Il notaio Donatantonio Taranto

La famiglia Taranto ha dato tanti personaggi importanti per la storia di Gioia. Uno di questi è sicuramente il notaio Donatantonio Taranto. Notizie storiche su questo cittadino gioiese le attingiamo sia dai Discorsi di alcuni suoi amici, tra cui l’avv. Leonardo Prisciantelli, l’avvocato Saverio Papalia e cittadini gioiesi come l’avvocato Berardino Bruno, il cav. Daniele […]

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Il notaio Donatantonio Taranto

La famiglia Taranto ha dato tanti personaggi importanti per la storia di Gioia.

Uno di questi è sicuramente il notaio Donatantonio Taranto.

Notizie storiche su questo cittadino gioiese le attingiamo sia dai Discorsi di alcuni suoi amici, tra cui l’avv. Leonardo Prisciantelli, l’avvocato Saverio Papalia e cittadini gioiesi come l’avvocato Berardino Bruno, il cav. Daniele Eramo, l’allora sindaco comm. Marcellino Cassano, il dott. Angelo Diomede, raccolte nel volume commemorativo Onoranze Funebri ad Antonio Taranto, ma anche dagli atti presenti nell’Archivio storico del Comune di Gioia del Colle.

Il Taranto nacque a Gioia del Colle il 17 maggio 1818 da modesti genitori: Adriano Taranto e Maria Nicola Palmisano. Essi, avendo notato una spiccata intelligenza e propensione per lo studio da parte del figlio Antonio, o meglio Donato Antonio, gli offrirono i mezzi necessari per garantirgli una buona istruzione ed educazione.I risultati che Antonio ottenne nel corso dei suoi studi ripagarono ampiamente la fiducia riposta in lui dai genitori. Infatti dopo aver seguito gli studi di Lettere e Filosofia in Istituti scolastici della Provincia, completò a Napoli quelli in Scienze Giuridiche. Successivamente si laureò in Diritto penale e civile e, poco più che ventenne, per i suoi titoli, con Regio Decreto conseguì l’ufficio di Notaio a Gioia.

Esercitò tale professione per circa un cinquantennio, sempre godendo della stima e della fiducia di clienti e colleghi, a tal punto da ricoprire per lungo tempo la carica di Consigliere e Vice Presidente del Consiglio Notarile di Bari.

Filo-mazziniano, fu un fervido patriota e martire della nascente Italia. Per le sue idee di libertà e di democrazia fu considerato attendibile politico e perciò arrestato dalla polizia borbonica.

Il 4 ottobre 1855 fu deportato ad Altamura, insieme ai concittadini Tommaso Giordani e Vito Prisciantelli, in attesa di giudizio. Sfidando qualche rappresaglia, per la presenza della polizia borbonica, al passaggio della carrozza che trasportava Taranto, Giordani e Prisciantelli e della scorta, un gran numero di cittadini gioiesi, a capo scoperto in segno di stima e di rispetto per il Taranto, fece ala al loro passaggio, quasi ad impedire il proseguimento del convoglio.

Dopo la proclamazione dell’annessione di Gioia alla nuova Italia, così come precedentemente aveva combattuto l’assolutismo borbonico, si oppose anche al brigantaggio, il cui capo, il sergente Pasquale Romano, auspicava il ritorno dei Borboni nel nostro Sud.

Per questa sua fede democratica il 31 luglio 1861, esattamente tre giorni dopo i tragici avvenimenti dell’assalto del Romano a Gioia, venne nominato sindaco del nostro Comune. Mantenne questo incarico per tre anni e sotto il suo sindacato fu definitivamente sconfitto il brigantaggio, sfociato con l’arresto e la morte del sergente Romano.

Nei confronti di molti reazionari, che si erano mostrati inoffensivi, ebbe un atteggiamento non di vendetta, ma di comprensione e di generosità.

Come spesso accade a chi ricopre cariche importanti, l’invidia e la cattiveria di alcuni concittadini che volevano oscurare la sua grandezza non gli risparmiarono amarezze e delusioni.  Non si fece prendere dallo scoraggiamento, ma proseguiva sulla sua strada ripetendo: Non ho mai fatto male ad alcuno; ho compiuto sempre il mio dovere.

Nel 1865 i principi reali Umberto ed Amedeo di Savoia vennero a Gioia e il Taranto dopo averli ricevuti ebbe l’onore di accompagnarli a Taranto, loro successiva meta.

Morì all’età di 74 anni il 31 marzo 1892. La sua dipartita suscitò vivo cordoglio non solo a Gioia, ma anche nell’intera Provincia. Gli furono tributate solenni onoranze funebri.

All’intero Consiglio comunale l’amico consigliere, dott. Angelo Diomede, pronunciò il seguente discorso: Molti passarono o circonfusi dall’urna della gloria, o occupando più largo posto; molti passarono ammirati o temuti, ma Antonio Taranto passò rispettato e amato. Non del pubblico ufficiale, che, compiendo religiosamente il proprio dovere professionale, si guadagnò un tesoro di generale fiducia, sibbene noi deploriamo la perdita del forte carattere vissuto e morto – onore a Lui! Avvolto nella propria bandiera. È l’esempio di una vita operosissima, di laboriosità fenomenale, che, roso dagli anni, ha raddoppiato di attività, onde impiegare sempre utilmente tutta l’intera giornata a Lui concessa dal destino: è la mano generosa fino alla prodigalità, che ci viene a mancare.

Ed ecco perché innanzi alle sue estreme reliquie si sono abbassate le armi di partito; ecco perché è passato avanti, e passando ha lasciato a ciascuno la nobile ambizione di poter essere un giorno compianto come lui. E da quella fossa che sta per chiudersi viene ancora un insegnamento, che non dev’essere perduto: custodiamo i forti ideali che ci portano in alto; e custodiamoli tanto più gelosamente, quanto più i custodi migliori se ne vanno.

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11 Febbraio 2021

  • Scuola di Politica

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