Le ‘grave’ a Gioia

Il territorio di Gioia, di forma irregolare, simile ad un pesce, quasi a ricordare che un tempo era ricoperta da acque marine, come  si evince da fossili marini presenti nei sedimenti rocciosi, appartiene alla cosiddetta zona dell’Alta Murgia e presenta caratteri climatici e morfologici propri. Dal punto di vista della struttura geologica il territorio appartiene […]

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Pianta di Gioia a forma di pesce con l’indicazione di laghi e lame

Il territorio di Gioia, di forma irregolare, simile ad un pesce, quasi a ricordare che un tempo era ricoperta da acque marine, come  si evince da fossili marini presenti nei sedimenti rocciosi, appartiene alla cosiddetta zona dell’Alta Murgia e presenta caratteri climatici e morfologici propri.

Dal punto di vista della struttura geologica il territorio appartiene al cretacico con formazioni calcaree per l’85%, tufacee per il 13% e sabbie gialle per il 2%.

La natura pianeggiante o collinare del nostro territorio, unitamente al fenomeno carsico determina la mancanza di corsi d’acqua superficiali. Questa mancanza è accentuata dalla presenza di numerosi voragini o inghiottitoi che nel gergo locale sono noti come ‘gravi’.Le acque pluviali, infatti, a causa del terreno carsico vengono assorbite dal suolo e convogliate nel sottosuolo per alimentare le falde freatiche, dalle quali gli abitanti delle antiche abitazioni monofamiliari attingevano, attraverso pozzi appositamente scavati, l’acqua per gli usi domesti.

Feudo della Tufara con il Lago Magno e il lago Savino

Nei periodi di piogge insistenti e copiose le acque piovane che dall’altopiano delle Murge scendevano a valle, attraversando il nostro territorio, spesso creavano dannosi allagamenti o paludi stagnanti, come quella denominata Palude Magna.

Fortunatamente la presenza di numerosi inghiottitoi svolgeva la funzione di incanalare le acque piovane  nelle loro cavità dove si alimentavano le falde freatiche dalle quali, per mezzo di  norie o con altri congegni meccanici, i contadini la attingevano per irrigare le colture agricole e per gli utilizzi nell’ambito zootecnico.

Tra questi inghiottitoi ricordiamo la grave detta Capivento in via Vallata, a circa due chilometri dal paese, la grave del Basso Gaudella a circa 5 chilometri a SE di Gioia, la grave di Bassomonte a meno di 2 chilometri a nord-est di Gioia, la grave di Frassineto a circa 5,5 chilometri a nord-est di Gioia, la grave di Vallata a sud-est di Gioia, a circa 12 chilometri dall’abitato, la grave di Vallone della Silica,  a sud ovest di Gioia ai piedi di Murgia Fragennaro ai confini con il Comune di Laterza.

Un inghiottitoio di nome S. Maria prende la denominazione dall’omonima masseria a qualche chilometro a sud est di Gioia, mentre un altro inghiottitoio è ubicato nei pressi di masseria S. Francesco a sud ovest di Gioia, ai confini con il Comune di Castellaneta.

La grave di Terrevole, recintata

Una grave molto conosciuta, ubicata lungo la ‘Via della Porta Rossa’, a circa un chilometro di distanza a nord est di Gioia, denominata Terrevole, dal nome dell’omonima contrada, è stata utilizzata fino a qualche decennio fa per convogliarvi le acque provenienti dalla fognatura cittadina e per accogliere al suo interno anche le acque pluviali che, durante le copiose e abbondanti piogge, scendono dall’Alta Murgia  attraverso le numerose lame locali, creando veri e propri torrenti che si ingrossavano e che rischiavano di allagare le nostre campagne.

Tra le lame presenti in passato nel nostro territorio vanno ricordate lama Frascella, lama S. Giorgio, lama di Piesco, lama dei Preti, lama delle Vigne. Di alcune di esse si è perso il ricordo, sia per la mancanza di piogge consistenti e il consequente proliferare di erbe e arbusti nel letto di tali torrenti, sia per l’utilizzo delle stesse per uso agricolo o  per essere state sbarrate con muretti a secco per delimitare i confini di una proprietà.

È da segnalare che il Consiglio comunale di Gioia il 26 novembre 1906 delibera sui lavori per incanalare le acque della via Monte Sannace e della conduttura Pozzoronco che si riversano sulla via della Madonna fino alla grave di Terrevole. Il 14 aprile 1931 il Consiglio comunale delibera lavori aggiunti per la costruzione della fognatura, progetto dell’ing. Filippo De Bellis, per sistemare la grave di Terrevole e il successivo 25 settembre approva il regolamento per le immissioni private nella fognatura.

Le conseguenze della cattiva gestione del territorio ha fatto sentire più volte le sue conseguenze nel nostro paese. Proprio da una di queste lame, quella denominata lama Frascella, ad ovest di Gioia nei pressi della ex sede della Coop, nel settembre del 2006, a causa di una intensa perturbazione atmosferica caratterizzata da forti rovesci e temporali con precipitazioni piovose superiori ai consueti livelli, che investirono il nostro Comune, unitamente alle precipitazioni provenienti dalla Murgia occidentale, che si convogliavano nella suddetta lama, Gioia subì vasti allagamenti che interessarono non solo vaste aree di terreni nella zona agricola e i relativi caseggiati, ma anche edifici privati e pubblici del nostro paese, causando interruzioni nell’erogazione di energia elettrica e di acqua potabile.

Le normative vigenti non consentono più di convogliare direttamente le acque di fogna nel sottosuolo attraverso gravi o inghiottitoi per non inquinare le falde sotterranee.

Solo dopo la fase di depurazione le acque potrebbero essere versate nel sottosuolo, ma con la minore disponibilità di acque, a causa della scarsità di precipitazioni a cui in questi ultimi decenni andiamo incontro, dopo averle depurate sarebbe un delitto non utilizzarle in agricoltura o in attività collegate alla zootecnia.

Nel 1919 l’ingegnere Giovanni Milano compilò e pubblicò un progetto inerente la costruzione di un serbatoio collettore, della capacità di circa due milioni di metri cubi, la cui acqua sarebbe stata utilizzata per scopi irrigui o zootecnici.

Vista dall’alto dell’invaso di via Pavoncelli, in stato di abbandono

Negli anni ’80 nella zona ad ovest di Gioia, in prossimità di via vicinale Pavoncelli, è stata realizzato un grande invaso di raccolta di acqua piovana, che sarebbe dovuto servire per distribuire il prezioso liquido per irrigazione delle colture ortofrutticole del territorio gioiese.

Purtroppo nel momento in cui si doveva collaudare l’impianto il collettore si svuotò dell’acqua che conteneva; l’impianto, infatti, si disse che, forse inconsapevolmente, era stato costruito sul un capovento, cioè un inghiottitoio che aveva risucchiato tutta l’acqua contenuta nell’invaso.

A distanza di circa un quarantennio non si è ancora concluso il contenzioso tra l’impresa esecutrice dei lavori e l’Ente che avrebbe dovuto gestire l’impianto.

Sempre in tema di acque bisogna ricordare che nel territorio di Gioia un tempo erano presenti dei laghi, tra cui spiccano il Lago Magno o Palude Magna, il lago S. Pietro, il lago Scalcione, il lago Natale, il lago Savino e Pozzoronco. Gran parte di questi laghi, poiché erano causa di malaria, per motivi igienici sono stati bonificati e colmati nella prima metà dell’Ottocento, grazie alla strenua volontà dell’allora sindaco, il dott. Pietro Nicola Favale.

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11 Marzo 2023

  • Scuola di Politica

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