Le chiese di San Nicola de Palearis, di San Pietro Novizio e S. Pietro de Sclavezzùlis
Il tabulario Federico Pinto nell’Apprezzo della Terra di Gioia del 1611 afferma: E fuori di detta Terra su una pianura vi sono tre Chiese, e cappelle antiche posti in diverse parti della campagna, che hanno del guasto de numero de 300 e più … Tale affermazione è ripresa dall’abate Francesco Paolo Losapio nella Cornice riportata […]
Il tabulario Federico Pinto nell’Apprezzo della Terra di Gioia del 1611 afferma: E fuori di detta Terra su una pianura vi sono tre Chiese, e cappelle antiche posti in diverse parti della campagna, che hanno del guasto de numero de 300 e più … Tale affermazione è ripresa dall’abate Francesco Paolo Losapio nella Cornice riportata nel Quadro Istorico Poetico sulle vicende di Gioia in Bari detta anche Livia: che dovunque il guardo / rivolgi, altro non vedi che trofei / d’amor, di fè, di carità votive / are novelle, nuovi altari e chiese, / cappelloni, cappelle e sacri ospizi, / sì privati che pubblici oratorii, / e da per tutto, a tal che a ben trecento / ne novera non senza meraviglia, / e ne commenda la Città sì ricca, / estesa tanto, popolosa e adorna, / il tavolario Pinto, che poi dopo, /la piange grama, desolata e priva / d’abitanti non men che d’ornamenti …
Il numero 300 sembrerebbe una svista del redattore dell’Apprezzo, che avrebbe aggiunto uno zero in più, anche alla luce del fatto che nel 1611 a Gioia dovevano essere presenti 526 fuochi, pari a circa 2630 abitanti e che lo stesso Losapio afferma che qualche anno dopo Gioia aveva un numero limitato di abitanti.
Lo stesso abate Francesco Paolo Losapio, nel primo Canto del citato libro, afferma che nel secolo nono, a seguito della invasione del nostro territorio da parte dei Saraceni, Gioja si giacque a seconda volta e gli avanzi scampati a tanto danno / ne’ vicin boschi sen vanno … chi su Monte Sannace o in Frassinete, / chi di Pagliara…, Erano i primi due dagli abitanti / luoghi sagrati alla Divina Madre, / il terzo a San Nicola e a tutt’i Santi.Dal Terzo Accesso a Monte Sannace del 25 aprile 1635 per il recupero delle terre usurpate alla Chiesa di Bari attingiamo alcune notizie circa l’ubicazione della chiesa di S. Pietro de Sclavezzùlis: … camminando per l’istessa strada (l’attuale via della Chiusa) arrivati ad un loco concavo, dove stanno due montoni di pietra dirimpetto ad una chiesa che si chiama S. Pietro distante più di cinquecenta passi …
Il culto per San Nicola è attestato a Gioia sin dagli inizi della sua fondazione, come si evince dalla denominazione di un Arco a lui denominato, che è ubicato nell’antico e omonimo rione, così chiamato perché al suo interno era presente l’abitazione del rappresentante della Basilica di San Nicola a partire dal secolo XI; sempre al suo interno era funzionante un forno di proprietà del Comune, detto di San Nicola.
Nella Chiesa di San Rocco nella navata laterale sinistra, nella prima arcata vi è un altare marmoreo sormontato da un dipinto che raffigura un miracolo di San Nicola. Una chiesa rurale sita a nord di Gioia era dedicata a San Nicola.
Le prime notizie relative alle Chiese di San Nicola e di San Pietro nel territorio di Gioia risalgono alle donazioni effettuate da Normanni alla Chiesa di Bari. Essi, infatti, per ingraziarsi la benevolenza del Papa, come da loro stessi chiaramente espresso, per la salvezza della loro anima e per rimedio dei loro peccati, erano soliti fare donazioni di loro territori ai vescovi locali.
Il duca normanno Ruggero Borsa d’Altavilla, figlio di Roberto il Guiscardo, nel giugno del 1087, un mese dopo l’arrivo a Bari delle reliquie di San Nicola, conferma la donazione che suo padre aveva fatto alla Mensa Arcivescovile di Bari, nelle mani di Ursone II, arcivescovo di Bari, delle terre del Canale, di Monte Sannace e della Chiesa di Sant’Angelo (Cod. Dipl. Bar. I, 32, pag. 60). Il diploma recita: Concediamo anche a te e ai tuoi successori (Chiesa di Bari) nello stesso luogo la Chiesa di Sant’Angelo, sita nel Monte Jannacii con tutti gli orti e gli orticelli che sono vicini a questa zona per la strada che porta ad Joam. Ciò indurrebbe a pensare che i pochi abitanti rimasti ancora sull’acropoli di Monte Sannace si ritrovarono intorno ad una prima chiesa cristiana intitolata a Sant’Angelo. Il diploma, riguardo alla donazione fatta ad Ursone e ai suoi successori precisa: licentiam habeant facere de ea quod voluerint et ecclesiam in honore beatissimi Nicolay ibi edificare. Per dotare di rendite proprie l’erigenda chiesa Ruggero, oltre alle terre del Canale, da servire per tutte le necessità del vescovo e dei suoi successori, concede l’utilizzo di tutti gli animali, dei corsi d’acqua, del legname, dei pascoli e di tutte le utilità, liberamente e senza dover pagare alcuna servitù a chicchessia. Riconferma la concessione della Chiesa di sant’Angelo, sita sul monte Ioannacii con tutti gli orti e orticelli presenti intorno la detta chiesa, con la corticella maggiore che gira intorno e va per la via che porta a Gioia e ritorna verso la base dello stesso monte al lato orientale.
Nel Cod. Dipl. Bar., vol. V, n. 50, pag. 92 è possibile leggere l’atto di donazione, da parte di Riccardo Siniscalco della chiesa e del territorio di San Pietro Apostolo, detto de Sclavazzolis presso il suo castello di Gioia, fatta al Monastero d’Ognissanti di Cuti, ubicato presso Valenzano, atto rogato dal R. notaro Iaffaro e firmato da Basilio, protonobilissimo imperiale e dallo stesso Riccardo nell’aprile del 1108.
Il Diploma, nella traduzione in italiano recita: Poiché alla salute e riparazione dei peccati, niente è migliore e più accetto al Creatore che la elemosina, così io, Riccardo Siniscalco, figlio della beata memoria del Conte Drogone, per la salute dell’anima di Altrude, mia dilettissima moglie, del predetto mio padre, del Duce Ruggiero, del Principe Boemondo … concediamo e offriamo alla chiesa di S. Nicola, nelle mani di Eustachio, venerabile abate della medesima la chiesa una volta diruta, la quale è situata non lungi dal nostro Castello di Gioia, in onore e nome di S. Pietro Apostolo, detto de Scavezolis, con tutte le vigne, pozzi, cisterne e con tutti i terreni che, accanto, circondano la stessa chiesa. Ai quali, ad evitare ogni futura contestazione, assegniamo i seguenti confini: dalla parte di Oriente e di Occidente si trovano le vie pubbliche, che portano a Taranto, le quali vie si dividono a settentrione e si congiungono a mezzogiorno. Fra questi confini concediamo alla predetta chiesa di S. Nicola la chiesa di S. Pietro che dicesi di Sclavazzolis, con tutti i predetti beni, in modo che appartengano al sopranominato Abate ed a tutti gli Abati futuri, o rettori di quella Santa chiesa, senz’alcuna requisizione o contrasto da parte di chicchessia …
Da questo Diploma oltre ad avere una ubicazione della chiesa, si evince che la stessa fu ricostruita una seconda volta e che la donazione fu effettuata alla Chiesa di S. Nicola di Bari.
A proposito del Monastero di Cuti occorre ricordare che fu fondato sui resti di un antico tempio pagano verso la metà dell’XI secolo dal monaco Eustazio, spinto dal desiderio di condurre una vita strettamente religiosa, sotto l’Ordine Benedettino dei Monaci Cassinesi; lo stesso ne fu poi l’abate, e fu confermato nelle sue immunità nel 1082 dall’arcivescovo di Bari Ursone. Il Monastero entrò a far parte successivamente dei possedimenti della Basilica di San Nicola, dopo l’arrivo a Bari delle reliquie del Santo da Mira nel maggio del 1087.
Il successore di Ursone, l’abate Elia, oltre a confermare l’autonomia del monastero, scelse l’abate Eustazio come suo successore a rettore della Basilica di S. Nicola, stabilendo già alle origini un rapporto ideale fra la Basilica e il monastero benedettino. La bolla del papa Pasquale II del 9 settembre 1115 riconosceva che il monastero doveva la sua esistenza all’iniziativa di Eustazio (per tuam industriam fundatum et edificatum) e gli confermava i privilegi concessi dagli arcivescovi Ursone ed Elia.
Da una bolla del papa Lucio II del 25 novembre 1144 apprendiamo che il Monastero era entrato in possesso di altre chiese, quali S. Nicola del Pagliaio. L’11 luglio 1295, da Anagni, il papa Bonifacio VIII, donava il suddetto monastero con tutte le sue proprietà alla Basilica di San Nicola, al fine di incrementarne le rendite. Il Monastero nel secolo XIII fu soppresso da Bonifacio VIII e fu donato al Santuario di San Nicola di Bari.
Nel 1111 Riccardo Siniscalco concede e offre il Castellum nostrum Ioe, da lui costruito con grande fatica e spese, alla chiesa di San Nicola di Bari, con tutti i suoi abitanti e loro redditi … e con tutti i territori annessi, acque, selve, vigneti oliveti ed ogni albero, con tutte le loro pertinenze, riservandosene l’usufrutto e lo fa nelle mani del suo rettore, l’abate Eustachio (Cod. Dipl. Bar. V, 57, pag. 102).
Nello stesso codice è presente una pergamena di Riccardo Siniscalco che ci informa che una fascia larga circa un miglio, a semicerchio nella zona NE al di là del Borgo Castello e di quella a NO al di là dell’abitato, era stata un tempo strappata alla boscaglia e messa a coltura per soddisfare i quotidiani bisogni della comunità gioiese, non essendo utilizzabile il resto soprattutto quello a SO, per la presenza di una Palude magna. Il bosco era ricco di selvaggina e le zone lasciate libere per il pascolo presentavano chiesette con casette e corticelle per il bestiame, con orti, vigna e olivi, i cui nomi San Nicola de Palearis, San Pietro de Sclavezzùlis, San Marco, San Pietro d’Ambola, Sant’Angelo, si trovano spesso citati nei documenti come ad esempio la contrada San Pietro e nei nomi di territori agrari di confine (Cod. Dipl. Bar. XVI, 38 del 1317).
Da un altro Codice apprendiamo che il Conte di Conversano, Roberto, donò ecclesie sancti Nicolai, … ecclesiam sancti Petri novicii, sita propinquo et in pertinentiam castelli nostri Frasseniti (A. D. 1111, Conversano Apr. Indiz, IV Cod. Dipl. Bar. Vol. V, pag. 101).
In un Diploma del 1155 Nicola, abate del Monastero di Cuti, cita in giudizio il castellano Riccardo Targisio e sua moglie Sivilia per aver usurpato terre, selve, acque e vigne de ecclesia sancti Nicolai … de Palearis … prope castellum Ioam, donate allo stesso Monastero (A. D. 1155, 5 apr.,Indiz.III, in Bari Cod. Diplom. Bar. Vol.V, n.112, pag. 190-192). Nel Diploma sono indicati i confini del territorio di San Nicola de Palearis o Pagliara; come confine a mezzogiorno è indicata una via verso Gioia e, non molto lontano S. Potito.
In un Diploma del 1174 per ordine del re Guglielmo il Buono vengono esaminati i documenti riguardanti il possesso della chiesa di S. Pietro Novizio da parte della chiesa di S. Nicola di Bari. Alla fine vengono confermati i legittimi diritti della Chiesa contro le pretese di Tommaso da Frassineto.
Nel 1181 viene discusso un altro ricorso presentato dagli Amministratori dei Beni di S. Nicola di Bari contro Goffredo Gentile che aveva usurpato alcune terre della chiesa di S. Pietro de Sclavezulis, donata a S. Nicola da Riccardo Siniscalco (Cod. Dipl. Bar.,vol. V, n. 145, pag.249), al termine del quale viene intimato al Goffredo di reintegrare la Basilica di tutto ciò che aveva usurpato. Bisognerà, però, attendere un nuovo decreto del 1190 e un ulteriore sollecito perché la Chiesa di S. Pietro Sclavazzolis venga restituito ai legittimi proprietari.
Nel 1195 l’imperatrice Costanza, con un diploma rogato a Palermo riconferma la donazione fatta da Riccardo Siniscalco nel 1111 del Castellum nostrum Ioe alla Chiesa di San Nicola di Bari.
Dal Terzo Accesso a Monte Sannace del 25 aprile 1635 per il recupero delle terre usurpate alla Chiesa di Bari attingiamo alcune notizie circa l’ubicazione della chiesa di S. Pietro de Sclavezzùlis: … camminando per l’istessa strada (l’attuale via della Chiusa) arrivati ad un loco concavo, dove stanno due montoni di pietra dirimpetto ad una chiesa che si chiama S. Pietro distante più di cinquecenta passi …
Il Losapio nel secondo Canto afferma che Riccardo Quivi (a Gioia) per caccia edificò un villaggio / ed un castello ben munito e statico: / da Sannace, Pagliara, e Frassineti / chiamò gli abitator, che ne fur lieti…. Roberto fece don della Pagliara / di tutti i Santi alle sacrate Chiostre; / … e’l suo figlio Ruggier … / al gran Prelato Ursone, / omaggio di pietà, di religione /…. Sull’orme di magnanimi congionti / Riccardo … in distinte ed in diverse fiate / fece due doni sì specchiati e conti / ad Eustachio di San Nicola Abate, / la Grangìa di San Pietro Scavazzoli, / ed il Castel cogli abitanti e suoli. … Bello è veder ne’ vecchi due diplomi / del mille cento undici e cent’otto / trascritti i sacri e venerati nomi / de’ suoi avi già vivi e morti.
Nelle Note Istoriche e Diplomatiche al Canto Secondo il Losapio afferma: Antonio Beatillo nella ‘Storia di Bari’ lib. 2 pag. 74, riporta la donazione fatta da Roberto Guiscardo ad Eustachio fondatore ed Abate del monistero sotto il titolo di tutt’i Santi, del luogo detto S. Nicola Pagliara, prope Castellum Jojae, e per esso Eustachio al monastero di tutti i Santi cum terris, vineis, silvis, et aquis. … Francesco Lombardi nel Compendio Cronologico delle vite degli Arcivescovi Baresi parte I pag. 35 mentre riferisce che l’Arcivescovo Ursone fu persona molto cara a Roberto prima, e poi a Ruggiero suo figlio, questi per corrispondere generosamente alla continua assistenza di Ursone concedè alla Mensa Arcivescovile Barese non solamente il Canale di Gioja, ma anche la Chiesa di S. Angelo nel Monte Sannace.
Negli archivj del Capitolo e del Comune di Gioja trovansi depositate in doppio le due donazioni fatte da Riccardo siniscalco Normanno a favore della Chiesa di S. Nicolò di Bari; la prima portante l’epoca del 1108 riguarda la concessione in piena proprietà del territorio e Chiesa di S. Pietro Scavazzolis poste non lungo dal Castello di Gioja, quale donazione da sortire il suo effetto dal momento della sua data. La seconda portante l’epoca del 1111 fu relativa la Castello di Gioja con tutti gli abitanti, di costoro beni ed intiera estensione territoriale di detto castello, bensì il donante si riservò il godimento sua vita durante, e perciò da sortire tal donazione il suo effetto dopo la di lui morte.
Infatti, Riccardo Siniscalco, come si evince da un Diploma del 1108 donò al Monastero di Ognissanti di Cuti, presso Valenzano la chiesa e le terre di S. Pietro Apostolo, detto de Sclavazzolis, ubicate nel territorio di Gioia, per la salute dell’anima sua e per rimedio dei peccati nostri.
A proposito della denominazione Pagliare o de’ palearis, si potrebbe solo ipotizzare una spiegazione. La denominazione Pagliara la ritroviamo in un Comune in provincia di Messina e in una frazione del Comune di Benevento, San Nicola Manfredi. La denominazione potrebbe avere origine dalla presenza nella zona abitata del Canale di Gioia di capanne di legno, o con il tetto di paglia, sostenute da un basso muricciolo, a pianta circolare, ovale o quadrangolare, come suggerisce la sua definizione il Vocabolario Treccani. Il Vico, infatti afferma che per gli primi abitaturi non bisognava altro che fieno o paglia per coprimento; onde restarono agl’italiani dette “pagliare”.
Ancora oggi, con il termine pagliara si indica una costruzione rurale realizzata con la tecnica del muro a secco tipica del Salento, tecnica molto simile a quella utilizzata per la costruzione dei trulli.
Fantasiosa sarebbe la spiegazione di chi vorrebbe che Pagliare fosse collegata alla presenza in loco di un tempio in onore della dea Pallade, ipotesi, che mal si concilierebbe con l’accoppiamento del nome di un Santo cristiano, San Nicola, a quello di una divinità pagana, Pallade.
A seguito di alcune usurpazioni e lotte per il possesso del territorio di Gioia il Losapio riporta che vi furono tre diversi Decreti di reintegra, il primo contro il Castellano Riccardo Targisio, di San Nicola la Pagliara del 1155; il secondo ed il terzo contro il Castellano Goffredo Gentile, di san Pietro Scavazzolis, l’uno nel 1181 e l’altro in esecuzione del primo nel 1196; e tutti detti Decreti sistenti negli archivj suddetti.
Nel 1174 Tommaso di Frassineto, che aveva usurpato alla Chiesa di San Nicola di Bari alcune terre di S. Pietro Novizio ed altri beni ad essa donati dal suo avo Roberto, Conte di Conversano e da suo padre Ugo (Num.134, 135, Cod. Dipl. Bar., vol. V, pag.234, Bari, A. D. 1174, 16 giugno, Ind. VII). Nel Diploma sono indicati i confini designati per le terre di S. Pietro Novizio in contrada Frassineto-Monte Sannace: la pubblica via dal casale di Turi al casale di Frassineto, a capo della quale vi era una vecchia e diruta cisterna – la pubblica via che viene da Rutigliano, ad occidente – una antica pariete che segue, girando fino ad oriente, la cisterna sopra nominata, al lato nord – una antica pariete che porta ad una via pubblica, a sud.
Su una carta topografica, redatta a Gioia il 13 ottobre 1604 da Donatello Mei Porticella, compassatore (così chiamato per l’utilizzo del compasso che utilizzavano per verificare sul terreno lo stato dei territori e tracciare i confini dei tratturi) della Regia Dogana di Puglia, su incarico del Rev.mo Priore di S. Nicola di Bari, conservata nell’Archivio di Stato di Bari, si osserva che a Nord-Est di Monte Sannace è ubicata la chiesa e il piccolo abitato di San Nicola Pagliara o de’ palearis, in adiacenza con l’edificio della Cavallerizza (nome che ha dato origine all’omonima via, che in parte è recintata e unisce la parte bassa della zona archeologica di Monte Sannace con l’acropoli). Sulla stessa carta viene riportato anche il territorio di S. Nicola Pagliara, appartenente in parte al Comune di Gioia ed in parte a quello di Sammichele.
A partire dalle Sante Visite effettuate dalla fine del ‘600 dagli arcivescovi di Bari alla Chiesa di Gioia non si fa menzione di queste chiese rurali, evidentemente perché non rimanevano tracce della loro presenza e, come in tempi antecedenti erano annoverate come dirute.
A meno di un miglio da Gioia, attraversata dalla via che porta a Noci, una contrada del territorio gioiese viene ancora oggi indicata come San Pietro, a ricordo di San Pietro Apostolo, o di S. Pietro Sclavazzolis. In tale zona era presente una grancia con relativa chiesa dedicata al Principe degli Apostoli, oggi completamente distrutte. Una seconda contrada, posta ad ovest di Gioia, è denominata San Pietro.
L’abate Francesco Paolo Losapio nel secondo canto della sua storia in versi afferma: (Riccardo) e fece situar quel monumento / avanti al coro del novello Tempio / dedicato a San Pier, alludendo alla costruzione della Chiesa Madre di Gioia. Tale titolo di S. Pietro, che il Losapio ricava dagli Apprezzi effettuati nel 1640 (in detta Terra vi è la Chiesa Maggiore sotto il titolo di S. Pietro) e nel 1653 (vi è la Chiesa Madre sotto il titolo di S. Pietro) dal tabulario Tangho. Secondo il prof. Mario Girardi tale titulus va considerato come una sovrapposizione (non altrove documentata) all’antico (sicuramente dal 1291, forse già dal 1180) e mai dismesso titulus di S. Maria (Maggiore), probabilmente in omaggio alla leggenda delle origini pietrine delle Chiese pugliesi, molto diffusa da ‘500. Inoltre afferma che l’attribuzione del titolo di San Pietro e della stessa fondazione della Chiesa Madre al normanno Riccardo Siniscalco, affermata dal solo Losapio nel secolo scorso per nobilitare le origini oscure ed umili del casale di Ioha, rientra anch’essa fra gli eruditi luoghi comuni che vedono nei Normanni i difensori del Papato e perciò instancabili costruttori di chiede e basiliche dedicate a S. Pietro, principe degli apostoli.
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1 Marzo 2023