Palazzo Sala Buttiglione

Nel 1793 Emanuele De Deo, al ritorno da Napoli si ferma a Gioia del Colle per diffondere, con i suoi amici liberali che avevano abbracciato con lui gli ideali della rivoluzione francese ed erano ostili all’oppressione della dinastia borbonica, le nuove idee di libertà, di fratellanza e di uguaglianza. Partecipa, insieme ai fratelli Carlo e […]

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Cartello segnaletico del Palazzo Sala Buttiglione

Nel 1793 Emanuele De Deo, al ritorno da Napoli si ferma a Gioia del Colle per diffondere, con i suoi amici liberali che avevano abbracciato con lui gli ideali della rivoluzione francese ed erano ostili all’oppressione della dinastia borbonica, le nuove idee di libertà, di fratellanza e di uguaglianza.

Partecipa, insieme ai fratelli Carlo e Giuseppe e alla sorella Angela, ad un banchetto offerto da donna Anna Innocenza Sala, moglie di Gianfrancesco Buttiglione, ad un gruppo di amici, tra cui l’abate Francesco Paolo Losapio, anch’essi attratti dalle nuove idee di giustizia, di libertà che venivano da Oltralpe, dalla Francia rivoluzionaria.

L’aver portato alcuni opuscoli e giornali che propagandavano le idee repubblicane e democratiche, consentì a De Deo, durante il banchetto, di avviare una discussione sui principi del sistema politico-sociale attuato in Francia e sull’anacronistica sopravvivenza delle monarchie assolutistiche.

Proclamò che i popoli hanno il diritto di detronizzare il sovrano e condannarlo quando essi, invece di garantire libertà e giustizia e di farsi promotori di cultura e di benessere dei sudditi, governano da despoti e oppressori degli stessi.

Emanuele De Deo

Si narra che, riferendosi al dispotico re Ferdinando IV e alla moglie Maria Carolina, abbia affermato: Siamo ormai pronti. La sorte di Ferdinando e di Maria Carolina è segnata. Anch’essi finiranno come i sovrani di Francia.

Preso dalla foga del discorso, dopo aver brandito un coltello da cucina, pare si sia accostato in maniera minacciosa al quadro su cui era raffigurato il sovrano, in atteggiamento di volerlo trafiggere o insultare.

Lo stesso Patarino, che dal 1792 si trovava a Napoli per completare  i suoi studi, consegnò al Consigliere cui era stato affidato il compito di istruire il processo, Francesco  Caccia, una lettera anonima, che dichiarava di aver ricevuto da Gioia del Colle, nella quale si diceva: Nello scorso maggio 1793 si tenne convito sopra la casa di donn’Anna Bottiglione, dove intervenne don Bernardo Palmieri, il reggente  conventuale Mastropaolo, il governatore, li fratelli don Emmanuele e don Giuseppe De Deo ed il canonico don Biagio Del Re e in atto di pranzo si lessero molte satire contro del re e della regina e il don Emmanuele De Deo perorò la causa della libertà, e, trasportandolo tanto la follia, con un coltello alla mano corse ad un ritratto del re e disse che, se era realmente re, l’avrebbe ammazzato, al che interloquì il detto canonico don Biagio Del Re e disse: “Tra breve speriamo fare ammazzare il re e la regina”.

Casa De Deo a Gioia del Colle con targa commemorativa

Probabilmente la lettera fu scritta dallo stesso Patarino, il quale nell’ottobre del 1793 aveva scritto un’altra lettera, indirizzata al concittadino gioiese Colombano Losito perché gli fornisse documenti, come lui stesso disse, perché ho l’impegno d’inabissare questi Signori Del Re.

Non essendo riuscito nell’intento, il Patarino escogitò un sotterfugio per metter in atto il suo piano.

Qualche tempo dopo il ‘malprete’ Nicola Patarino, partecipò ad una riunione in casa di Emanuele De Deo  e, fingendo di essere anche lui un antiborbonico,  mentre tutti i convitati si trattenevano in cucina intenti a cuocere dei maccheroni, con il pretesto di togliere da una tasca del pantalone un pezzo di cioccolata, entrò in una stanza attigua e cominciò a rovistare dappertutto in cerca di qualche documento compromettente.

Riuscì finalmente a trovare nel tiretto di un tavolo una copia della Costituzione francese, che trafugò e lo consegnò al Generale Acton per informarlo delle trame contro il re Ferdinado IV.

A causa di questa delazione De Deo fu arrestato come elemento sovversivo.

Nel corso del processo   il padre Giuseppe Mastropaolo, reggente dei Francescani Minori Conventuali dichiarò che De Deo non solo aveva tenuto discorsi sediziosi e aveva propagandato idee contrarie alla monarchia borbonica, ma che, spinto dalla foga patriottica, era tornato più volte sull’argomento, arrivando al punto di dire che la libertà e l’eguaglianza, solennemente abbracciate dai Francesi, erano le cose più belle del Mondo e producono la felicità dei Popoli-

Via Emanuele De Deo a Gioia del Colle

Mentre così parlava, dopo aver impugnato un coltello da tavola, si era avventato contro il ritratto del Re e, anche senza proferir parola, il suo atteggiamento faceva trasparire i propositi criminosi che covavano nella sua mente. Anche l’avvocato don Vincenzo Soria affermò che Emmanuele De Deo nel pranzo dato da donna Anna Sala andò con un coltello alla mano ad insultare il ritratto di S. Maestà.

Il Professor Fortunato Matarrese sostiene che il palazzotto dove si svolse il celebre banchetto sorge nel cuore della vecchia Gioia ed è quello sito in via Emanuele De Deo col numero 11.

Sulla sua facciata la locale Amministrazione, a ricordo dello storico evento, nel giugno del 1972, in occasione del bicentenario della nascita del martire pugliese, fece murare una lapide con una epigrafe in cui si assegna come data del convito il 26 maggio del 1793.

Il palazzo Sala Buttiglione con l’annessa cappella dell’Addolorata

In realtà il palazzo Sala Buttiglione, dove si tenne il convito durante il quale Emmanuele De Deo espresse la sua invettiva contro Ferdinando IV è quello in via Bartolomeo Paoli, che viene ricordato con tale nome.

L’abitazione in cui avvenne il trafugamento della copia della Costituzione francese sarebbe casa De Deo a Napoli e non l’abitazione di  Gioia, sulla cui porta di accesso nel 1972 fu apposta una targa commemorativa.  Questa seconda riunione è più probabile che sia tenuta a Napoli, sempre nella casa dei De Deo, dato che il prete Patarino già dal 1792 risiedeva a Napoli per motivo di studio e, come lui stesso affermò nella sua deposizione, a quel pranzo partecipò anche D. Carlo Laubergh e lo Scolopio Laubergh, fratello del medesimo.

I fratelli Del Re    proposero al Patarino, mentre risiedeva a Napoli,  come Maestro dello Studio il padre Scolopio Laubergh, che si offrì gratuitamente per tale compito.

Tali sacerdoti risiedevano a Napoli, come il generale Acton, a cui il Patarino consegnò la lettera delatoria.

Annesso al palazzo Sala Buttiglione in via Bartolomeo Paoli è ubicata la cappella di famiglia, consacrata alla Madonna Addolorata, che presenta sulla volta la Croce dei Cavalieri di Malta.

La Croce dei Cavalieri di Malta sulla volta della cappella dell’Addolorata, annessa al palazzo Sala Buttiglione

Attualmente la chiesetta appare monca del fastigio, perché fu abbattuto per renderla come locale ad uso commerciale. È stata restaurata, dall’attuale proprietario, l’architetto Milano, ma dell’originaria costruzione, che era stata trasfigurata dai precedenti locatari, nella parte interna resta visibile la Croce dei Cavalieri di Malta e la nicchia in cui era presente la Statua dell’Addolorata.

Nella cappella è stata custodita fino al 1919 la statua di Santa Lucia, a causa del terremoto del 1885 che distrusse la vecchia cappella di Santa Lucia de’ Greci. La cappella è stata sconsacrata nel 1921.

Questo palazzo è stato anche dimora del Podestà e Sindaco di Gioia, Vincenzo Castellaneta, fino a metà degli anni ’50.

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15 Febbraio 2021

  • Scuola di Politica

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