Michele Fasano – Appunti per un film sul senso del luogo

Diwali – Filo di luce.  "Quel filo di luce" celebra religioni e filosofie che illuminano la vita, "sa discendere nel prisma del mondo diffrangendo, sa rivelare il colore segreto di ciascuno… ogni uomo in sé è una religione… ". Tra i gioielli custoditi nel cofanetto prodotto e presentato in questi giorni a Gioia e a […]

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Il Regista gioiese Michele FasanoDiwali – Filo di luce.

 "Quel filo di luce" celebra religioni e filosofie che illuminano la vita, "sa discendere nel prisma del mondo diffrangendo, sa rivelare il colore segreto di ciascuno… ogni uomo in sé è una religione… ". Tra i gioielli custoditi nel cofanetto prodotto e presentato in questi giorni a Gioia e a breve anche su Bari da Michele Fasano, un DVD da collezione ed un libro che ne racconta la genesi con interludi politico – sociologici ed approfondimenti curati da Maria Josè Compiani. Nell'introduzione vere "perle di saggezza" a firma di Pierluigi Basso per presentare un'opera che, con raffinata e rara sensibilità, svela il segreto ordito che lega la natura del luogo ad una cultura non sua. E' la storia di un'etnia nobile ed orgogliosa, avvinta con forti radici alle proprie tradizioni, che sceglie di migrare in comunità, perseguendo un progetto "imprenditoriale" attraverso umili lavori, come quello dell'allevatore "bergamino".

Riscattato il debito contratto per raggiungere il luogo di lavoro, ogni risorsa viene investita in immobili, acquisto di terreni in patria o in finanziamenti legali a favore di altri immigrati Sikh del Punjab. Famiglie fortificate da "un'appartenenza alla realtà cosmica che accoglie tutti", in un innesto reso ancor più "ecologicamente" positivo da una religione che esalta la sacralità della natura, unisce e non separa, accoglie e non ripudia, così ancestralmente moderna da considerare tutte le religioni "vie diverse per la verità". Il regista nella sua "scrittura filmica", con tocco leggero e sapienti dissolvenze, ricompone creativamente fotogrammi di storia in cui ieri ed oggi si intersecano. Le cascine cremonesi in bianco, nero e tanto grigio di Luigi Ghisleri, "ripulite da graffi, sfarfallamenti, tagli sporchi ed incrostazioni ideologiche", si accendono di colori e nuova vita, illuminate dal filo di luce di mille lumini. All'assordante colonna sonora di infiniti canti tra le risaie, si contrappongono le esitanti, suggestive ed incantevoli note del pianoforte di Daniele Furlati, lo sciabordio delle acque del Po, pavidi cinguettii infranti dal rombo di un tuono, il leggero e cadenzato tamburellare della pioggia sulle tegole, canti Sikh tra gli echi di un armonium e la voce di Ramandeep, 10 anni, musa ispiratrice di Sattva, creatività pura che ricompone i frammenti di un'integrazione già in divenire nella sua apparente staticità, pronta ad evolversi attraverso "le risposte che già sa, anche se non sa perchè". Nei suoi occhi scuri, saggi, consapevoli, balugina un "filo di luce", lo stesso che in un altro sguardo, in un‘altra epoca, nello stesso luogo, sfidava il futuro, imponendosi con impertinenza all'obiettivo.
Il regista cerca la bimba nel tempio "welfare" ricreato in un capannone, tanto diverso nell'architettura quanto simile nello spirito alle "cattedrali" in patria, con affollati colonnati a cornice di un laghetto che lambisce un piccolo tempio, custode di letture sacre, pace, nostalgia e generose offerte. In quella solitudine amplificata da canti e preghiere, un gioioso raccoglimento, lo stesso smarrito nella cappella gentilizia in abbandono che accoglie e culla Ramandeep nel suo agghiacciante silenzio.
Le acque del Po e del Gange si incontrano in un rito di antica fratellanza, riverberano aurore e tramonti imprigionati in diverse latitudini nelle stesse prismatiche clessidre del tempo, riflettono opalescenti chiarori e crepuscolari incendi di infinite nuvole, "location" silenziose e perpetue di un'umanità in continua evoluzione, che si rincorre e si rigenera, come loro, senza tregua. "La verità vive al di là di riti e tradizioni, al di là delle apparenze, nel profondo del cuore dell'uomo, lì scorre il fiume della vita…". Il viaggio riprende, iniziazione o metafora il timone è fermo tra le onde delle tempeste emozionali e ideologiche che imperversano nelle profondità dell'animo e confondono l'orizzonte, placate solo dal silenzio del pensiero e dal condiviso desiderio di Pace.

Dalila Bellacicco

Note sul regista

Michele Fasano, nasce a Gioia nel 1965, da 20 anni vive a Bologna. Laureato in Discipline dell'Arte, della Musica e dello Spettacolo (DAMS), a breve conseguirà la laurea in Filosofia. Nel 1998 promuove il Seminario d'Ideazione e Realizzazione di un Film con vari film corti e medio metraggi su temi interculturali e sull'immigrazione, scritti dai suoi allievi e pubblicati in un cofanetto intitolato "Storie fuori Porta". Allievo di sceneggiatura e regia di Tonino Guerra, Suso Cecchi D'Amico, Silvano Agosti, Fernando Solanas, Abbas Kiarostami, è regista e produttore indipendente. Tra le sue realizzazioni: La Regola del Sonno (1992); Re Tarlo (per non morire) (1994); "1995" (1995); Not just anyplace/Non in un posto qualsiasi (2001) e Filo di Luce. Appunti per un film sul Senso del Luogo, presentato a Parigi il 29 settembre del 2004 nell'ambito de La semaine des cultures étrangères del FICEP in collaborazione con l'Istituto Italiano di Cultura. Per la Sattva Films Production and School srl da lui fondata nel 2005, produce il film di Luigi Ghisleri "La campagna cremonese" (1971). Nel 2006 frequenta il MAIAWORKSHOP per giovani produttori europei. Attualmente sta lavorando al documentario di creazione L'Albero della Vita. Il Viaggio di Seth ad Otranto.

La Scheda del Film

Una scena del film “Filo di Luce” del Regista Gioiese Michele FasanoRaman è una bambina di dieci anni, indiana, di religione Sikh, arrivata in Italia quando ne aveva quattro al seguito di sua madre. Non ricorda nulla del Punjab, la terra d'origine del padre, emigrato in Pianura Padana sei anni prima della moglie, per lavorare come mungitore in cascina là dove una volta vivevano i contadini italiani ormai estinti. Raman è felice di vivere in campagna perché, come lei dice, le piacciono i "paesaggi silenziosi". Racconta, però, che dopo una vacanza in Punjab, dove aveva ripreso contatto con la terra del padre, è ritornata in Italia piena di domande… dando avvio ad un confronto tra la sua terra di origine e quella che la ospita e sente sua. Si reca, quindi, dal guru del tempio sikh di Vescovato in provincia di Cremona per cercare qualche risposta a tali quesiti. Dai racconti del guru emergono principi di rispetto per le altre culture, per le altre religioni e per la biodiversità della natura. La bambina scopre così, che già in precedenza, da sola, aveva fatto propri quei pensieri, senza saperlo, nell'ascolto silenzioso del paesaggio sonoro della campagna, come lei dice "quando le macchine si fermano", sullo sfondo del fiume Po e della campagna tra Cremona e Reggio Emilia.

Da: La Piazza – Gioia del Colle.

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18 Gennaio 2008

  • Scuola di Politica

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