Pasqua : Riti, Tradizioni e Consumi

La Pasqua è sempre più chiusa tra tradizioni che si svuotano, riti che si compiono in forma rutinaria e consumi che crescono. Le tradizioni che si tramandano di generazione in generazioni sono le processioni, le sacre rappresentazioni, precetti comandati. Il Mediterraneo, il Sud Italia, la Spagna, il Portogallo sono ricchi di questa storia profana e […]

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scarcellaLa Pasqua è sempre più chiusa tra tradizioni che si svuotano, riti che si compiono in forma rutinaria e consumi che crescono.

Le tradizioni che si tramandano di generazione in generazioni sono le processioni, le sacre rappresentazioni, precetti comandati. Il Mediterraneo, il Sud Italia, la Spagna, il Portogallo sono ricchi di questa storia profana e sacra. Ma è una storia in fase di estinzione. Le ragioni di questa estinzione sono collegate alla post-modernità, alla crescita dei consumi, all'avvento della società spettacolo. 

Prendiamo ad esempio il pranzo di Pasqua, questo consisteva in un antipasto un uovo sodo e due spicchi di arancia, seguiva ‘u bneditt" : cardoni (l'erba amara della schiavitù)  cucinati nel brodo dell'agnello conditi con uova (la liberazione) , seguiva l'agnello cotto al forno con le patate. Il pasto veniva preceduto da una preghiera e dalla benedizione impartita dalla persona più anziana della casa con il ramoscello di ulivo benedetto la domenica delle Palme. Gesti di grande semplicità che evocavano la Pasqua ebraica della liberazione degli ebrei dalla schiavitù dell'Egitto. Una tradizione che nemmeno la seconda guerra mondiale riuscì ad abolire, è sopravvissuta fino ai nostri giorni, ora è un fatto perso. Un gesto che serviva anche a riportare la pace e la gioia pasquale all'interno della famiglia. Probabilmente era una convivenza tra la tradizione ebraica e quella cristiana, liberazione storica del popolo e quella universale del Cristo per l'umanità.

Si giungeva al pranzo di Pasqua dopo un intensa preparazione fatta nel tempo della quaresima: digiuni, ritiri di perseveranza per fasce di età, prediche quaresimali, ore di adorazione del Santissimo, la predica della domenica di passione, le tre ore di agonia, le processioni penitenziali. Ricordo un bellissimo quadro del nostro pittore Labrocca  il quale alzatosi all'alba riuscì a dipingere in una sua opera la "processione del Crocifisso" di soli uomini che si snodava lungo Via Principe di Napoli, oggi Ricciotto Canudo, che concludeva appunto il ciclo di ritiri. Seguivano le confessioni difficili.  Un complesso di gesti che rivelavano una struttura sociale coesa, solidale e fraterna.

Nei nostri ricordi ritroviamo non riti meccanici ripetitivi ma momenti di ri-formazione della propria spiritualità e identità collettiva. Le donne che si recavano al forno di quartiere per preparare e cuocere il dolce dei poveri: "la scarcella": pasta di biscotto a forma di campana con un uovo sopra, questa era il premio delle penitenze compiute e si poteva mangiare a mezzogiorno del sabato santo quando si scioglievano tutte le campane delle chiese della città per annunciare la gioia della Resurrezione, le pulizie della casa dovevano essere completate per quell'ora .

Ora tutto è sepolto nei ricordi. E quello che si compie appartiene una struttura sociale competitiva e consumistica. I riti religiosi sono compiuti non per rilanciare o verificare la fraternità universale ma per se stessi, sono autocelebrativi, appartengono alla sfera religiosa dell'individuo e non della comunità.

La comunità locale si interessa dei riti religiosi per incentivare il turismo, la vacanza, lo spettacolo. La Passione viene rappresentata anche d'estate. Per il cinema il discorso è diverso. Siamo andati dal "Vangelo di Matteo" di P. Pasolini, degli anni '60, girato nella nostra città , alla Passion di M. Gibson, sui quali ritorneremo.

Per le riflessioni in merito alle tradizioni  religiose rimando a un mio recente articolo su "Cercasi un fine", per spiegare cosa intendo per "svuotamento dei riti religiosi".  Ma parliamo insieme.

FRANCO FERRARA

 

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