La leggenda del Sacro Graal a Gioia del Colle
Non solo nel corso dei secoli passati, ma ancora oggi, sono molte le città si contendono il possesso del Sacro Graal, per attestare la presenza nel loro Comune di un sacro e prezioso oggetto che potrebbe proteggere la popolazione locale e costituire uno stimolo per incrementare l’afflusso turistico e l’economia del paese che ne detiene […]
Non solo nel corso dei secoli passati, ma ancora oggi, sono molte le città si contendono il possesso del Sacro Graal, per attestare la presenza nel loro Comune di un sacro e prezioso oggetto che potrebbe proteggere la popolazione locale e costituire uno stimolo per incrementare l’afflusso turistico e l’economia del paese che ne detiene il possesso.
La definitiva scomparsa della popolazione locale da Monte Sannace, intorno al secolo X, la formazione del primo nucleo cittadino gioiese da parte dei bizantini, la scelta del patrono nella persona di Santa Sofia, anch’ella di provenienza bizantina, l’essere stata Gioia una delle vie che avrebbe consentito a pellegrini e crociati di recarsi in Terra Santa, la storia leggendaria del passaggio da Gioia di San Francesco diretto in Terra Santa e degli apostoli Pietro e Marco dalla Terra Santa a Roma, hanno alimentato supposizioni e altre leggende circa il trasferimento in Puglia, e in particolare a Gioia, di alcuni oggetti sacri, legati alla vita di Gesù, tra cui il Sacro Gaal, che avrebbe contenuto il suo Sangue.
Infatti alcuni sostengono che lo stemma del Comune di Gioia del Colle potrebbe avere origine dal Graal, poiché nel nostro caso si tratta di un calice, anche se pieno di gioie, elemento aggiunto quasi a giustificare la spiegazione del toponimo Gioia.Tra questi va ricordato il pittore contemporaneo Sergio Gatti, il quale, dopo aver fatto degli studi e delle ricerche, ha dipinto una delle Porte dell’Imperatore nel Centro Storico di Gioia del Colle, precisamente in Via Michele Petrera n. 55, che ha intitolato ‘ Collegando il Graal a Gioia del Colle’. Accanto al dipinto, che raffigura su un’anta un’aquila a due teste e sull’altra un calice, è riportata la seguente iscrizione, a firma della studiosa storica gioiese Maria Marmontelli.
Sul pannello a sinistra trionfa il simbolo del potere imperiale: l’aquila coronata bicipete (a due teste), che ghermisce con gli artigli lo scettro e il globo crocifero, simbolo a sua volta del dominio di Cristo (la croce) sul mondo (la sfera). Sul petto dell’aquila Sergio Gatti ha voluto glorificare, avvolgendolo di prestigio imperiale, lo stemma di Gioia del Colle (si tratta di una versione antecedente a quella attuale). È riconoscibile, infatti, l’antica Arma Ioe, scolpita da Johannes de Roccha nel 1480 e oggi conservata a Palazzo San Domenico: inevitabilmente la coppa piena di gioie al centro dell’aquila suggerisce un parallelismo – più semantico che formale – con il Santo Graal sul pannello di destra.
L’analogia tra il nostro originario stemma comunale e il Graal è apparsa stringente, agli occhi dell’artista, dalla lettura del Percival (o Parsifal), scritto da Chrétien de Troyes nel XII secolo: Parsifal, partito alla conquista del rango di cavaliere, durante una sosta presso il castello del Re Pescatore, assiste alla misteriosa apparizione di una processione in cui “un graal entre ses deus mains une damoisele tenoit … (…) De fin or esmereè estoit precieuses pierres avoit el grail de maintes manieres, de plus riches et de plus chieres et de plus chieres de qui en mer ne en terre soient” (traduzione: una damigella teneva un graal tra le sue mani (…). Era fatto di oro puro e, c’erano nel graal molte preziose pietre, le più belle e le più costose che ci siano per terra e per mare).
Coppa piena di gioie da un lato, pietre preziose dall’altro: per Sergio Gatti l’Arma Ioe dialoga con il Graal, descritto nel Parsifal, collegando la nostra città a un destino misterioso.
Di seguito riporto una ricerca del nostro concittadino, l’insegnante Giuseppe Montanarelli.
La leggenda del Sacro Graal a Gioia del Colle.
Il Sacro Graal è il calice usato da Gesù nell’ultima cena con gli Apostoli.
Alcuni storici affermano che il calice utilizzato da Gesù fosse di onice, come quello conservato in Spagna ed appartenente al proprietario della sala, altri invece considerano che fosse di legno e realizzato da San Giuseppe e portato dagli Apostoli nella sala conviviale.
Il Sacro Calice venne utilizzato per contenere il preziosissimo Sangue di Gesù raccolto da San Giovanni Evangelista, da Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo dopo a deposizione dalla Croce.
Il simbolo dello stemma comunale di Gioia del Colle è una coppa simile alla sacra reliquia.
Secondo la leggenda locale, quando San Pietro e San Marco si diressero verso Roma, si fermarono a Gioia del Colle, per riposarsi, affascinati dalla bellezza e salubrità dei luoghi.
I Santi Apostoli evangelizzarono Gioia del Colle, consacrandola alla Madonna. Si narra che portavano anche il tesoro della Chiesa, costituito da preziose reliquie, tra cui il Sacro Calice.
Dopo la conversione San Pietro e San Marco mostrarono ai Gioiesi il Sacro Graal che fu oggetto di pubblica venerazione.
Per timore che le reliquie fossero sottratte, gli Apostoli nascosero il Santo Calice ed il tesoro in un luogo ben protetto tra Monte Sannace e Monte Rotondo.
Infuriando la persecuzione contro i Cristiani ed informate le autorità romane della presenza dei seguaci diretti di Gesù, San Pietro e San Marco furono costretti a fuggire repentinamente, lasciando a Gioia del Colle il tesoro ecclesiastico ed il prezioso calice.
I Gioiesi cercarono affannosamente di recuperare il tesoro, ma invano, non riuscirono a trovare nulla.
Sapendo che il Sacro Calice era comunque rimasto a Gioia del Colle, furono ugualmente felici perché in questo modo la città avrebbe custodito per sempre il prezioso calice.
Per questo motivo i Gioiesi vollero ricordare l’evento, scegliendo come simbolo e stemma cittadino il calice e quindi la coppa che ricordava il tesoro o i gioielli della Chiesa.
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29 Aprile 2021