Anche in passato il Palio (la corsa) delle botti a Gioia
La pandemia di questo 2020 bisestile ha sconvolto non solo le nostre abitudini, le nostre tradizioni, i ritmi frenetici del vivere moderno, ma ha impedito anche di condurre a termine a Gioia del Colle la quinta edizione del “Palio delle Botti”, organizzata quest’anno a partire da da un anno fa dall’omonima Associazione, fondata dal gioiese […]
La pandemia di questo 2020 bisestile ha sconvolto non solo le nostre abitudini, le nostre tradizioni, i ritmi frenetici del vivere moderno, ma ha impedito anche di condurre a termine a Gioia del Colle la quinta edizione del “Palio delle Botti”, organizzata quest’anno a partire da da un anno fa dall’omonima Associazione, fondata dal gioiese Claudio Santorelli.
Già molto prima della fine de Settecento, periodo in cui lo studioso e religioso Francesco Filippo Indellicati mise a dimora la prima marza di vitigno, che chiamò Primativo, sia l’Apprezzo della Terra di Gioia del 1611 di Federico Pinto che quello del 1640 di Honofrio Tangho ci notiziano che il territorio gioiese aveva numerosi appezzamenti di terra coltivati a vigna, che producevano abbondanti e ottime qualità e quantità di vini bianchi e rossi. Dal Catasto onciario del 1750 apprendiamo che tutti i piccoli proprietari terrieri utilizzavano parte delle loro terre per coltivare la vite, da cui ricavavano il vino per le proprie necessità familiari.È evidente che il vino costituiva sin dal passato una fonte di ricchezza per i produttori locali poiché, oltre a soddisfare i bisogni della cittadinanza, l’eccesso di produzione veniva venduto nei paesi limitrofi e incrementava il reddito della popolazione gioiese.
Al vino erano collegate alcune tradizioni e feste locali. Ad esempio fino alla Seconda Guerra Mondiale A Gioia alla fine della vendemmia si festeggiava la Festa dell’uva e in numerose edizioni della Fiera del Levante il Comune di Gioia partecipava con uno stand in cui venivano messi in mostra i prodotti della nostra terra, tra cui l’uva e il vino primitivo.
Alla coltivazione della vite e alla produzione del vino erano collegate anche le attività di abili artigiani del legno che costruivano attrezzi e prodotti per gli addetti al settore enologico, come tini, tinelli, carratelli, botti, botticelle, bottazzi, cisterne e mastelli, anch’essi apprezzati e venduti non solo a Gioia, ma anche nell’intera provincia ed oltre. Tra questi ebanisti va segnalata la bottega artigianale di Stefano Santoiemma, sita nei pressi della Chiesa del Sacro Cuore. A ciò contribuì non poco la presenza a Gioia di una Scuola di Arti e Mestieri, in cui qualificati Maestri artigiani insegnavano ai loro allievi le tecniche di costruzione dei numerosi prodotti occorrenti per la raccolta delle uve, per la vinificazione e la conservazione dei pregiati vini locali.
Da una ricerca del nostro concittadino, l’insegnante Giuseppe Montanarelli veniamo a conoscenza che in passato a Gioia si praticava un primordiale Palio delle Botti.
A proposito delle botti. La corsa delle botti a Gioia del Colle. Festa di Santa Sofia-Vendemmia-Settembre.
Anticamente a Gioia del Colle si erano costituite, con apposite Tavole, le Corporazioni Artigiane di origine medioevale, affidate al celeste patrocinio di San Giuseppe. In particolare c’era la Corporazione dei Distillieri, patrocinati da San Benedetto Abate e festeggiato il 21 Marzo, quella dei Cantinai, patrocinati da San Vincenzo Diacono e festeggiato il 22 Gennaio, operanti presso i laboratori e la “Micca”, quella dei Bottai, patrocinati da Sant’Alberto da Genova e festeggiato l’08 Luglio e quella dei Vinai, patrocinati da San Martino di Tour e festeggiato l’11 Novembre, che operavano nelle loro botteghe.
Nel periodo della vendemmia, i Bottai costruivano i recipienti per conservare il vino, ma anche l’olio, il ghiaccio, il miele e tutti i preziosi alimenti locali liquidi.
I Bottai Gioiesi realizzavano le botti migliori della zona, in legno pregiato, di varie dimensioni, per contenere e conservare soprattutto il prezioso vino primitivo nero.
I Bottai per saggiare e testare la qualità e la resistenza delle loro botti, facevano rotolare i recipienti su percorsi accidentati ed in pendenza.
Le botti che rimanevano intatte venivano vendute ed utilizzate per contenere il vino.
Questa pratica professionale, nel tempo, quasi per gioco, divenne una vera e propria gara di abilità, chiamata “La corsa delle botti gioiesi”, che coinvolse inizialmente i bottai, i cantinieri, i distillieri, i vinai, i vignaiuoli ed in seguito gli agricoltori e poi anche gli artigiani ed i privati cittadini.
A questa gara popolare non partecipavano le donne, i membri delle famiglie nobili, i militari ed i ministri del Clero.
La gara inizialmente prevedeva l’uso di botti piccole, poi nel tempo vennero usate botti medie ed infine si arrivò ad utilizzare le botti da posa di grandi dimensioni, che venivano fatte rotolare su percorsi prestabiliti e spinte di corsa con le sole braccia, alla presenza di giudici popolari.
Inizialmente le botti erano vuote, poi vennero riempite di acqua e perfino di vino o aceto, rendendo più pericoloso il tragitto.
Vinceva chi arrivava per primo al traguardo con la botte integra. Perdeva chi arrivava per ultimo e veniva squalificato chi barava, chi rompeva la botte durante il percorso o chi toccava con i piedi e le gambe le botti.
Le botti grandi vennero dedicate ai Santi popolari gioiesi, infatti c’era la botte di Santa Sofia, quella di San Filippo Neri, quella di San Rocco, quella di San Giuseppe, quella della Madonna delle Grazie o quella di San Francesco da Paola.
Il premio consisteva nel ricevere una botte di medie dimensioni colma di vino primitivo.
L’ultimo della gara offriva da bere a tutti i partecipanti.
La corsa non era esente da incidenti, pericoli e da liti furibonde tra i partecipanti non sempre leali ed i giudici popolari che non sempre erano imparziali.
Si racconta che le gare, prevedenti tre competizioni, venivano svolte in occasione della Festa Patronale di Santa Sofia Vedova a Settembre.
Nel tempo la corsa delle botti, per motivi di sicurezza e di ordine pubblico, venne soppressa, permanendo il saggio di qualità e di resistenza solo all’interno di zone sicure appartenenti alle botteghe artigiane; solitamente questa operazione veniva svolta all’interno degli spiazzi della “Micca” o sala degli alambicchi o antica distilleria cittadina.
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22 Settembre 2020