Richiesta Onorificenza al Valore Civile per il Comune di Gioia del Colle

I signori Dino Rubino e Francesco Giannini,  in qualità di esponenti del Movimento politico cittadino " COSTITUENTE DEMOCRATICA " di Gioia del Colle, rendono noto che, facendo seguito ad analoga richiesta dagli stessi effettuata al Sindaco di Gioia del Colle ad aprile del 2005, nel mese di aprile 2008 hanno presentato  al Commissario Prefettizio di Gioia, dott. Claudio […]

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MedagliaI signori Dino Rubino e Francesco Giannini,  in qualità di esponenti del Movimento politico cittadino " COSTITUENTE DEMOCRATICA " di Gioia del Colle, rendono noto che, facendo seguito ad analoga richiesta dagli stessi effettuata al Sindaco di Gioia del Colle ad aprile del 2005, nel mese di aprile 2008 hanno presentato  al Commissario Prefettizio di Gioia, dott. Claudio Palomba, la sottostante relazione storica  con la richiesta di un riconoscimento al Valor Civile per il nostro Comune, con preghiera di inviarle al Ministero dell'Interno per gli opportuni adempimenti.                         

                            RELAZIONE STORICA

A seguito dell'armistizio dell'8 settembre 1943, durante la ritirata dei tedeschi, il Comune di Gioia del Colle ha avuto un consistente numero di morti civili, inermi.

Quella sera stessa erano giunti a Gioia una quindicina di soldati tedeschi al comando di un sottufficiale.

Dopo aver fatto saltare il cavalcaferrovia, l'11 settembre gruppi motorizzati tedeschi attraversarono il nostro Paese, in cui stazionava un plotone di tedeschi, per dirigersi in direzione Nord. Nella stessa giornata dell'11 settembre alcuni aerei tedeschi bombardano l'aeroporto di Gioia.

Seguono dal 12 al 19 settembre dei combattimenti tra le truppe alleate e quelle tedesche con azioni di ritorsione nei confronti della popolazione locale, bombardamenti e conseguenti danni ad obiettivi militari e civili ( aeroporto e stazione ferroviaria ). Il 13 settembre, alcuni reparti di soldati polacchi, neozelandesi, algerini, marocchini e maori fanno il loro ingresso in Gioia, preceduti dall'arrivo di ufficiali inglesi del 5° Corpo d'Armata.

In particolare la rabbia e la reazione nazista si concentrarono nella giornata dell'11 settembre ‘43, quando si verificò il bombardamento dell'aeroporto, della stazione ferroviaria, del cavalcaferrovia (come si evince dalla relazione del Comm. Pref. di Gioia, Cesare Svelto al Prefetto di Bari il 20-10-1943, n. ASBa Gab. Pref. III vers., b.82, f.2 ).

Tra l'11 e il 19 settembre ‘43 a Gioia si registra l'uccisione di dodici cittadini, civili, inermi:

  • Petrera Samuele
  • Procino Filomena
  • Marchitelli Giuseppe
  • Mingolla Cosimo
  • Resta Filippo Vito
  • Buono Donato
  • De Palma Domenico
  • Orfino Martino
  • Galasso Carmine
  • Palmisano Domenico
  • Tarquilio Domenico
  • De Bellis Alfredo

uomini, donne e bambini rei di voler riaffermare quei principi di libertà e di democrazia così dolorosamente conquistati durante numerosi secoli.

Per gli stessi motivi persero la vita tre avieri:

  • Baciocchi Sabatino, di Mozzano (Ascoli Piceno)
  • Colasanti Nicola, di Frosinone
  • Ed un terzo aviere di cui non si hanno i dati identificativi.  

Durante l'incursione aerea dell'11 settembre morirono tre avieri, che, nel tentativo di difendere l'aeroporto di Gioia dal proposito di distruzione e di occupazione da parte dei tedeschi, vennero mitragliati dall'artiglieria nemica, fulgido esempio dell'adempimento del proprio dovere. ( Comm. Pref. di Gioia al Prefetto di Bari 14-10-1946, n. 9788, in ASBa, Gab. Pref. III vers.,b.96R, f.4 ).

Alcuni tra quelli che scamparono alla furia tedesca, apparentemente più fortunati per aver avuto salva la vita, subirono violenze psichiche, oltre che fisiche, che lasciarono segni talmente negativi da far preferire la morte a quello stato di malessere e prostrazione. Tra questi è da segnalare la figura di don Sante Milano, sacerdote noto a Gioia ed insegnante di religione nel locale Liceo Ginnasio, che fu prigioniero dei tedeschi per alcuni giorni.

Un nipote di Samuele Petrera, pensionato di 45 anni, ricorda la sua morte avvenuta il 16 settembre davanti la porta della sua abitazione, per azioni di guerra. Mio nonno era in casa in via Le Strettole e i soldati tedeschi erano su corso Cavour. Si affacciò alla porta del sottano dove abitava e i tedeschi pensando chissà che, spararono colpendolo a morte. Fu una cosa repentina; mio nonno era un semplice ferroviere. Non c'era un motivo valido per ucciderlo, ma rappresenta uno dei tanti casi avvenuti in un clima come quello del periodo.

Anche Resta Filippo Vito, contadino, di anni 34, morì il 16 settembre, " per azioni di guerra ". La sua vicenda è stata raccontata dalla figlia, così come le è stata narrata dalla mamma. Allo scoppio della guerra Filippo non partì militare per motivi di salute: Abitavano in via Balena nel borgo di S. Vito. Il 16 settembre Filippo si trovava in un locale attiguo alla casa con degli amici e, al suono della sirena del coprifuoco, si affrettò a tornare a casa. Prima di lui uscirono, distanziati, due suoi amici che si salvarono: Appena uscì lui, invece, fu sparato e morì sul colpo a causa di un proiettile che lo aveva colpito al petto. La moglie di Filippo per poter dare una adeguata sepoltura al marito fu costretta a tenere nascosto il corpo in un orto, sotto la paglia, ai piedi di un cavallo, per ben tre giorni. I tedeschi, infatti, portavano via i cadaveri per gettarli in discarica. Solo con l'arrivo degli inglesi fu possibile trasportarlo con un carretto al cimitero per la sepoltura.

Donato Buono, studente, muore il 16 settembre, all'età di 19 anni, per azione di guerra, come ci riferisce la sorella Angela. La nostra famiglia abitava nel locale dell'attuale Bar Moderno in via Canudo, in un sottano. Era l'unico figlio maschio, ultimo nato dopo due sorelle; per questo motivo era stato esentato dal servizio militare. Di fronte abitava una amica di famiglia e la mattina del 16 settembre 1943 ci trasferimmo in casa di questa amica per stare assieme e farci coraggio a vicenda. Verso le dieci un amico di Donato andò in terrazzo dove c'era uno spioncino. Si affacciò e vide un tedesco all'angolo della strada: Chiamò Donato per fargli vedere la scena. Il tedesco aveva notato il movimento e, mentre Donato saliva, sparò colpendolo alla tempia uccidendolo sul colpo. I tedeschi stavano arretrando dall'aeroporto verso la ferrovia: Non fu possibile trasferire il cadavere fino al giorno dopo, quando arrivarono gli inglesi. Venuti a conoscenza di quello che era accaduto a Donato, il comandante inglese con una delegazione si presentò a casa per rendergli omaggio e per dimostrare la loro gratitudine. Donato era l'unico figlio maschio, che contribuiva al sostentamento della famiglia e mio padre aveva fatto di tutto per non farlo andare in guerra. Dopo 18 mesi morì anche lui di crepacuore.

Domenico De Palma, agricoltore, muore il 17 settembre, all'età di 73 anni, per azione di guerra. Un suo nipote narra le sue ultime tragiche ore. Domenico abitava in via Zingari: Era un contadino e come tutte le mattine si recò in campagna lungo la strada per Putignano, all'altezza della centrale ENEL. C'era una strada sterrata con un albero di fichi con sotto un mucchio di pietre. Con la ruota della bicicletta toccò una delle pietre e saltò in aria. Aveva 4 figli, un maschio e tre femmine, e con la sua morte la famiglia si ritrovò a vivere nelle più nere ristrettezze economiche.

Della morte di Martino Orfino, contadino, avvenuta all'età di 15 anni il 16 settembre, per azione di guerra, ci parla la nipote Francesca, ricordando il racconto che gli fece il padre. La nostra famiglia abitava in via Proserpina, una traversa di via Bartolomeo Paoli. La mamma di Martino andò alla fontana situata in piazza Scarpetta per prendere l'acqua. Sentì molti spari e, spaventata, tornò subito a casa dove trovò i due figli, Filippo e Martino, per strada e disse loro di tornare subito a casa. Mentre Filippo si fermò sulle scale esterne della casa, Martino, incuriosito, si affacciò all'angolo di via Proserpina. Non appena sporse la testa fu colpito. La madre dal terrazzo vide la scena e da quel momento non fu più la stessa persona anche perché aveva già perso un figlio, Leonardo, sul fronte greco il 14 marzo del 1941 e del quale non ha mai riavuto le spoglie.

Di Domenico Palmisano, agricoltore, morto " per azione di guerra "all'età di 32 anni ci parla sua nipote Giulia Angelillo. Era il 19 settembre: Domenico abitava a Montursi ( una frazione di Gioia ) e veniva a Gioia ogni giorno con il proprio carretto di verdure. Si recò dalla sorella Anna in via Schiavoni dicendo che sarebbe tornato subito a casa perché aveva paura che potesse accadergli qualcosa. All'altezza del Macello comunale incrociò un altro carretto e fu costretto a farsi da parte verso il muro dove c'era un mucchio di pietre. Appena toccò le pietre con la ruota scoppiò una mina nascosta che lo fece saltare in aria. La deflagrazione fu così forte che si sentì da via Schiavone. La sorella Anna ebbe il sentore che potesse trattarsi di lui e si recò sul posto trovandolo ormai senza vita.

Domenico Tarquilio, muore per azioni di guerra, vittima di una mina tedesca il 26 settembre, come ci racconta il fratello Bartolomeo. Domenico aveva 6 anni ed era andato in campagna con mio padre per vendemmiare. Una volta raccolta l'uva, mio padre la stava pigiando con i piedi. Domenico aveva fame e mio padre gli disse di prendere il pane che si trovava in una sacca. Preso il pane, si sedette su una pietra sotto la quale c'era una mina. Saltò per aria riducendosi in brandelli.
Sul suo atto di morte è riportata la dicitura " per azione di guerra ".

La signora Angela De Bellis, ci racconta l'assassinio di suo cugino Alfredo De Bellis, di 30 anni, avvenuto il 21 settembre, per azioni di guerra. Il 16 settembre Alfredo, che era avvocato, era in casa in via Canudo e stava studiando una causa in compagnia della moglie e del figlio Enzo di 15 mesi. Ad un certo punto andò sul terrazzino per prendere una boccata d'aria. C'erano delle colonnine dietro alle quali si riparò temendo che potesse essere visto dai tedeschi che sparavano a chiunque si muovesse. I tedeschi videro l'ombra e spararono colpendolo alla schiena. Appena possibile fu portato all'ospedale che si trovava nel plesso dell'attuale scuola San Filippo Neri che era carente di qualsiasi tipo di medicine e di disinfettanti. I medici si accorsero della gravità del caso e lo trasferirono ad Acquaviva dove morì il 21 settembre per setticemia. ( Testimonianze orali tratte dal periodico locale  " Gioia  in cronaca " , n. 5 maggio 2005 ).

Procino Filomena, casalinga, di anni 34, viene uccisa davanti la casa in via Palestro, il 16 settembre, mentre stendeva il bucato.

Galasso Carmine, meccanico, di anni 58, muore il 16 settembre in Piazza Cesare Battisti, per azioni di guerra.

Mingolla Cosimo, impiegato, di anni 48, muore il 17 settembre in Piazza Cesare Battisti, per azioni di guerra.

Marchitelli Giuseppe, calzolaio, di anni 67, viene ucciso il 16 settembre nella propria abitazione, per azioni di guerra.

Come si può notare dalle testimonianze del tempo e da quelle dei testimoni sui riportate, la rabbia tedesca non risparmiò nessuno: caddero vittime persone innocenti, dedite alle loro quotidiane occupazioni e incuranti del pericolo derivante dalle restrizioni che i tedeschi avevano messo in atto e fu solo per il sacrificio di alcuni di esse, che isolatamente furono uccise da mine che soldati tedeschi avevano proditoriamente nascosto sotto cumuli di pietre, che il bilancio di morti fu limitato e non diede luogo a delle vere e proprie stragi.

Per questi stessi principi di libertà e di democrazia hanno combattuto nelle brigate partigiane e in varie regioni d'Italia molti cittadini gioiesi, e tra questi si sono distinti i sigg. Gemmati Cataldo Francesco, capo partigiano e Brunetti Vito, entrambi morti in un campo di concentramento ( come da documentazione che si allega ).

La sera del 9 settembre 1943 su un binario della stazione ferroviaria di Gioia stazionavano tre carri merci, carichi di materiale esplosivo ad alto potenziale. Facevano parte di un unico convoglio di materiale bellico tedesco fermo momentaneamente nell'assuntoria di Santeramo. Questi tre vagoni erano stati dislocati a Gioia perché il binario tronco di Santeramo era troppo corto per contenere la totalità del trasporto militare. Il soldato tedesco rimasto a guardia degli esplosivi, innervosito dall'attesa forzata e desideroso di raggiungere con il suo micidiale carico il resto del convoglio a Santeramo, verso l'imbrunire cominciò ad insistere presso il capostazione Rocchi e il dirigente di servizio La Guardia affinché la sua richiesta di ricongiungimento venisse accolta e subito soddisfatta, minacciando di far esplodere i carri sul posto se per le 20,30 non avessero provveduto a farli ripartire da Gioia.

Il pericolo era gravissimo, giacché in tale caso l'intera stazione ferroviaria con tutti i suoi impianti e buona parte dell'adiacente abitato sarebbero saltati in aria. Né il soldato tedesco scherzava, tanto più che egli aveva collocati i detonatori con una miccia, bene in vista e pronta all'uso. Pertanto, volti spauriti vagavano per la stazione, mentre i dirigenti cercavano freneticamente di ottenere da Spinazzola il nulla osta per l'effettuazione del treno straordinario Gioia-Santeramo e viceversa. Inoltre, come se ciò non bastasse, a rendere problematica la partenza di questo treno si era aggiunta la mancanza del personale viaggiante per scortarlo, in quanto quello di riserva si era prudentemente eclissato disertando il suo posto.

Dopo reiterati tentativi, verso le 19,30 il capostazione Rocchi riuscì finalmente ad ottenere l'agognato nulla osta da Spinazzola. Ma, in mancanza di un conduttore capo, quei maledetti tre carri colmi di esplosivi restavano di restare inchiodati nel piazzale della stazione di Gioia insieme alla locomotiva per chi sa quanto altro tempo e quali conseguenze funeste. Invece, fortuna volle che, del tutto ignaro del pericolo che incombeva sulla stazione e dintorni, essendo la sua giornata di riposo, giunse pochi minuti dopo, per puro caso, il conduttore capo Riondino che, afferrata al volo l'estrema gravità della situazione, si offrì di scortare immediatamente il treno pronto per partire per Santeramo, città che esso raggiunse in una quarantina di minuti.

A Santeramo, il personale ferroviario, sotto la dirigenza di Riondino, eseguì varie manovre per ricomporre il convoglio militare ( circa 15 carri carichi di cannoni, munizioni, esplosivi ed altro materiale bellico secondo le prescrizioni del Comando tedesco di stanza a Mottola, manovre, queste, presenziate da diversi militari tedeschi armati fino ai denti con fare minaccioso e dei quali due erano saliti sulla locomotiva per sorvegliare il macchinista barese Mallardi.

Dopo un paio di ore di estenuante lavoro, agganciati al treno anche i carri pianali su cui i Tedeschi avevano piazzato i cannoni e le mitragliere antiaeree, la composizione del convoglio militare finalmente ebbe termine e si era pronti a ripartire. Verso la mezzanotte, da Rocchetta Sant'Antonio giunse a Santeramo un treno diretto a Gioia ed il personale ferroviario che lo scortava, durante la breve sosta, mormorò sottovoce ai ferrovieri sgomenti ed affaticati che a Palazzo San Gervasio i soldati tedeschi non avevano esitato a far saltare in aria, poche ore prima, i carri in deposito distruggendo così i binari, carri, vagoni e quasi tutta la stazione ferroviaria.

Si può facilmente immaginare l'effetto di una così sconvolgente notizia, appresa mentre dei militari tedeschi in auto ed in motocicletta andavano e venivano, scambiandosi ordini e consegne incomprensibili con voce secca, seminascosti dalla penombre e sbuffi di vapore prodotti dalla locomotiva in piena notte e che, indirizzati subito dopo al personale ferroviario divenivano sinistramente, col trascorrere del tempo, sempre più incalzanti, perentori e minacciosi. Come Dio volle, l'attesa agghiacciante ebbe termine e finalmente il convoglio militare si mise in moto, diretto a Gioia. Di qua, girata celermente la locomotiva ed avvisate le stazioni di Acquaviva e quelle successive per il libero transito, il treno ripartì per fermarsi a Bari Parco Nord esattamente all'alba.

Così, trascorsa una notte da incubo, il signor Riondino fece ritorno a Gioia, senza che gli abitanti di questa città e di quelli della vicina Santeramo, risvegliandosi, si fossero resi conto di questa tremenda tragedia notturna, che, legata ad un tenuissimo filo, li aveva sfiorati e che per un pelo non li aveva coinvolti e travolti.
Mentre i Tedeschi si ritiravano fecero esplodere una polveriera nei pressi del Municipio, che provoca molti danni allo stesso stabile e a quelli circostanti. ( Da V. U. Celiberti, Storia documentaria di Gioia del Colle, riportata anche dalla Gazzetta del Mezzogiorno, che si allega ).

Nel 2003 il Comune di Gioia ha deliberato di intitolare una strada nei pressi della Stazione ferroviaria al ferroviere Cosimo Damiano Riondino ( come da deliberazione allegata ).

Dal 4 agosto 1940 a gennaio 1941 presso l'ex Mulino-Pastificio Pagano di Gioia del Colle, successivanente  di proprietà della famiglia Lattarulo, viene attivato un Campo di concentramento per ebrei. Il Campo, circondato da alte mura, con un solo cancello di ferro ed una garitta assomigliava proprio ad una caserma; poteva ospitare fino a 240 persone.

I primi internati, in numero di 35, giungono a Gioia il 15 agosto 1940. Sono esclusivamente ebrei italiani, provenienti in gran parte dal Campo di concentramento di Campagna ( Salerno ) e poi trasferiti dalla Puglia al Campo di Isola del Gran Sasso. Molti di essi sono accusati di essere antifascisti o ebrei avversi al Regime fascista. Durante il periodo di apertura del Campo risiedono a Gioia internati, con una presenza media giornaliera di 50 unità e un numero complessivo di 59 persone. La presenza a Gioia di un campo di aviazione militare e motivi di sicurezza militare spingono gli organi di polizia militare, come il Centro Controspionaggio e il Comando del Gruppo Carabinieri a chiedere la chiusura del Campo di Gioia e il trasferimento degli internati ad Alberobello.

Si riporta una testimonianza del dott. Vito Bianco, riportata da Francesco Terzulli nella sua ricerca " Il campo di concentramento per ebrei a Gioia del Colle 8 agosto 1940- gennaio 1941, in " Gioia, una città nella storia e civiltà della Puglia ", vol. III, Schena Editore, Fasano 1992 .

All'epoca avevo 14 anni. Li ricordo benissimo questi signori. Io abitavo in piazza e quindi li vedevo passare in particolare quando venivano a fare la spesa a Gioia. Venivano tutti i giorni e venivano con un carrettino a mano, perché allora non c'erano le macchine. Fu un anno, ricordo benissimo, molto rigido ed un giorno c'era una nevicata, non c'erano spalaneve, non c'era niente e questi poveretti che arrancavano per tirare il carretto. Noi ragazzi di 14 anni non avevamo neanche le scarpe da montagna, nonostante appartenessimo a famiglie piuttosto agiate, con i pantaloncini corti, noi abbiamo aiutato questi amici a spingere il carretto fino ad un certo punto… Ricordo che mamma mia mi parlava di questi signori Coen, che dovevano essere dei grossi commercianti di tessuti… Venivano a Gioia in libertà e non erano accompagnati dai Carabinieri… Spesso chiedevano un cappotto, un qualcosa che veniva loro dato. Le campagne vicine davano le uova, aiutavano, davano quello che avevano.

Lo stesso studioso riporta un'altra testimonianza del sig. Michele Di Leo. Con le benevoli distrazioni dei Carabinieri gli internati sconfinano e vanno nelle masserie vicine; tutta la gente gentile e generosa colla quale gli internati si disobbligano come possono. …Un cittadino di Gioia, allora piccolo dirimpettaio del Campo di concentramento, ricorda che gli internati, non potendo andare per conto loro in paese, chiedono piccole commissioni ai ragazzini delle masserie vicine, dando loro i soldi per gli acquisti. ( Come da documentazione allegata ).

Da un altro testimone apprendiamo che allorquando gli internati avevano il permesso di uscire dal Campo in orari stabiliti, per venire in Paese, oltre ad effettuare le spese loro necessarie, si incontravano con la popolazione locale, discutevano di vari argomenti e passeggiavano insieme. Il punto d'incontro era situato tra la Piazza Plebiscito e il Monumento dei Caduti. Uno degli internati, medico ebreo di origine polacca, un certo Halpern, per amicizia e per ripagare la popolazione locale dell'accoglienza che tutti avevano, spesso esercitava la sua attività di medico, visitando alcuni ammalati gioiesi, poiché i pochi medici del tempo o erano stati richiamati alle armi o svolgevano la loro attività presso gli ospedali militari. La popolazione ripagava anticipatamente queste cortesie perché li accoglieva come se fossero cittadini italiani, anzi gioiesi, come se fossero appartenenti ad una stessa confraternita religiosa e dunque i rapporti con loro erano improntati a collaborazione e rispetto; eppure, come si legge in alcune testimonianze scritte i rapporti con la popolazione erano esclusi, anzi vietati.

Il dott. Vincenzo De Bellis ricorda che suo padre Michele, venditore di prodotti dolciari e gestore di una caffetteria sita nei pressi di Piazza Plebiscito, quasi quotidianamente si intratteneva con alcuni internati ebrei che si recavano nel suo esercizio per acquisti. I rapporti con questi ebrei erano improntati al massimo rispetto e tra loro si instauravano legami di cordiale e sincera amicizia.

Ad ulteriore testimonianza del contributo della Comunità gioiese all'affermazione degli ideali di democrazia e di libertà durante la lotta partigiana, segnaliamo i nomi dei cittadini gioiesi, assegnati alle forze armate e segnalatisi in tali circostanze:

  • – Battista Pasquale, benemerito della 15^ BRG  SAP;
  • -Battista Vito, partigiano, 15^ BRG SAP;
  • – Bianco Silvio, benemerito,7^ BRIG. G. Buozzi;
  • -Cardetta Nicola, partigiano, 2^ BRG. GAR, caduto il 13-3-1944;
  • – Cardetta Rocco, partigiano, 12^ DIV. GAR. CDO;
  • – Cuscita Giuseppe, benemerito, 5^ BRG. SAP Rinetti;
  • – Donatone Giovanni, partigiano, DIC. CITTADINA  GL. 1^ settore;
  • -Ferrara Vito, partigiano, 17^ BRG. Garibaldi;
  • -Iacobellis Francesco, partigiano, 12^ DIV. Garibaldi 50^ BRG;
  • – Lamanno Filippo, benemerito, 15^ BRG. SAP;
  • -Marchitelli Giacomo, patriota, 6^ BRG. SAP SCALI;
  • – Marchitelli Silvestro, patriota, BRG. SAP VANNI;
  • – Nicastri Antonio, patriota, BRG. CANALE;
  • – Pavone Giuseppe, benemerito, 34^ BRG. SAP;
  • – Pellegrino Francesco, partigiano fucilato il 13-4-1945, 43^ DIV. S. DE VITIS;
  • – Speranze Leonardo, benemerito, 7^ BRG SAP DE ANGELI                                                                                                      
  1. – Per il pesante tributo pagato da questi giovani, donne e uomini di Gioia, che hanno onorato la Resistenza e che hanno voluto riaffermare i principi di democrazia e di libertà, sanciti dalla nostra Costituzione,
  2. – per la disponibilità dimostrata dai gioiesi e l'aiuto nei confronti degli internati ebrei,
  3. – per l'atto di coraggio del capotreno Riondino, che evitò una sicura strage nei pressi della stazione ferroviaria di Gioia

                                               INOLTRIAMO

formale richiesta affinché il Comune di Gioia del Colle possa ottenere un riconoscimento al Valore Civile.

Si allegano fotocopie di documenti citati nella relazione, significando che per qualsiasi richiesta siamo a disposizione per fornire ulteriore documentazione.

Il Commissario Straordinario, dott. Claudio Palomba, dando seguito a questa richiesta  e relazione storica, ha approvato la seguente Deliberazione n.123 del 28-4-2008, avente per oggetto: " Richiesta della concessione al Comune della Medaglia al Valor Civile a ricordo delle vittime inermi dei giorni che seguirono alla guerra fascista ".

L'anno 2008, il giorno 28 del mese di aprile, nella residenza comunale di Palazzo San Domenico, Il Commissario Straordinario, dott. Claudio Palomba, incaricato della provvisoria amministrazione del Comune, con D.P.R. 14-11-2007, … ha adottato il seguente provvedimento

                                 IL COMMISSARIO STRAORDINARIO

RITENUTO di lasciare memoria tangibile dei fatti di sangue che a Gioia fecero seguito all'armistizio dell'8 settembre 1943;
RILEVATO che in quei giorni di combattimento fra truppe alleate e milizie tedesche persero la vita tragicamente dodici cittadini inermi di Gioia ( tra cui donne e bambini ) rei soltanto di appartenere ad una nazione appena uscita dalla dittatura fascista e di trovarsi improvvisamente dalla parte dell'ex nemico anglo-americano ( come da allegata relazione descrittiva dei fatti );
RITENUTO che sussistono i presupposti per richiedere in favore del Comune di Gioia del Colle un riconoscimento al Valor Civile in virtù di quegli avvenimenti;
VISTO il parere di regolarità tecnica espresso ai sensi dell'art. 49 del D.Lgs. n. 267/2000;
VISTO il TUEL approvato con D. LGS. 267/2000;

                                               DELIBERA

1. DI APPROVARE la propria relazione storica – che è parte integrante ed essenziale del presente atto – sui fatti di sangue che a Gioia fecero seguito all'armistizio dell'8 settembre 1943;
2. DI CHIEDERE la concessione in favore del Comune di Gioia del Colle della Medaglia al Valor Civile a ricordo delle vittime inermi che seguirono alla guerra fascista;
3. DI DICHIARARE la presente deliberazione immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 134 – 4° comma – del D. Lgs. N.267/2000.

Con tale deliberazione il  Commissario Straordinario dott.  Palomba ha dato avvio al relativo iter procedurale presso la Prefettura di Bari e il Ministero degli Interni.

Allo stato attuale possiamo comunicare che la pratica, dopo un primo esame da parte dell'Ufficio preposto presso il Ministero dell'Interno,  insieme alla documentazione allegata, è stata ritenuta idonea a completare l'iter e quindi è stata trasmessa alla competente Commissione, che esprimerà a breve parere favorevole al riconoscimento di una onorificenza a favore del Comune di Gioia del Colle.

Francesco Giannini e Dino Rubino.

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5 Comments To "Richiesta Onorificenza al Valore Civile per il Comune di Gioia del Colle"

#1 Comment By Marco Losavio On giovedì, 5 giugno 2008 @ 9:15

Ho letto tutto d’un fiato questo articolo. Complimenti a Giannini e Rubino per aver in questo modo permesso che tanti particolari ed eventi non venissero dimenticati. Un lavoro encomiabile.

Nel mio piccolo, leggendolo, non ho potuto non ricollegare un episodio che mio padre mi ha qualche volta raccontato. La mia famiglia ha sempre vissuto nel “Palazzo Nicola Serino Romano – Losavio”, sede della Biblioteca. In quei giorni mia nonna, Ada Marinucci Losavio, moglie dell’Avv. Ernesto Losavio, vide alcuni partigiani che scappavano e cercavano di nascondersi probabilmente braccati dai tedeschi. Aprì il portone e li fece entrare nascondendoli negli scantinati del palazzo. Probabilmente questo gesto li ha salvati ad un triste destino.

In quei giorni ci saranno stati tanti gesti come questi e sarebbe bello poterli riportare alla luce.

Marco Losavio

#2 Comment By Francesco De Carlo On giovedì, 5 giugno 2008 @ 14:55

Innanzitutto complimenti a Franco Giannini e Dino Rubino per l’ottimo lavoro fatto; mi auguro che questo riconoscimento richiesto, venga assegnato alla nostra città.

L’articolo mi ha ricordato un evento di quei tristi giorni più volte raccontatomi da mio padre.

A quell’epoca mio padre aveva solo 12 anni e viveva con i genitori e le sorelle in via Persico, mi pare di ricordare che vigesse in alcune ore del giorno il coprifuoco. I soldati tedeschi avevano piazzato una mitragliatrice sulle mura della chiesa di San Rocco.

Sfuggendo al controllo dei genitori, per gioco, mio padre usci di casa dirigendosi verso la chiesa, tutt’intorno il silenzio.

Quando giunse nei pressi dell’attuale via D’Annunzio udì, sopra la sua testa, un grido nella dura lingua tedesca di cui non capì la traduzione letterale, ma ne capì sicuramente il significato. Scappo verso casa e non uscì più per qualche giorno.

Durante il coprifuoco chiunque venisse sorpreso per strada veniva mitragliato senza alcun preavviso.

Mio padre concludeva il suo racconto dicendomi che la sua fortuna fu quella di essere ancora un ragazzino e che, forse, lassù alla mitragliatrice, c’era un padre di famiglia.

Questo deve farci riflettere sugli orrori della guerra. In primis le vittime sono le popolazioni civili, ma anche i soldati costretti ad ubbidire, spesso contro la loro volontà, agli ordini di guerra.

#3 Comment By letizia guida On giovedì, 5 giugno 2008 @ 15:49

Molto encomiabile il gesto, quanto accurata la ricostruzione storica fatta dal prof.r Giannini e dal sig.r Dino Rubino dei tragici avvenimenti bellici svoltisi nel Settembre del ’43 a Gioia del Colle .
Accanto al ricordo commosso delle vittime innocenti della ritirata tedesca, ineluttabile e per questo tanto più spietata, accanto all’ammirazione per il coraggio civile del conduttore capo Riondino, il nostro “eroe per caso”, trovo
importante la descrizione dei rapporti tra internati ebrei e popolazione civile.
O almeno di quella gran parte di cittadini, che sfidando il pericolo di ritorsioni fasciste ancora possibili, non esitò, mostrando umana e cristiana comprensione, a riconoscere dignità di persone ad uomini e donne, cui la follia nazifascista aveva strappato persino il nome.
Non mi sembra sia conosciuta la sorte ultima di questi ebrei, ma sarà di certo rimasta in loro la consolazione, nella sosta a Gioia, di essere tornati ancora in un consesso civile. Di sentire che altri uomini ed altre donne pur di lingua e religione diversa, li accogliessero come fratelli offrendo l’aiuto che potevano.
Quei gioiesi, forse non sapendolo, hanno dato semplicemente una grande testimonianza di coscienza civile, di democrazia e di affermazione di libertà , oltrechè di carità cristiana.
Valori fondanti della nostra civiltà, che dovrebbero ispirare sempre i rapporti tra noi e gli altri, specie nei tempi che viviamo.
Chi scrive è convinta della necessità di riaffermare quei principi specialmente tra i nostri giovani, soprattutto di darne testimonianza in atti ed in parole.
Da qui scaturisce anche l’importanza della celebrazione della “Giornata della memoria ”, che accanto ad altre manifestazioni , anche l’Università della terza età, presieduta dalla sottoscritta, solennemente ricorda sin dal I° anno della sua costituzione, ottobre 2002.
Riporto i dati connotativi di questa significativa istituzione:
Il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano, che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime del nazifascismo e dell’Olocausto.
Il testo dell’articolo 1 della legge così definisce le finalità del Giorno della Memoria:
« La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Per tutte queste considerazioni, ritengo un alto dovere morale dare giusto risalto a questa celebrazione, a tutti i livelli dalle scuole, alle associazioni, all’amministrazione di qualunque colore politico.
Il Giorno della Memoria rievoca una pagina tragica dell’Occidente, l’apparente suicidio dei suoi valori fondanti. Celebrandola, com è giusto che sia, in essa ricordiamo accanto agli altri, i perseguitati, le vittime innocenti, gli eroi gioiesi. Anche grazie al loro coraggio, al loro sacrificio oggi possiamo vivere nella democrazia e nella libertà
Ben vengano dunque tutte le testimonianze ed i ricordi dei nostri anziani: credo che i giovani abbiano bisogno di questo tipo di testimonianze, per dare un senso
al presente ed anche una speranza di pace al futuro .
Congratulandomi con i proponenti, mi auguro che anche il nostro paese sia al più presto annoverato tra i Comuni italiani decorati con medaglia al valor civile.

#4 Comment By Francesco Giannini On giovedì, 5 giugno 2008 @ 18:02

Al di là delle lusinghiere parole di apprezzamento per l’iniziativa da noi avviata a favore del nostro Comune, ci conforta la condivisione dei valori ( che con tale iniziativa vorremmo far riscoprire e conoscere soprattutto alle nuove generazioni ) e il contributo di testimonianze che gli intervenuti hanno voluto liberamente socializzare.
Nel ringraziarli per la loro squisita disponibilità rivolgiamo un invito a quanti sono a conoscenza di altri episodi relativi al periodo storico in oggetto, riguardanti nostri concittadini, a segnalarli. E’ nostra intenzione, infatti, raccogliere tali testimonianze in una pubblicazione, perché non se ne perda il ricordo e per dare il giusto risalto a ” uomini ” che si sono immolati o distinti per l’affermazione di quei valori che sono alla base di ogni società civile e democratica.
Cordialmente, Francesco Giannini e Dino Rubino

#5 Comment By Francesco Giannini On mercoledì, 11 giugno 2008 @ 13:13

Oltre a rinnovare l’invito ai nostri concittadini a farci pervenire, qualora ne fossero a conoscenza, altre testimonianze di avvenimenti collegati ai fatti del 1943 e degli anni immediatamente successivi, vorrei rivolgere un altro invito ai nostri Amministratori.
E’ possibile adoperarsi per recuperare i resti di soldati gioiesi morti durante la Grande Guerra e sepolti in terra straniera?
In tal modo essi potrebbero avere una onorata sepoltura nella nostra Gioia, la loro amata terra, e si potrebbe loro tributare quegli onori che meritano per aver fatto compiuto fino in fondo il proprio dovere a servizio della nostra Patria, giungendo all’estremo sacrificio della loro vita.

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5 Giugno 2008

  • Scuola di Politica

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