Lo scultore Giuseppe Masi
Figlio di Donatantonio e di Maria Vincenza Sasso, nasce a Gioia del Colle il 9 maggio 1879. Fin dalla più tenera età manifestò un acuto spirito di osservazione ed una innata, abilità nel lavorare l’argilla, con la quale raffigurava fedelmente animali e statuette. Terminata la scuola dell’obbligo continuò gli studi presso l’Accademia delle Belle Arti […]
Figlio di Donatantonio e di Maria Vincenza Sasso, nasce a Gioia del Colle il 9 maggio 1879. Fin dalla più tenera età manifestò un acuto spirito di osservazione ed una innata, abilità nel lavorare l’argilla, con la quale raffigurava fedelmente animali e statuette.
Terminata la scuola dell’obbligo continuò gli studi presso l’Accademia delle Belle Arti di Firenze.
Il Consiglio comunale di Gioia nella seduta del 29 novembre 1898 viene a conoscenza di una lettera del Masi, con la quale chiedeva al Comune un sussidio per completare i suoi studi presso l’Accademia delle Belle Arti di Firenze poiché, a causa di ristrettezze economiche familiari, non aveva potuto frequentare e continuare i suoi studi nell’anno scolastico 1897-98. A sostegno e giustificazione della sua richiesta il Masi aveva allegato alla domanda due diplomi rilasciatigli dal R. Istituto in data 6 e 8 luglio 1896; in uno gli veniva conferita la menzione onorevole di 2° grado per la Sezione di Disegno e di Architettura e nell’altro gli veniva conferita la medaglia d’argento per le Sezioni di Disegno plastico e di Figura. Il Masi si impegnava a presentare ad ogni fine anno scolastico gli attestati di promozione e, a completamento dei suoi studi, di eseguire qualche lavoro scultoreo proposto dall’Amministrazione o di ristrutturare le due statue presenti nelle nicchie della facciata della Chiesa Matrice di Gioia, allora ancora di proprietà comunale.La richiesta era altresì supportata dalle confortanti notizie attinte dai professori del R. istituto delle Belle Arti di Firenze, che erano molto dispiaciuti che il Masi avesse interrotto gli studi e rinunciasse ad un brillante avvenire.
I Consiglieri ad unanimità di voti delibera di accordare un sussidio di L. 60 mensili per la durata di quattro anni onde permettere al Masi di completare i suoi studi presso il R. Istituto di Belle Arti di Firenze.
Dopo aver completato i suoi studi il Masi tornò a Gioia, dove iniziò la carriera artistica. La sua attività si svolse particolarmente a Taranto, ove realizzò numerose opere. Il 15 febbraio 1939 morì prematuramente, ma già apprezzato artista nel panorama degli scultori pugliesi.
Di lui si può ammirare, presso il Palazzo comunale, un busto in onore dell’amico artista pittore gioiese Francesco Romano.
A lui appartengono i lavori, riguardanti la progettazione e l’esecuzione del Monumento ai Caduti, progettazione affidatagli nel 1920 dal Commissario Prefettizio Michele Losappio, a seguito del lascito del dott. Fortunato Girardi per l’erezione di un Monumento ai Caduti gioiesi nella guerra contro gli Imperi centrali, in piazza Cesare Battisti. Poiché nella suddetta Piazza era presente una colonna che impediva la realizzazione del progetto, il Masi ad ottobre del 1920 chiese al R. Commissario che la colonna fosse spostata.
A Giuseppe Masi si devono i tre bassorilievi in bronzo che erano posizionati sui tre lati del monumento ai Caduti ubicato in Piazza Cesare Battisti, che si alternavano alle tre lapidi su cui erano scolpiti i nomi dei militari gioiesi morti nel corso della Prima Guerra Mondiale.
Le tre formelle, che, con molta probabilità, stanno ad indicare rispettivamente: una donna che dà la vita ai suoi tre bambini e li alleva, a differenza della guerra che li manda a morte; un uomo colto nella sua attività lavorativa dei campi, nell’atto pacifico di seminare, a differenza della guerra che semina morte e distruzione; una donna, presumibilmente la dea Cerere, posta a protezione dei raccolti, frutto del duro lavoro dei campi, in contrasto con la guerra, produttrice solo di morti, malattie e carestie.
Oltre ai tre bassorilievi appartengono a lui i fregi bronzei che ornano il basamento del Monumento. Infatti al di sopra delle lapidi corre, lungo tutto il perimetro, un fregio bronzeo raffigurante rami di quercia, sul quale si innalza una seconda colonna poligonale in pietra, intorno alla quale corre un secondo fregio bronzeo che raffigura rami di alloro.
Oltre alle formelle bronzee e ai fregi bronzei si deve al Masi la progettazione e la costruzione del gruppo bronzeo che si trova all’apice del monumento stesso. Esso poggia su una colonna su cui sono posizionate di spalle tre vigili aquile con le ali spiegate, quelle stesse presenti sullo stemma della Casa Borbonica. In corrispondenza delle teste delle aquile partono tre lunghe lingue di fuoco, sempre in materiale bronzeo, che stanno a ricordare il fuoco che ardeva nei soldati italiani sul fronte italo-austriaco, i quali combattevano per riconquistare i territori patrii annessi un tempo all’impero Austro-ungarico e contemporaneamente rimandano all’idea del “fuoco” nemico che consuma la vita dei soldati.
Il posto occupato dai tre bassorilievi è stato utilizzato successivamente per posizionare altrettante lapidi su cui sono presenti i nomi dei Caduti della Seconda Guerra Mondiale.
Il Monumento nella parte anteriore presentava il busto in bronzo di un fante, opera dello stesso Giuseppe Masi ed un’artistica cancellata in ferro battuto, che lo cingeva.
Attualmente il Monumento oltre ad essere privo dei tre bassorilievi e di alcuni fregi bronzei, che probabilmente furono trafugati all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, manca della cancellata, che rientrò tra il ferro donato alla Patria durante il fascismo, e del busto del fante, asportato all’indomani della caduta del fascismo, perché la sua immagine rimandava all’effigie del Duce. Il busto fu conservato nella sede del comando dei Vigili Urbani e agli inizi degli anni ’50 fu riesumato e collocato nella contrada di Montursi, a ricordo del Milite Ignoto e di tutti quelli caduti in guerra. Il monumento è protetto da una recinzione in ferro.
Il prof. Giovanni Carano Donvito nella Monografia settima del volume “Storia di Gioia dal Colle” su Giuseppe Masi così scrive:
Nato a Gioia del Colle il 9 maggio 1879, ancora adolescente palesò una spiccata, vivacissima abilità nel maneggiare l’argilla, ritratti, animali, statuette con finezza di osservazione e di costruzione. Non avendo la sua famiglia possibilità di indirizzarlo agli studi, l’Amministrazione Comunale, come abbiamo visto, lo inviò a proprie spese a compiere gli studi presso l’Accademia delle Belle Arti di Firenze. Le sue spontanee qualità di artista si rivelarono ben presto con impeto e forza, facendolo primeggiare accanto ad una eletta schiera di compagni e di amici, come Graziosi, Soffici, Gemignani, Vinzio, G. Cosetti ed altri. L’artista tarantino, Antonio Bortone, lo ebbe tra i suoi allievi più prediletti e lo volle nel suo studio.
Dopo gli studi fiorentini, ritornò a Gioia, dove fra le ristrettezze economiche iniziò la sua attività artistica. Nonostante che egli rifuggisse da ogni ostentazione, tanto da non firmare quasi mai le sue opere, fu ben presto conosciuto per il suo stile personale e per le sue ottime qualità di artista. I suoi lavori, statue, busti, tumuli, targhe onorarie, cappelle funerarie troviamo sparse in varie parti d’Italia, come a Napoli, a Firenze, a Giulianova d’Abruzzi, a Bari, a Monopoli, a Spinazzola, a Bisceglie, a Gravina di Puglia, a Bitetto, a Grumo, a Pisticci, a Massafra. Ricorderemo inoltre il Monumento nell’Aeroporto di Grottaglie, a ricordo dell’equipaggio dell’aeronave “A I”, perdutasi in azione di guerra nel 1918.
Dove maggiormente svolse la sua attività fu nella città di Taranto. Qui ricorderemo le due erme di Pitagora e di Archita nel giardino del Peripato, la targa commemorativa in onore del 9° Regg. Fant. nella Caserma Rossarol, un busto di re Vittorio Emanuele 3°, uno stupendo ed espressivo ritratto del padre dell’on. Magnini, un ritratto, modellato con grazia ellenica, della poetessa Maria Magnini-Tamborrini, il “Trofeo degli Angeli” sull’altare maggiore del Santuario della Madonna della Salute. Diverse sue opere si trovano poi nel cimitero di Taranto.
In una esposizione nel salone della Biblioteca Acclavio di Taranto nell’ottobre del 1926 presentò un centinaio di riproduzioni di terrecotte greco-romane. Riscosse allora dalla critica e da quanti si avvicinarono ad ammirare quei suoi lavori, pieni di sapiente gusto e di squisita delicatezza, unanimi consensi e vivissimo successo.
Quando improvvisamente scomparve il 15 febbraio 1939, Giuseppe Masi aveva conquistato nella scultura pugliese un posto ben distinto.
Lo scultore Giuseppe Masi, insieme ad altri artisti che gravitavano intorno alla Scuola Popolare di Disegno e Calligrafia di Gioia: Gennaro Minei, Enrico Castellaneta, Giuseppe Iacobellis e Francesco Romano, costituisce una pattuglia di artisti che, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, hanno onorato Gioia nel campo della pittura e della scultura. Essi organizzarono, quasi annualmente, delle Mostre delle migliori realizzazioni degli alunni della Scuola, inserite nell’ambito della più ampia Mostra artistica, industriale ed agricola gioiese.
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2 Settembre 2020