Vincenzo Rubino

Il 27 dicembre 2021, in quello stesso scenario in cui ha dato vita alle sue numerose rappresentazioni teatrali, precisamente nel Teatro comunale “Rossini” di Gioia del Colle, è in programma una serata durante la quale, nel centenario della sua nascita, sarà ricordato Vincenzo Rubino: l’uomo e le sue molteplici attività in campo artistico. L’evento è […]

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Vincenzo Rubino

Il 27 dicembre 2021, in quello stesso scenario in cui ha dato vita alle sue numerose rappresentazioni teatrali, precisamente nel Teatro comunale “Rossini” di Gioia del Colle, è in programma una serata durante la quale, nel centenario della sua nascita, sarà ricordato Vincenzo Rubino: l’uomo e le sue molteplici attività in campo artistico.

L’evento è stato organizzato da un Comitato composto da amici e conoscenti di Vincenzo Rubino e dal figlio Egidio e prevede la consegna dei premi Vincenzo Rubino 2021 a giovani  gioiesi che si sono distinti nella loro attività artistica.

Vincenzo Rubino, familiarmente conosciuto come “Cenzino”, è nato il 23 aprile 1921 ed ha concluso il suo percorso terreno il 17 giugno 2010.

Quando qualcuno non è più presente in mezzo a noi, nel ricordare la sua figura si rischia spesso di sfociare in un panegirico. Non è questo il caso per Cenzino, la cui figura va rivalutata con il tempo per assegnargli il giusto ruolo che ha svolto nel suo percorso terreno.Pur non essendo un professore e pur  avendo spesso sacrificato gli affetti familiari, non per rincorrere la gloria in campo artistico, principalmente quello teatrale, perché vedeva nel Teatro un momento importante di formazione delle coscienze dei giovani e degli adulti e di acquisizione dei veri valori della vita in grado di affrontare con serenità e fiducia la vita, Cenzino posiamo definirlo un autentico educatore.

È pur vero che non aveva un carattere facile, ma questa sua intransigenza, che a volte poteva sconfinare nello scontro, era frutto della sua ricerca della perfezione nelle molteplici attività in cui era impegnato, tra le quali principalmente figurava il Teatro.

La grandezza di un uomo non si misura solo dal modo in cui ha svolto  più o meno professionalmente il proprio lavoro quotidiano, e Cenzino senza ombra di dubbio lo ha sempre fatto, ma anche dagli interessi che ha coltivato, non come fini a se stesso, ma per soddisfare il naturale bisogno di conoscere (nati non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza, come ci ricorda il sommo Poeta) e conseguentemente di condivisione e di relazione con gli altri  di questi traguardi raggiunti, per il conseguimento del benessere collettivo.

Manifesto della manifestazione in ricordo di Vincenzo Rubino

E tra questi interessi che hanno coinvolto l’uomo Cenzino rientrano alcune forme d’arte che hanno in comune l’ ”armonia”. Possiamo affermare che l’armonia ha caratterizzato gran parte della sua vita: armonia sul posto di lavoro, armonia nel praticare l’arte pittorica, armonia nel praticare l’arte teatrale, armonia nell’ascolto e nell’amore per la musica.

La  sua predilezione per la musica, quell’arte che Platone definisce la migliore medicina dell’anima, che è l’esperienza più alta dell’armonia, che è la vita dell’universo e che accompagna l’uomo in tutto il percorso della sua esistenza, lo ha portato a seguire, come baritono, la scuola del maestro Giacomo Argento e i consigli del figlio, il direttore d’orchestra Pietro Argento.

Ha apprezzato e seguito da vicino le vicende del pluripremiato Concerto bandistico di Gioia del Colle, ricoprendo per numerosi anni il ruolo di componente della Commissione amministrativa della Banda. Il suo interesse per la Banda di Gioia lo ha portato a scrivere articoli in cui ha espresso giudizi spassionati sui diversi maestri che si sono avvicendati nella direzione del complesso bandistico gioiese, che sono stati pubblicati anche su quotidiani nazionali.

Alcuni suoi amici spesso lo vedevano quando seguiva furtivamente, nel Teatro comunale di Gioia, le prove dei concerti della Banda musicale di Gioia diretta dal maestro Paolo Falcicchio, verso il quale nutriva una stima profonda e  con il quale strinse una sincera amicizia. Un altro maestro verso il quale nutriva stima ed affetto è stato Michele Marvulli.

Musica e pittura, due forme d’arte apparentemente distanti tra di loro, per lui procedevano sullo stesso binario: riprodusse il maestro Falcicchio in un disegno a matita che donò al Comune di Gioia del Colle e ci ha lasciato anche un quadro che raffigurava il complesso bandistico gioiese con l’orchestra illuminata.

Più nota è l’attività svolta da Cenzino in campo teatrale, non solo come promotore di gruppi teatrali, ma anche come regista e autore di testi teatrali che ha portato in scena, tra quali ricordiamo: La via della montagna, Il cappello stregato, Il mio amico Gesù, Processo a Giuda, Il Precursore, Le mani pulite, La giustizia si addice agli onesti, Orestide.  Tra tutti i suoi lavori spicca il “Federico II”, rappresentato nel 1975 nel Teatro comunale di Gioia, al quale ho avuto l’onore di partecipare, e nel Castello normanno svevo di Gioia, opera che testimonia il suo amore per Gioia e per la sua storia e  che fu rappresentata anche a Foggia, dove ottenne la coppa dell’Associazione Italo Germanica.

Federico II, Teatro comunale Rossini 13-12-1975. Gli attori e Vincenzo Rubino

Tra gli altri riconoscimenti vanno segnalati la Coppa della Regione Puglia nel 1984, la Coppa del Comune di Gioia del Colle nel 1985, la Targa della Città di Gioia del Colle per la cultura e lo spettacolo e la Targa del Centro Culturale Ezra Pound nel 1987, oltre a numerosi attestati ricevuti da diversi Centri culturali pugliesi.

A lui va il merito di aver riportato in vita una tradizione artistica interrotta a causa della guerra, quella dei gruppi teatrali o delle Filodrammatiche, che in passato avevano allietato numerose generazioni di uomini e donne portando in scena opere classiche e di autori locali.

A partire dagli anni ’60, grazie all’impulso dato da Cenzino, sono stati costituiti numerosi gruppi teatrali amatoriali che hanno arricchito il panorama teatrale gioiese, portando sulle scene dei teatri parrocchiali o del Teatro comunale opere di autori classici, moderni o scritte in lingua dialettale.

Nel cast dei suoi attori figuravano uomini e donne di tutti i ceti sociali perché riteneva che il teatro non fosse appannaggio di élite, ma una forma d’arte, di cultura e di istruzione per tutti, indipendentemente dal titolo di studio posseduto, dalla professione svolta, dal credo politico o religioso di ognuno.

Di seguito riporto il ricordo di un suo amico e coetaneo, il prof. Giuseppe Milano, morto recentemente, pubblicato nel volume Gioia del Colle nell’800 e nel ‘900. Storia politica e sociale edito da SUMA, Sammichele di Bari, nel 2008.

Vincenzo Rubino ebbe fermo, nella vita, il fine di realizzarsi nell’arte; tale proposito gli si manifestò per tempo, ma egli fu in dubbio sul campo nel quale svolgere la propria opera.

Noi lo conoscemmo ragazzo, e ricordiamo i suoi espedienti per tenersi nascosto in qualche palco del teatro e seguire i concerti di prova della nostra banda diretta dal maestro Falcicchio, per il quale poi egli sentì grande ammirazione; lo ritrasse a matita e donò il quadro al Comune.

Volle essere baritono ed eccolo alla scuola di Giacomo Argento, con i consigli del maestro Pietro, nelle volte che veniva a Gioia da Roma. La passione di Vincenzo per la musica si fece poi interesse per la banda e si concretò in giudizi critici sui maestri che via via si seguivano alla direzione, fino all’ammirazione entusiastica per Michele Marvulli. La musica di Puccini faceva di più vibrare la sua sensibilità.

Frequentò quindi la scola di disegno diretta da Enrico Castellaneta, da Giuseppe D’Aprile e da Gennaro Minei; questa nuova esperienza si fece concreta in quadri di natura morta e paesaggi; ad olio e a pastello.

La passione per la musica e per la pittura ebbe forse il momento di fusione nel quadro che riproduce il nostro complesso bandistico con l’orchestra illuminata.

Vincenzo, della classe del 1921, alla quale Mussolini attribuì il compito della vittoria, andò quindi alle armi; fu imbarcato in Libia a bordo di cacciasommergibili come idrofonista e radiotelegrafista. Fu lì, sulla nave, in cabina, che gli si svelò a passione per il teatro, come autore e come regista; egli aveva trovato il campo nel quale essere se stesso.

Congedato, frequentò a Roma un corso di regia presso l’Accademia “Organizzazione Culturale di Roma”, diretta da Mario Simeoni.

La sua attività, all’interno del teatro, non gli fu interrotta né impedita dalla necessità di essere dapprima impiegato, quindi direttore, dell’ufficio postale.

La Banda di Gioia suona in Piazza Plebiscito sotto la direzione del maestro Paolo Falcicchio

Oggetto della sua regia fu il teatro classico: da Sofocle, a Molière, a Branden Thomas, a Ibsen, Verga, Chècov; si estese egli fino alla sacra rappresentazione e coltivò Jacopone da Todi. Una varietà di autori che ruota intorno ad un nucleo centrale di interessi e di ispirazione: i grandi temi e le grandi passioni avvertite nei contrasti e negli urti del loro manifestarsi, così come si esprimono nelle opere di quei grandi e come si porranno a fondamento delle sue composizioni originali.

Ecco allora il suo Federico II, sentito nella grandezza della idea imperiale ma anche nella solitudine di tale grandezza; di contro all’imperatore la dolcezza di Cristina, presente nel dramma come vittima sacrificale della malvagità umana, oggetto di accuse che indurranno l’imperatore a farla morire in una delle torri del nostro castello; con lei Pier delle Vigne, colto nella rettitudine non riconosciuta del suo agire; così con i vari personaggi, fino alla orazione di Manfredi di fronte al cadavere dell’imperatore, suo padre. Pensiamo che in questo dramma Vincenzo abbia avuto la possibilità di esprimersi al sommo.

C’è il tema religioso delle composizioni di Rubino, sentito nella grandezza dell’universalismo cristiano, in contrasto con aspirazioni che pure hanno la loro legittimità ad affermarsi, come in “Processo a Giuda”: il diritto del popolo ebraico a porsi storicamente con una sua individualità definita nel territorio suo.

Nell’ambito della ispirazione religiosa ci si incontra con la sacra rappresentazione, col suo riferimento a Jacopone da Todi, s’è detto.

Si hanno ancora: “Il precursore”, “La via della montagna”, “Il cappello stregato”, “Le mani pulite”.

È stato autore anche di sceneggiature cinematografiche e televisive.

È stato premiato con varie coppe: dell’Associazione italogermanica della città di Foggia, della Regione Puglia, del Comune di Gioia del Colle; ha ricevuto ancora la Targa della città di Gioia del Colle per la cultura e lo spettacolo.

Non possiamo chiudere queste brevi note sulla personalità di Vincenzo Rubino senza accennare alla pensosità del suo carattere, a quel suo dialogo pacato ma fermo, ogni volta che si parlava di lui; dava l’impressione, quando si intesseva un discorso, di una meditazione continua, da piccolo, quando le rare volte veniva al Circolo operai col padre Egidio, anche lui teso meditativamente alla considerazione delle cose del mondo. Di contro a loro, in un contrasto che è poi armonia, ecco la vivace intelligenza della moglie di Vincenzo, signora Tina, che ha saputo seguirlo con dedizione nella sua lunga carriera di regista e di autore.

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18 Dicembre 2021

  • Scuola di Politica

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