La mozzarella di Gioia del Colle è DOP

È di questi giorni la notizia che la mozzarella di latte vaccino di Gioia del Colle ha ottenuto la DOP (Denominazione di Origine Protetta) con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea. Il percorso per raggiungere questo prestigioso traguardo è stato molto travagliato, in quanto è stato avviato circa dieci anni fa. La richiesta, però, è […]

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Audizione per riconoscimento DOP Mozzarella di Gioia del Colle

È di questi giorni la notizia che la mozzarella di latte vaccino di Gioia del Colle ha ottenuto la DOP (Denominazione di Origine Protetta) con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea.

Il percorso per raggiungere questo prestigioso traguardo è stato molto travagliato, in quanto è stato avviato circa dieci anni fa.

La richiesta, però, è stata formalizzata nel mese di agosto del 2017. Un primo ostacolo nel raggiungimento dell’obiettivo è stato posto dal Consorzio produzione mozzarella di bufala campana, che si opponeva alla denominazione di mozzarella per il prodotto caseario di Gioia del Colle, marchio già utilizzato da quel Consorzio.Il ricorso al TAR è stato rigettato, poiché è stata riconosciuta la legittimità della denominazione di mozzarella di latte vaccino, come richiesto dai produttori gioiesi, in quanto non creava confusione con la mozzarella di bufala campana, ma la diversificava e la connotava in modo corretto e distintivo.

A seguito di questa decisione il Ministero delle Politiche Agricole nel 2019 ha dato corso al successivo iter che prevedeva la trasmissione della richiesta di riconoscimento della DOP alla Unione Europea. Tale richiesta è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Europea il 21 ottobre 2019.

Il cammino verso la conclusione della richiesta sembrava essere giunto al termine, ma occorreva attendere ancora i fatidici 90 giorni, per eventuali opposizioni da parte di qualche Stato membro, perché il provvedimento fosse adottato in via definitiva.

Puntualmente, allo scadere dei termini è stata formalizzata l’opposizione da tre importanti Consorzi lattiero-caseari caseario tedeschi, tra cui la Bayerland, oltre all’associazione imprenditoriale americana Colonel’s Foods.

I tedeschi, che in Europa detengono ragguardevoli quote di mercato nella produzione   di mozzarelle, sostenevano che il termine mozzarella era generico e già utilizzato in altre 2 denominazioni d’origine tutelate: la Bufala campana DOP e un formaggio che viene chiamato mozzarella, precisamente la Mozzarella STG (Specialità Tradizionale Garantita). Per questo motivo la nuova denominazione avrebbe generato confusione per il consumatore.

Gioia del Colle città federiciana, del vino Primitivo e della mozzarella

La Commissione europea ha chiesto dei chiarimenti al Consorzio pugliese. Il prof. Michele Faccia, referente scientifico dell’iter del disciplinare e docente di Scienze e tecnologie alimentari all’Università di Bari, ha sottolineato che il terzo marchio, quello per la mozzarella gioiese non avrebbe leso gli interessi economici degli altri due. Ha fatto notare che la mozzarella campana e quella pugliese sono differenti, non solo per l’utilizzo di due diversi tipi di latte, uno vaccino e l’altro di bufala, ma anche per il disciplinare approvato per la mozzarella di Gioia, che prevede vincoli qualitativi particolari che la contraddistinguono da prodotti similari. Il disciplinare, infatti, evidenzia che nella produzione della mozzarella di Gioia del Colle si utilizza solo latte fresco intero bovino, di produzione locale, senza far ricorso ad alcun conservante, ma servendosi dell’innesto di sieri artigianali autoctoni.

I bovini  da cui si attinge il latte devono essere mantenuti al pascolo obbligatoriamente per un minimo di 150 giorni all’anno e devono essere nutriti con una dieta specifica, in modo tale da ottenere un latte ricco di elementi vegetali, grassi insaturi, vitamine, che gli conferiscono un gusto particolare ed unico.

A differenza di quello di bufala, il disciplinare di produzione della mozzarella di Gioia prevede che questa abbia un peso che varia dai 50 grammi al chilo,  che sia a forma di treccia, di nodino o sia  la classica tonda, ed abbia una consistenza più compatta ed elastica rispetto a quella di bufala. Inoltre la “pelle” di quella vaccina è molto sottile, contrariamente a quella di bufala. La salatura del prodotto, secondo la tradizione della produzione di bufala, si ottiene con immersione nella salamoia, mentre secondo la tradizione vaccina la salatura avviene prima della filatura, la quale viene eseguita in acqua bollente e successivamente in acqua fredda per ottenere l’effetto rassodamento del prodotto finale.  Anche il gusto  differenzia i due prodotti: la mozzarella di bufala risulta più acidula, quella vaccina ha un gusto più dolce e delicato, con fuoriuscita di siero color bianco, come fosse latte, caratteristica che la porta ad essere chiamata anche ‘fior di latte’.

Tutti questi chiarimenti e precisazioni hanno posto fine alla diatriba e sugellato la concessione della DOP alla mozzarella di Gioia del Colle.

Così come per la DOP del Primitivo di Gioia anche questa DOP varca i confini comunali e abbraccia un vasto comprensorio. Il territorio della DOP  mozzarella di Gioia del Colle, infatti, comprende 16 comuni della provincia di Bari, 6 di Taranto alcuni della provincia di Matera.

Un risultato, quello raggiunto in questi giorni, che si va a sommare all’altra DOP tipica del nostro territorio: la DOP del Vino Primitivo di Gioia del Colle.

È questo il riconoscimento della giusta primogenitura gioiese nella tradizionale lavorazione casearia della mozzarella, attiva a Gioia sin dalla fine dell’Ottocento, allorquando la razza bovina Podolica fu sostituita con quella Bruno-alpina, più generosa nella produzione di latte.

Antico premiato caseificio dei fratelli Orazio e Clemente Milano, in Via Roma

A testimonianza della longevità di questa produzione ci rimangono alcune fotografie del passato, che ci ricordano che i produttori agricoli Orazio e Clemente Milano agli inizi del 1900 aprirono un caseificio in Via Roma, in quel sito che oggi è ricordato come Villino Tateo.

Con questo riconoscimento, in Italia salgono a 656 i prodotti alimentari a Denominazione di Origine Protetta (DOP). 780 sono i prodotti a Indicazione Geografica Protetta (IGP) e 64 le Specialità Tradizionali Garantite (STG).

Un bel traguardo per una nazione, come la nostra, che, pur mantenendo il settimo posto tra i Paesi più industrializzati al mondo, affonda le sue radici nella vocazione agricola del suo territorio.

La riscoperta di queste radici e il ritorno alle nostre tradizioni e alla valorizzazione della nostra cultura  e dei nostri prodotti sono le armi vincenti nell’attuale società caratterizzata, per alcuni versi, dalla riscoperta del  passato,  dalla genuinità dei prodotti alimentari e dei rapporti interpersonali.

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17 Novembre 2020

  • Scuola di Politica

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