Il Mastro casaro a Gioia del Colle
Una delle eccellenze di Gioia del Colle, come recita il cartello turistico agli ingressi del paese, è la mozzarella, prodotta con latte vaccino. Il Comune di Gioia del Colle, un tempo molto più esteso di quello attuale, così come viene riportato negli Apprezzi del 1611, del 1640, del 1653 e nel Catasto onciario del 1750, […]
Una delle eccellenze di Gioia del Colle, come recita il cartello turistico agli ingressi del paese, è la mozzarella, prodotta con latte vaccino.
Il Comune di Gioia del Colle, un tempo molto più esteso di quello attuale, così come viene riportato negli Apprezzi del 1611, del 1640, del 1653 e nel Catasto onciario del 1750, comprendeva in parte una distesa di boschi e in parte era utilizzato per la coltivazione di cereali, di prodotti orto-frutticoli e di vigneti da cui si otteneva il pregiato vino primitivo.
In particolare dal Catasto onciario apprendiamo che l’85% della popolazione gioiese era dedita all’attività agro-zootecnica. La produzione casearia era esercitata in forma artigianale e serviva a soddisfare i bisogni familiari; la parte eccedente era destinata alla vendita a terzi.
L’abbondanza di boschi, di pascoli, di fieno e di paglia di scarto ottenuta dalla lavorazione dei cereali consentiva l’allevamento di ogni sorta di bestiame ed in particolare di bovini di razza podolica, da cui si otteneva latte per la produzione di prodotti caseari, come formaggi, ricotta, mozzarelle, provoloni, caciocavalli, mozzarelle, burro, cacio. Il latte veniva lavorato sul luogo di raccolta della materia prima, presso le stesse aziende agricole, le quali erano dotate di locali per la conservazione e la stagionatura dei vari prodotti.La lavorazione del latte nel nostro territorio è attestata sin dal VII secolo a. C. a Monte Sannace, dove sono venuti alla luce reperti archeologici legati a tale attività, tra cui numerosi vasi con il fondo o con le pareti forate, che attestano la lavorazione del latte, per la bollitura e per la produzione di formaggio.
Per ottenere prodotti di qualità era indispensabile la presenza di una figura lavorativa di grande professionalità: il Maestro casaro.
Sembra che questa figura professionale sia da far risalire agli inizi dell’Ottocento, a seguito della produzione di latte vaccino fornito da mucche di razza podolica che pascolavano liberamente nei boschi gioiesi o sull’altopiano della Murgia, nutrendosi di erbe spontanee ed aromatiche, che fornivano latte dalle qualità nutritive ed organolettiche di tutto rilievo.
Una svolta dal passaggio dalla produzione casearia artigianale rurale a quella artigianale cittadina si ebbe agli inizi del Novecento con la sostituzione della razza podolica con quella bruno-alpina, proveniente dalla Valtellina, razza molto generosa nella produzione di latte.
Fu un medico gioiese, Signorelli, figlio di massari gioiesi, che agli inizi del 1900 si recò in Valtellina e sulle Alpi svizzere con due suoi nipoti. Rientrarono a Gioia con alcune mucche di razza bruno-alpina, che pascolavano in quei territori. A differenza della bruno-alpina, che produce abbondante latte e che si contentava del magro pascolo alpino, soprattutto d’inverno quando i pascoli sono ricoperti di neve, e che spesso non usufruiva di ricovero in inverno, si diceva che la locale razza podolica mangiava abbondantemente, aveva un ricovero al chiuso, ma produceva più corna che latte.
La maggiore quantità di latte disponibile portò all’impianto nel paese di Gioia di alcuni caseifici, i quali erano in grado di lavorare e produrre latticini per soddisfare non solo le richieste della popolazione locale, ma anche di quella dei Comuni limitrofi e perfino del territorio provinciale o regionale.
Tra i primi operatori del settore lattiero-caseario vanno ricordate le famiglie: Romano, Capurso, Sisto, De Bellis, Perniola, Girardi, Guida, Ripa, Masi, Liuzzi.
Era indispensabile, dunque, per ottenere un prodotto di qualità, la presenza di un Mastro casaro che non solo fosse a conoscenze delle tecniche per produrre buoni latticini, ma fosse anche in grado di insegnare quest’arte alle giovani generazioni.
In diversi momenti a Gioia si pensò di istituire una Scuola Tecnica ed un’altra di Arti e Mestieri per raggiungere tale scopo.
Nel 1920 a Gioia sorge una Colonia Agricola per gli Orfani di guerra, voluta da padre Semeria e da padre Minozzi. Nei documenti del tempo si legge: L’azienda agricola che già sotto P. Salviato aveva dato visibili frutti è ora quasi completa, colla stalla dove non manca il toro, con il porcile modello dove si potrà fare in grande l’allevamento dei suini inglesi, con i pollai portatili, on l’apiario in costruzione, col caseificio che produce le famose mozzarelle mentre in casa i nostri ragazzi fanno di tutto, pane compreso.
Nel 1916 l’Amministrazione comunale dei Gioia stabilisce i prezzi massimi per la vendita al minuto dei latticini e del pecorino. Nel 1921, a causa dei danni provocati dalla guerra e dal rincaro del costo dei prodotti alimentari, a Gioia si continua ad utilizzare le tessere annonarie per razionare e calmierare i beni di prima necessità, specie su latte, farina e mozzarelle.
Un Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura, operante a Gioia dal 1960 fino al 1996 permetteva di conseguire la qualifica di Casaro-Allevatore zootecnico ed era dotato di idonei fabbricati adibiti a caseificio modello per esercitazioni pratiche e per formare futuri giovani casari.
Ben presto Gioia fu identificata non solo come la città di produzione del vino primitivo, ma anche della mozzarella fior di latte.
Fino alla fine degli anni ’70 i viaggiatori che passavano da Gioia, lungo la linea ferroviaria Bari- Taranto, durante la sosta del convoglio ferroviario in stazione, potevano gustare delle mozzarelle di Gioia messe in vendita dal ristoratore del bar stazione, che li invitava ad acquistarle in buste precedentemente confezionate.
La bontà e genuinità della mozzarella di Gioia ha spinto i produttori locali a chiederne il marchio DOP. La richiesta, formalizzata nel 2017 al Ministero delle politiche agricole, che, dopo il ricorso del Consorzio dei produttori di mozzarella di bufala DOP campana dava ragione ai pugliesi, veniva trasmessa alla UE. Bruxelles il 21 ottobre 2019 pubblicava sulla Gazzetta Ufficiale Europea tale richiesta. Nei 90 giorni successivi, esattamente il 21 gennaio 2020, termine ultimo per una eventuale contestazione, tre importanti consorzi del settore lattiero caseario bavarese hanno presentato ricorso perché il termine mozzarella è generico, tant’è che si produce in tutto il mondo, non solo in Italia, e pertanto non può essere usato in un’altra denominazione, la terza (oltre alla Bufala campana DOP esiste anche la Mozzarella Stg). Si attende a breve la ratifica della DOP mozzarella di Gioia del Colle.
L’8 maggio 1993, dopo una giornata dedicata alla figura del Mastro Casaro, organizzata dal dott. Vito Bianco, presidente del 2100 Distretto del Rotary, che comprende il Rotary International Club Acquaviva-Gioia del Colle, sempre a cura della stessa Associazione è stata scoperta una targa in onore del Mastro Casaro, apposta sulla facciata del palazzo Calabrese che si affaccia su Piazza Plebiscito.
La targa in bronzo, un bassorilievo opera dello scultore Domenico Mazzilli, presenta il logo del Rotary, l’immagine di un casaro che lavora e modella una mozzarella e riporta la seguente iscrizione: Onore e merito al Mastro casaro principale artefice, col suo lavoro, della fiorente e apprezzata attività casearia del territorio. Anno Rotariano 1992-93.
Nel corso della stessa giornata l’avv. Antonio Urciuoli, Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società per Azioni SAIL (oggi Perla-Granarolo) nel Circolo Unione di Gioia del Colle ha tenuto una conferenza, alla quale ha dato il suo contributo anche il prof. Rocco Fasano, che ha sintetizzato il frutto di una sua ricerca sul settore caseario a Gioia. È seguita la distribuzione di diplomi a tutti gli operatori del settore lattiero-caseario.
La monografia del prof. Fasano, nella sua versione integrale è stata pubblicata per ’I Quaderni del Centro Culturale Ezra Pound’ di Gioia del Colle con il titolo “ Mozzarellari a Gioia”.
Il figlio del dott. Vito Bianco, Antonello, nel 2008 ha voluto ripubblicare la monografia del prof. Fasano, offrendola ai clienti SAI e agli amici, intendendo in tal modo celebrare il primato dei gioiesi nel promuovere e diffondere la cultura e la pratica dell’attività casearia.
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4 Ottobre 2020