e religioso Francesco Filippo Indellicati mise a dimora la prima marza di vitigno, che chiamò Primativo, sia l’Apprezzo della Terra di Gioia del 1611 di Federico Pinto che quello del 1640 di Honofrio Tangho ci notiziano che il territorio gioiese aveva numerosi appezzamenti di terra coltivati a vigna, che producevano abbondanti e ottime qualità e quantità di vini bianchi e rossi. Dal Catasto onciario del 1750 apprendiamo che tutti i piccoli proprietari terrieri utilizzavano parte delle loro terre per coltivare la vite, da cui ricavavano il vino per le proprie necessità familiari. Continua la Lettura

Un mestiere scomparso: il calcarulo o calcinaio

Una calcara. Foto tratta Da “Il Gargano è Storia, Natura e Civiltà”. La fornace per calce

Una delle caratteristiche dei paesi di Puglia, che colpisce l’occhio del turista non solo attraversando la campagna, disseminata di masserie, trulli o altre costruzioni rurali, ma  visibile anche nelle abitazioni del Centro storico, è costituita dall’ utilizzo della calce per imbiancarle.

Questa pratica oltre a dare luminosità e specificità all’ architettura mediterranea delle nostre costruzioni  (vedi in particolare Alberobello, Cisternino e la Valle d’Itria, Locorotondo), ha una funzione di pulizia di igiene.

I Romani ed i Fenici, ancor prima, avevano imparato ad usare la calce come materiale da costruzione, mescolata con la sabbia a formare la malta. Inizialmente è adoperata nella forma di calce aerea (che indurisce solo se a contatto con aria). Continua la Lettura

La festa del 1° maggio a Montursi

illustrazione dell’epoca raffigurante lo scoppio della bomba ad Haymarket Square

Il 1° maggio 1886 si tenne a Chicago uno sciopero di lavoratori, che chiedevano migliori condizioni di lavoro e la durata della giornata lavorativa di otto ore. Il giorno 4 maggio successivo, durante un comizio sindacale  tenuto allo Haymarket Square di Chicago, si verificò lo scoppio di una bomba, che provocò la morte di una decina di persone tra lavoratori e poliziotti. Il movimento socialista dei lavoratori, in onore delle vittime di quell’ attentato, nel 1889 proclamò il 1° maggio  come Festa del Lavoro.

Nell’anno 1955 a partire dal  1° maggio, giorno della Festa del Lavoro, papa Pio XII istituiva la Festa di S. Giuseppe artigiano, protettore dei lavoratori. Continua la Lettura

Due mestieri in estinzione: il gelataio ambulante e il venditore di “grattamariànne”

28 Aprile 2020 Autore:  
Categorie: Prodotti Locali, Storia

il carretto del gelataio, Museo della Civiltà Contadina del dott. Vito Santoiemma

Il gelataio ambulante

In passato nulla  andava perduto, neppure la neve, che veniva recuperata e stipata  nelle neviere.

Allorquando si verificavano delle nevicate, atteso che non si registrava né la presenza di inquinamento atmosferico  né di piogge o nevicate acide ( basti pensare che la neve appena caduta veniva tranquillamente raccolta e assaporata con il vincotto ), la neve,  veniva recuperata e dopo essere stata ” tagliata “, per mezzo di badili,  nella parte superficiale, per evitare danni alle culture sottostanti, era trasportata nelle neviere, che non erano molto distanti dal paese,  con una specie di portantina a mano a quattro portatori, chiamata vaiardo. Continua la Lettura

Il pericoloso e affascinante mestiere del fuochista

Il Vocabolario Treccani, oltre a quattro definizioni correnti di fochista, riporta  anche quella che nel nostro caso ci interessa: termine usato come sinonimo antico e regionale di artificiere, chi cioè prepara e vende fuochi artificiali.

Spesso il nome utilizzato per indicare l’addetto alla preparazione di fuochi d’artificio è indicato con il termine fochista, probabilmente per distinguerlo da fuochista: colui che, in ferrovia,  alimenta e sorveglia il fuoco nelle locomotive a vapore e coadiuva il macchinista nelle mansioni di minore importanza; il personale che,  in marina, è addetto alle caldaie e alle macchine, alle dipendenze degli ufficiali macchinisti; chi, nell’industria siderurgica, carica il carbone nei forni o manovra e sorveglia le caldaie a nafta e a vapore; chi, nei lavori stradali, provvede all’alimentazione della caldaia del rullo compressore.

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Il Vocabolario Treccani, oltre a quattro definizioni correnti di fochista, riporta  anche quella che nel nostro caso ci interessa: termine usato come sinonimo antico e regionale di artificiere, chi cioè prepara e vende fuochi artificiali.

Spesso il nome utilizzato per indicare l’addetto alla preparazione di fuochi d’artificio è indicato con il termine fochista, probabilmente per distinguerlo da fuochista: colui che, in ferrovia,  alimenta e sorveglia il fuoco nelle locomotive a vapore e coadiuva il macchinista nelle mansioni di minore importanza; il personale che,  in marina, è addetto alle caldaie e alle macchine, alle dipendenze degli ufficiali macchinisti; chi, nell’industria siderurgica, carica il carbone nei forni o manovra e sorveglia le caldaie a nafta e a vapore; chi, nei lavori stradali, provvede all’alimentazione della caldaia del rullo compressore.

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La Scuola Enologica

19 Aprile 2020 Autore:  
Categorie: Prodotti Locali, Storia

La vocazione di Gioia per la coltivazione di vigneti, per la produzione di vino e in particolare di quello primativo è attestata da numerose fonti storiche.

Dall’Apprezzo della Terra di Gioia del 1611, redatto dal tavolario Federico Pinto, apprendiamo che nella detta Terra di Gioja si fa abbondanza di vino e di molta bona qualità per le comode vigne che possedono detti cittadini. Tra le ‘Entrate Burgensatiche’ (quelle delle terre di piena e libera proprietà del feudatario, del barone, riportate nel detto Apprezzo) troviamo quelle provenienti dalle vigne, che ammontavano a 30 ducati.

Nell’Apprezzo di Gioia del 1640 di Honofrio Tangho si dice: In detti territori …. Sono seminatori, pascolatori, vigne, giardini, hortalizi …. In essi si fanno vini bianchi, rossi d’ogni sorta, le quali sono sufficienti per comodità de cittadini … L’Università di detta Terra tiene d’introito docati 4000 incirca. Le quali provengono da …. dazio del vino del minuto…. gabella del vino mosto …

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Azienda Tenuta Patruno-Perniola

La Tenuta Patruno Perniola ha sede nel cuore della Murgia pugliese, a circa due chilometri e mezzo da Gioia del Colle, in contrada Marzagaglia lungo la via  per Castellaneta, in una suggestiva zona della Puglia a ridosso delle province di Bari e Taranto e rappresenta una piccola e dinamica realtà imprenditoriale. Nasce ai primi del 1800 dalla passione di una famiglia per il proprio territorio, così ricco di storia e tradizioni, ma ancora poco conosciuto.

Il titolare dell'azienda, Paolo Perniola, afferma: L’azienda nasce ufficialmente nel 2002-03, quando mia madre decide di riprendere in mano la masseria di famiglia di fine 1700-primi 1800 che rischiava di essere ceduta dopo essere stata data in affitto ad un mezzadro.
Seguendo le preziose indicazioni dei nonni, ho piantato nuovamente il vigneto accanto alla masseria; la varietà scelta è rigorosamente il Primitivo di Gioia del Colle, varietà autoctona per eccellenza.
Si sceglie il terreno, la modalità di impianto, la distanza tra le piante, che devono avere spazio vitale per respirare e non stare addossate le une alle altre, con la finalità di massimizzare l’investimento, e via dicendo.
Dopo la vigna, segue la piantumazione di una serie di alberi da frutto e ornamentali tipici del territorio (ulivi, melograni, peschi, fichi, giuggioli, mandorli, ciliegi, amarene, ma anche allori, corbezzoli, carrubo, oleandri), con lo scopo di ripristinare lentamente la struttura restituendole la bellezza che la caratterizzava.

Nonostante fossi alle prese con gli studi universitari in Medicina e Chirurgia, condivisi l’idea di mia madre di far rivivere questa struttura, della quale avevo ricordi meravigliosi, avendo trascorso i mesi estivi in compagnia dei nonni, dalla fine della scuola alla vendemmia, che rappresentava per me un momento di gioia e di dispiacere (alla gioia della vendemmia faceva da contraltare la consapevolezza che, da lì a poco, sarebbe ricominciata la scuola).
I ricordi dei fichi secchi con le mandorle, il vin cotto di fichi cucinato a fuoco lento nel caminetto nel pentolone di rame, la passata di pomodoro fatta coi pomodori “datterini di Polignano” coltivati nel nostro orticello, i pomodori messi a seccare sulle sporte di vimini intrecciato, le cicerchie, il purè di fave, i sivoni e le cicorie (erbe eduli tipiche di questa zona) sono riemersi dalla memoria e sono diventati nuovamente una realtà gastronomica quotidiana o legata a periodi particolari dell’anno (come i mostaccioli e le fiorentine, dolci invernali tradizionali, e come le cartellate, dolci tipici natalizi).

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Origini del ceppo Primativo e dello Zinfandel

Controversa è l’origine della coltivazione della vite nei nostri territori.

Nella Relazione su Primitivo di Gioia allegata alla richiesta di riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata dei vini Gioia del Colle, si afferma che per qualche studioso il Primitivo sia originario o quanto meno sia stato coltivato per la prima volta nelle zone litoranee ove si affermarono le colonizzazioni fenicia prima e greca poi. Nei secoli successivi, in particolare nel Medio Evo, con il diffondersi degli insediamenti rupestri ad opera degli eremiti Basiliani, il vitigno sarebbe stato diffuso nel tempo dalla Terra d’Otranto, in particolare dalla zona pianeggiante dell’arco ionico, ove si erano sviluppate le più ricche e celebri colonie greche, a tutto il territorio Barese e fino alla costa adriatica, attraverso la vecchia via Taranto-Mottola-Gioia-Casamassima-Bari. L’importanza dell’opera svolta dai monaci Basiliani a favore della viticoltura pugliese è stata, senza alcun dubbio, rilevante solo se si consideri che tale opera si estrinsecava in epoca precedente a quella nella quale operarono i Benedettini in altre regioni. E che l’opera dei Basiliani nel settore vitivinicolo sia stata tale da lasciare un’impronta evidente per circa un millennio, è evidenziata dal fatto, come riferisce Ricchioni, che ‘le pratiche enologiche, nella provincia di Terra d’Otranto, erano più accurate che non altrove in Puglia’ perché, aggiungiamo noi, proprio in tale provincia l’attività dei monaci Basiliani era stata più feconda che altrove. Infatti presso molti eremi, colà esistenti, erano stati realizzati impianti, oltre che per l’oleificazione delle olive, per la vinificazione delle uve prodotte nei vigneti afferenti all’eremo e che il vino

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L”oro rosso’ di Gioia del Colle: il vino “Primativo”

Come chiamiamo il vino nel dialetto gioiese?  U mìjre,  mmirre. 

La parola vino viene dal latino vinum.

In epoca romana accanto alla parola vinum si utilizzava anche la parola merum per indicare il vino schietto, sincero, puro in contrapposizione al primo che indicava il vino miscelato con acqua, miele, resine ed altri additivi per renderlo più sciropposo. Ebbene mentre la parola vinum è entrata in tutte le lingue indoeuropee, la parola merum è rimasta invece solo nei dialetti pugliesi, dove ancor oggi il buon vino si chiama mjier o mieru. Il vino che già si faceva in Puglia non era vinum, ma merum nel senso di schietto, puro, vero, cioè vino buono, pregiato. Il lemma mir in illirico ( e ancor oggi in albanese) vuol dire buono, bello, ben fatto, per indicare il loro vino rosso.

Tra le eccellenze di Gioia non si può non annoverare il vino primitivo.

 Il Primitivo di Gioia dunque può considerarsi il più diretto erede dell’antico merum, il vino storico per eccellenza della Puglia.

L’orgoglio per un prodotto tipico del nostro territorio ha spinto alcuni gioiesi, coltivatori di vigneti, a trasformare le uve prodotte per ricavarne il prezioso

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