Tre Santi Patroni di maggio

Il mese di maggio, nel bel mezzo della primavera, è il periodo in cui ”cadono” numerose feste patronali. Tra queste, i nostri nonni ne ricordavano tre in particolare: San Nicola di Bari (Pàtara, 250, Mira, 326) la cui ricorrenza secondo il calendario liturgico cade il 6 dicembre, ma viene festeggiata l’8 maggio, San Cataldo ( […]

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San Nicola e il miracolo dei tre bambini resuscitati, tela nella Chiesa di San Rocco

Il mese di maggio, nel bel mezzo della primavera, è il periodo in cui ”cadono” numerose feste patronali.

Tra queste, i nostri nonni ne ricordavano tre in particolare: San Nicola di Bari (Pàtara, 250, Mira, 326) la cui ricorrenza secondo il calendario liturgico cade il 6 dicembre, ma viene festeggiata l’8 maggio, San Cataldo ( monaco cristiano nato in Irlanda,  morto a Taranto nel 685), festeggiato a Taranto il 10 maggio e San Filippo (Firenze 1515, Roma 1595), festeggiato a Gioia del Colle il 26 maggio.

Pur essendo nati in periodi diversi e in luoghi diversi la venerazione verso questi tre Santi era talmente viva e forte che il popolo li accomunava come “fratelli”; ed in realtà lo erano, in qualità di fratelli in Cristo.

Inoltre  due dei tre Santi, Nicola e Cataldo, sono stati venerati a Gioia da tempi lontanissimi. A Gioia risalirebbe la presenza di una Chiesa di san Nicola, ubicata nei pressi dell’omonimo Arco, dove risiedeva il rappresentante della Chiesa di san Nicolò di Bari, Chiesa alla quale il duca normanno Ruggero d’Altavilla, figlio di Roberto il Guiscardo, nel giugno 1087, un mese dopo l’arrivo da Mira a Bari delle reliquie di San Nicola confermò all’arcivescovo Ursone II la donazione che suo padre aveva fatto alla Mensa Arcivescovile di Bari, delle terre del Canale, di Gioia a Frassineto, presso Monte Sannace e della chiesa di Sant’Angelo (Cod. Diplom. Bar. I,32), donazione più volte confermate dai suoi successori. Quest’Arco fa parte di un borgo che in passato prendeva la denominazione di Borgo San Nicola.Nel diploma di concessione si dice: Concediamo anche a te e ai tuoi successori nello stesso luogo la Chiesa di Sant’Angelo, sita sul Monte Joannacii con tutti gli orti e gli orticelli che sono vicini  questa zona e che va per la strada che porta ad Joam.

Un’altra chiesa, più volte citata nei documenti con la denominazione San Nicola de Palearis era ubicata nella zone del Canale di Gioia, detto anche Frassineto o di San Nicolò delle Pagliare (Cod. Dipl. Bar.  XVI, 38).

Padre Bonaventura da Lama nella sua Cronica de’ Minori Osservanti Riformati della Provincia di S. Nicolò, parlando del Convento di San Francesco afferma: Il Monastero, quello dei Padri Conventuali fu a spese di Nicolò, colla Cappella del Santo (Nicolò) del suo nome.

Nella Chiesa di San Rocco, a testimonianza della venerazione dei gioiesi verso San Nicola su un altare laterale  è presente una tela che raffigura il Santo mentre compie il miracolo dei tre bambini resuscitati. Da alcuni anni nella Chiesa  di San Rocco il 9 maggio si fa memoria  di San Nicola con una celebrazione liturgica.

San Cataldo, Patrono di Taranto

Anche per San Cataldo i gioiesi avevano una particolare devozione.  Da un documento del 1196 (Cod. Dipl. Bar. VI, 7) risulta che in quel tempo in Gioia officiava un Caytaldus Ioe Arcipresbiter, che, a quanto riferisce l’abate Francesco Paolo Losapio, se non il primo fu il secondo arciprete di Gioia. Potrebbe essere stato lui, che portava il nome del Santo patrono di Taranto, a introdurre a Gioia il culto per san Cataldo.

Sin dai primi Ordini o Decreti stilati dopo la Sacre Visite alla Chiesa di Gioia, in aderenza alle disposizioni del Concilio di Trento, e precisamente  nel 1578, veniamo a conoscenza che l’arcivescovo di Bari, Antonio Puteo, ispezionando la Chiesa Madre visita per primo l’altare gentilizio di S. Cataldo, che apparteneva alla famiglia Riveglia, poi Sirifoli. Di questo altare si è persa notizia con  l’abbattimento della vecchia Chiesa Madre, avvenuto nel 1764.

Il nostro San Filippo è stato l’ultimo in ordine cronologico ad essere venerato a Gioia. La prima documentazione del patronato di San Filippo a Gioia risale a due relazioni risalenti alla seconda metà del ‘700 degli arcivescovi di Bari D’Alessandro e Pignatelli, i quali, a proposito di Gioia, affermano: Patrona Principale di tale Terra è S. Sofia e dall’anno 1703 è anche venerato un secondo patrono e protettore particolare, S. Filippo Neri.

Avere un Santo Patrono di una certa importanza e venerato in numerose nazioni in passato oltre che essere un motivo di orgoglio, perché i cittadini si affidavano alla sua protezione, alle sue virtù cristiane e ai suoi poteri taumaturgici, costituiva un fattore importante per l’economia di quella città, con l’arrivo di pellegrini, che davano lavoro ad alberghi, a ristoranti e portavano offerte per le chiese. Questo assunto è confermato dalla devozione dei baresi per San Nicola; infatti nel 1087 si verificò la traslazione delle reliquie del Santo, a seguito di una spedizione navale che partì dalla città di Bari per la città di Mira, in Turchia, e si impadronì delle spoglie di San Nicola.

Molte sono le leggende sorte  dalla pietà popolare intorno alla figura dei Santi e quindi anche dei Nostri.

Poiché il mese di maggio dal punto di vista meteorologico è incostante e la riuscita della festa del Santo Patrono e dell’economia che gira intorno alla sua festa dipende in gran parte dalle condizioni climatiche di quel giorno, il popolo cercava in qualche modo di esorcizzare le forze negative della natura. La festa doveva risultare gradevole non solo dal punto di vista religioso ( celebrazioni liturgiche a volte all’aperto in pubblica piazza, processione del Santo ed eventuale cavalcata), ma anche dal lato civile (spettacolo musicale, concerto bandistico, fuochi pirotecnici, bancarelle di venditori ambulanti).

A conferma della instabilità del tempo nel mese di maggio, ancora oggi il popolo ripete alcuni proverbi.

Ci chjòve a Sanda Cròsce, sénza frutte annùsce la nosce  (se piove il giorno della Santa Croce, il 2 maggio, senza frutto viene la noce.

La négghje de la prime de Masce, chelùmbre e nusce ma’ n’annùsce (la nebbia del primo Maggio non porta né fioroni né noci).

Masce uartelùne, assé pagghje e pìcche grane (maggio ortolano, molta paglia e poco grano)

Quànne Masce fàsce l’uartelàne, jinde all’ére tutta pàgghje e njìnde grane (quando a maggio piove molto, le spighe del grano sono vuote)

A San Felìppe accheménzene i ceràse ( a San Filippo incominciano a maturare le ciliegie

A San  Catàlle, pàsse u’ frìdde e véne u’ càlle (a San Cataldo, il 10 maggio, passa il freddo e viene il caldo)

Ci scànze la prime de Masce, se fàscene i chelùmbre (se scansi il primo maggio, cioè se non piove, si raccolgono molti fioroni).

San Filippo, Patrono di Gioia del Colle

Uno dei modi per garantirsi una giornata favorevole per la celebrazione del giorno del Santo Patrono era affidato all’intercessione dei tre Santi.

La tradizione popolare tramanda che qualche tempo prima della ricorrenza della festa del primo Santo, San Nicola, i tre Santi si riunivano e gettavano la sorte con i dadi. Altri, invece, affermano che i tre Santi per garantirsi una buona giornata patronale de la giocassero a carte.

Secondo alcuni ai tre citati Santi se ne aggiungeva un quarto, che si festeggia nel confinante Comune di  Santeramo in Colle, esattamente sette giorni dopo il nostro Patrono, il 2 giugno: Sant’ Erasmo (Antiochia , secolo III). Ancora oggi gli anziani cittadini santermani pronosticano una buona  riuscita della loro festa patronale se il giorno di San Filippo il tempo non è clemente con i gioiesi.

Per il Santo che aveva realizzato il punteggio più elevato era garantita l’ottima riuscita della relativa festa: tempo perfetto, grande affluenza di fedeli e di cittadini provenienti  dal circondario e tutto si sarebbe svolto nel migliore dei modi. Peri i rimanenti due o tre Santi  poteva verificarsi qualche sorpresa, soprattutto dal punto di vista meteorologico.

L’arcobaleno rovesciato e il profilo di una testa

A questo riguardo è da ricordare quella che oso chiamare una “stranezza di San Filippo”, un  avvenimento verificatosi il pomeriggio del 26 maggio 2015, giorno in cui a Gioia si celebrava la festa del Santo patrono, San Filippo, nel V Centenario della sua nascita.

Per i giorni 24, 25 e 26 maggio le previsioni meteo per Gioia davano pioggia durante tutta la giornata. In particolare per il giorno 26 erano previste piogge e temporali a partire dalle ore 11 fino a mezzanotte. E’ piovuto nei paesi limitrofi, ma a Gioia, sia pure in presenza di un cielo a tratti velato, non si è vista pioggia e la processione di San Filippo ha avuto luogo regolarmente come anche il resto della festa e lo sparo dei fuochi pirotecnici hanno beneficiato di un tempo clemente.

A conferma di quanto affermo è possibile consultare l’archivio storico meteo de Il Meteo, che conserva dati provenienti da quello meteo di Gioia del Colle.

Alla data del 26-5-2015, oltre alla previsione, è stata segnalata  pioggia per le seguenti località, non molto distanti da Gioia: Acquaviva delle Fonti, Altamura, Casamassima, Cassano delle Murge, Castellana Grotte, Conversano, Gioia, Monopoli, Noci, Polignano a Mare, Putignano, Sammichele di Bari, Santeramo in Colle, Turi. In tutti questi paesi è piovuto, ad eccezione di Gioia, nonostante le previsioni avverse. Anche in provincia di Taranto il 26 maggio si sono verificate precipitazioni nei seguenti Comuni a noi viciniori: Castellaneta, Mottola, Laterza, Ginosa. In Basilicata è piovuto a Matera e a Montescaglioso.

A Gioia nei giorni precedenti la festa il tempo era stato inclemente e si prevedeva pioggia anche per il giorno 26. Infatti all’uscita della statua del Santo dalla Chiesa Madre il cielo era carico di nuvole e minacciava pioggia. La processione procedeva verso Piazza Plebiscito, dove sarebbero state  consegnate a San Filippo le chiavi della città per poi proseguire il suo percorso per le vie cittadine. Al suo arrivo in Piazza il cielo si schiarì in un punto e apparve un arcobaleno rovesciato, che aveva l’aspetto di un sorriso o della carena di un’imbarcazione, e tra le nuvole si intravedeva il profilo di un volto  con gli occhi rivolti verso la Piazza piena di fedeli e della statua del Santo.

L’arcobaleno rovesciato in Piazza Plebiscito

In un’altra foto si  intravedeva  una nuvola nera che richiamava la conformazione della Tunisia ed una nuvola bianca, decrescente dal basso verso l’alto, che copriva un sagoma simile all’Italia. divise dall’arcobaleno rovesciato.

L’arcobaleno appare a Gioia 13 giorni dopo il duro scontro verificatosi tra i Paesi dell’Unione Europea sulla questione immigrazione. Il documento approvato dalla Commissione europea, che si impegnava ad emettere una “raccomandazione” per l’applicazione dello schema di accoglienza di ogni singolo Stato membro, teneva conto delle divergenze con Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, estremamente contrarie all’agenda e quindi del nuovo sistema di asilo che ripartiva l’accoglienza dei nuovi profughi tra i 28 Stati membri.

Una stranezza di san Filippo?  Lui, che tra le altre attività, ha dato vita alla Confraternita della SS. Trinità dei Pellegrini e dei Convalescenti e che ha rinunciato anche all’essenziale per darlo agli altri?

Il culto pugliese di san Nicola, la cui area di diffusione è vastissima e comprende molta parte dell’Europa occidentale e quasi intero l’Oriente europeo, si manifesta anche nei canti popolari pugliesi. E’ il santo più familiare e quindi più invocato nelle ninne-nanne. E a lui si ricorre anche nei momenti di maggior bisogno e di carestia, come è narrato in questa “storia” in versi dialettali di Gioia del Colle, in cui la richiesta del pane assume un tono particolare vibrato e il racconto si svolge con molto realismo:

” Criste mie, fa’ chiove i maccarune,
ca la muntagna fète de carne arrestute;
quann’èrene chidde brutte mal’ annate
i màmmere chi file se ni chiangèvene.
Dicèvene:  “Mamma mi’, danne u pane”.
“Fili me’, ne v’agghje cè ve dà,
sciate a quell’altare e sciàteve a ‘ngenecchià:
sanda Nicole, danne u pane,
o ca nu mo’ mirime de la fame”.
Sanda Nicole se n’affriggì de chidde meninne,
tremile tùmmene de grane volze ‘ngaparrà:
sanda Nicole ne’ tinève né iore, né argjende,
u diamande ‘nge dètte de caparre.
Dalla sère figne alla matine,
fèsce abbascià lu grane a dèsce carrine… “

( ” Cristo mio, fa piovere i maccheroni,
chè la montagna puzza di carne arrostita;
quando capitavano quelle brutte cattive annate
le mamme piangevano con i figli.
Dicevano: “Mamma mia, dacci il pane”.
“Figli miei, non ho cosa darvi,
andate a quell’altare e andate a inginocchiarvi:
san Nicola, dacci il pane,
e no noi moriamo di fame”.
San Nicola ebbe compassione di quei piccoli,
tremila tomoli di grano volle accaparrare:
san Nicola non teneva né oro né argento;
dette il diamante per caparra.
Dalla sera fino alla mattina
fece diminuire il prezzo del grano a dieci carlini…” )

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16 Maggio 2020

  • Scuola di Politica

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