Viaggiatori in Puglia e a Gioia

La letteratura odeporica o  di viaggio è un campo molto vasto e sui viaggiatori stranieri in Puglia fra Settecento e Ottocento vi è una bibliografia abbastanza vasta. Uno tra i primi e più importanti scrittori e viaggiatori nella nostra regione che ci ha lasciato una testimonianza del suo passaggio per la Puglia è il poeta […]

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Viaggio nel Regno di Napoli, di Carlo Ulisse De Salis Marschlins

La letteratura odeporica o  di viaggio è un campo molto vasto e sui viaggiatori stranieri in Puglia fra Settecento e Ottocento vi è una bibliografia abbastanza vasta.

Uno tra i primi e più importanti scrittori e viaggiatori nella nostra regione che ci ha lasciato una testimonianza del suo passaggio per la Puglia è il poeta latino Quinto  Orazio Flacco, lucano di nascita, terra confinante con la Puglia (Venosa, 65 a.C., Roma, 8 a.C.).  Nel 37 effettuò un viaggio da Roma a Brindisi, in compagnia di Mecenate e Virgilio, in occasione del rinnovo dell’accordo tra Antonio ed Ottaviano.

Di fronte allo stupore dei suoi compagni di viaggio che si accorsero che in Puglia, a differenza di Roma, dove abbondavano fontane ed acquedotti,  venit vilissima rerum hic aqua (qui si vende addirittura la più vile delle cose, l’acqua), Orazio rispondeva: siderum insedit vapor siticulosae Apuliae (dagli astri cala tanta arsura sull’assetata Puglia), considerandola una regione afosa ed assetata.Uno dei primi  grandi viaggi in Puglia fu quello dell’umanista, medico e cosmografo Antonio De Ferrariis (1444-1517), detto Galateo dal nome del suo paese di origine, Galatone, il quale ci ha lasciato una descrizione particolareggiata del suo Salento. Ad esempio del suo paese vantava di avere sette elementi del colore croco: il croco stesso, conosciuto anche come zafferano, l’olio, il vino, il cacio, l’uva passa, i fichi secchi e il miele.

La Puglia è stata una delle tappe più importanti del Grand Tour, fenomeno tipicamente settecentesco. Si tratta di un viaggio di istruzione e di formazione che i giovani di famiglia aristocratica, che avevano appena concluso gli studi o gli intellettuali innamorati della vera cultura e imbevuti soprattutto di cultura classica desideravano effettuare venendo in Italia, terra che in passato era stata la culla della cultura, dell’arte e della grande civiltà mediterranea che si era irradiata in tutta l’Europa.

Già dall’utilizzo del termine tour e non più voyage, journey o travel, si comprende che si tratta di un giro, senza soluzione di continuità, abbastanza ampio e lungo, con partenza e arrivo nella stessa località, con meta principale l’Italia.

Dalle proprie città, sia che essi fossero francesi, tedeschi o inglesi, si muovevano alla volta dell’Italia, tappa ritenuta indispensabile per perfezionare e completare la propria educazione e la propria preparazione umana e culturale.

Non erano solo i giovani di famiglie agiate ad intraprendere l’esperienza del Gran Tour, ma anche artisti, poeti, romanzieri, filosofi, amanti dell’avventura, collezionisti, estimatori di beni artistici e perfino diplomatici, i quali hanno poi dato vita a diari, cronache di viaggio, romanzi, poesie, scambi epistolari, descrizione dei luoghi visitati e delle bellezze conosciute.

Tra questi testi documentari che riguardano  particolarmente il nostro Sud va ricordato “Voyage pittoresque ou description du Royaume de Naples et de Sicile”, in cinque volumi, opera  dell’abate francese Richard de Saint-Non, scritto tra il 1778 e il 1787.

Il tedesco Johann Hermann von Riedesel, barone di Eisenbach (1740-1785), appassionato archeologo e ammiratore delle antichità classiche presenti in Italia le descrive ai suoi connazionali nel volume  Un viaggiatore tedesco in Puglia nella seconda metà del sec. XVIII.

Nell’Ottocento, fra i nomi più altisonanti, potremmo citare Stendhal (1783-1842), con le famose Promenades dans Rome del 1829. Successivamente Stendhal dal Lazio viaggiò in altre regioni meridionali:  Campania,  Puglia, Calabria e Sicilia.

Numerosi sono stati i viaggiatori italiani e stranieri in Puglia tra il Settecento e l’Ottocento. Essi erano attratti dal fascino della nostra antica cultura e dal desiderio di scoprire le bellezze della civiltà greca e romana oltre a quelle del Rinascimento.

Tra questi va ricordato Algernon Charles Swinburne (1837-1909) il quale,  di ritorno dalla Spagna, viaggiò per il Regno delle Due Sicilie e percorse gran parte della Puglia, da Foggia a Bari, a Taranto e successivamente  il Salento.

Giunse in Puglia anche grande studioso storico  tedesco Ferdinand Gregorovius (1821-1891), alla ricerca dei luoghi segno della  presenza della dinastia sveva e di Federico II. Le sue ricerche, tra il 1856 e il 1877 furono pubblicate nel testo Pellegrinaggi d’Italia, opera in cinque volumi. Il Gregorovius fu colpito dal verde cinerognolo e severo dei boschi di ulivi e dalla abbondanza degli ortaggi, pomari, vigneti della terra di Puglia, dai suoi castelli. Nel testo Nelle Puglie, 1882, a proposito del castello di Gioia afferma che è uno dei castelli destinati alla caccia del Falcone e agli svaghi e delizie dell’imperatore Federico.

Nel 1866 intraprese un viaggio in Puglia un altro studioso delle civiltà classiche, il francese François Lenormant (1837-1883), che nel suo reportage di viaggio, À travers l’Apulie et la Lucanie e La Grande Grèce, annotò la presenza di resti delle antiche  testimonianze greco-romane, ma, probabilmente perché non rientravano nei suoi specifici interessi, tralasciò di parlare della civiltà megalitica pugliese, dei menhir e soprattutto dei trulli.

I resti della civiltà neolitica in Puglia e la presenza dei trulli furono descritti da diverse pubblicazioni di Julius Schubring (1839-1914), filologo tedesco.

Nel 1897 Emile Bertaux (1869-1917) presenta una relazione su Castel del Monte et les architectes français de l’empereur Frédéric II. Nel 1898 pubblica un articolo sulla Puglia, ad esclusione del Gargano e delle Isole Tremiti, dal titolo Sur les chemins des pèlerins et des émigrants e nel 1903 pubblica  L’Art dans l’Italie méridionale.

L’inglese Crauford Tait Ramage (1803-1878) dimorò a Napoli come precettore dei figli del console Henry Lushington e, nel 1828, intraprese il suo viaggio nelle province meridionali, visitando il Salento.

Per quanto riguarda Gioia del Colle vanno ricordati due viaggiatori che citano il nostro Comune.

Il naturalista svizzero  conte Carlo Ulisse De Salis Marrchlins (1728-1800)  nel 1789 viaggiando per la Puglia  trascrisse le sue impressioni in un volume Nel Regno di Napoli. Viaggi attraverso varie provincie nel 1799, tradotto da Ida Capriati ed edito nel 1906. Quest’opera costituisce un caposaldo della letteratura di viaggio in Puglia.

Egli si dimostra interessato a tutti i paesi pugliesi che attraversa. E’ particolarmente interessato all’agricoltura, alla coltivazione della vite, degli agrumi e  del tabacco. Pubblica le sue impressioni di viaggio in tedesco in due volumi a Zurigo nel 1790 e nel 1793. La prima pubblicazione in lingua italiana viene fatta nel 1906, con la traduzione di Ida Capriati De Nicolò.

Parlando di Gioia il conte dice: Seguitando da Canneto, arrivammo ai grandi boschi di querce, che circondano Gioia. In questa foresta, che misura cinquanta  miglia di circonferenza, e ventiquattro nella sua massima larghezza, i due paesetti Gioia ed Acquaviva, hanno dissodato un buon tratto di terra, che oggi  (1789) produce grano e gran quantità di fave, le quali insieme a poco pane, formano l’alimento abituale dei lavoratori di queste campagne.

Ancora oggi è possibile ammirare alcune di quelle querce secolari, dal tronco così vasto che occorrono da sei a dieci persone per abbracciarle, presenti presso la masseria della famiglia Soria, in contrada Marzagaglia.

Il giardino d’Italia. Le Puglie, di Cesare Malpica.

Nell’ottobre del 1841 passò da Gioia, in un viaggio attraverso la Puglia, che definì Il giardino d’Italia, Cesare Malpica, docente di lettere e grammatica in Napoli. Soggiornò a Gioia e la gentilezza degli abitanti e del concittadino  Giuseppe Cassano, che gli pagò le spese dell’albergo, gli resero più gradita la sua dimora nel nostro Paese.

Partendo da Bari, il Malpica dice: E fra tutti questi paesetti scorron vie che si uniscono alla Consolare: monumenti perenni che parleran sempre del Marchese di Montrone alla Terra di Bari – corriamo, corriamo sempre. La rapidità è vita per me –  Come si chiama quella Città, o paese che sia, che sta a cavaliere d’una collina, e che è munita, d’un vecchio castello torreggiante? – Quella è Gioja. E vi giungiamo. Nella stanza dell’albergo sta una litografia che rappresenta l’addio di Fontainebleau; l’estremo vale del prode a’ prodi – Presto, presto, un po’ di caffè per me, un pollo in arrosto pel mio Scocchera, e poi la nota, e poi nuovamente in via. – Voi non dovete pagar nulla o Signore – No! I cibi si dan gratis in Gioja? Vi porrò senz’altro la mia sede – Il Signor Francesco Cassano ha pagato per voi – Ma io non conosco questo cortese – Ciò non monta, dice un giovane avanzandosi – Vi son grato della gentilezza, qua la mano, e abbiatemi per amico – Ecco campagne rigogliose, ecco un bosco rigoglioso; la via corre frammezzo alle piante sotto di cui errano giumenti e buoi lasciati alla pastura – Qui ha termine Terra di Bari.

In tempi più vicini a noi è da citare Cesare Brandi (1906-1988), che effettuò un  viaggio in Puglia e in Basilicata, (Pellegrino di Puglia), 1960, Puglia che definì come tanti viaggi, eppure un solo viaggio, per l’amore che io porto a questa terra.

La Puglia, è un paese come il mattino, un mattino limpido, un mattino di sole liquido: e, il mattino, sarà sempre lo stesso, ma non viene mai a noia.

Definisce la Puglia un piccolo continente, che ha una struttura a sé e una storia propria. La varietà della regione Puglia supera qualsiasi altra d’Italia.

Se in Puglia l’autunno è una primavera più umile, l’inverno diviene un autunno risecchito. Plana sull’autunno una luce senza corpo, che imbeve l’aria come un profumo di erbe secche, un profumo che non si sa da dove viene. E continua, quella luce, sempre più lieve, nell’inverno: ma allora le nuvole scendono come il fumo di un caminetto che fa fumo: senza divenire nebbia, si abbassano, strisciano sulle chiome appallottolate degli ulivi come se si grattassero. Stanno lì, scomode, timide, obese; e ogni tanto scaricano acqua.

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23 Giugno 2020

  • Scuola di Politica

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