Il Cristo Crocifisso nella Chiesa di Sant’Antonio a Gioia
La Chiesa di Sant’Antonio è nota anche come Chiesa del SS. Crocifisso, ricorrenza che un tempo si festeggiava solennemente con luminarie e banda ed ora si solennizza il 14 settembre di ogni anno, in modo meno mondano e con un più sentito spirito religioso, nel giorno che la Chiesa dedica all’Esaltazione della S. Croce. A […]
La Chiesa di Sant’Antonio è nota anche come Chiesa del SS. Crocifisso, ricorrenza che un tempo si festeggiava solennemente con luminarie e banda ed ora si solennizza il 14 settembre di ogni anno, in modo meno mondano e con un più sentito spirito religioso, nel giorno che la Chiesa dedica all’Esaltazione della S. Croce.
A testimonianza di tale devozione, sul sagrato della chiesa, nell’angolo nord-ovest è stata eretta una Croce quadrata in pietra, poggiata su una piccola e ornamentale colonna irregolare, che si innalza su un basamento quadrangolare degradante verso l’alto, a forma di ara, sempre in pietra.
La Croce è rivolta in direzione nord, guarda cioè verso il “centro” del paese, come per metterlo sotto la sua protezione.
Molti emigrati gioiesi che risiedono in America continuano a tener desto il legame con la nostra città ed in particolare la venerazione per il SS. Crocifisso, con offerte volte a solennizzare degnamente questa festa e per questo il 14 settembre una delle SS. Messe viene celebrata in suffragio dei benefattori gioiesi morti in America.
La denominazione, data da parte del popolo gioiese, di Chiesa del Crocifisso trova origine e motivazione dal fatto che sul secondo altare di destra dell’edificio sacro è presente un Cristo Crocifisso ligneo, di circa mt. 1,70 di altezza, racchiuso in una teca, la cui festa si solennizza il 14 settembre.Caratteristica di questo Crocifisso è il volto, che, a secondo del punto di osservazione, presenta tre diverse espressioni: se è visto di fronte presenta il Cristo agonizzante, da destra mostra il volto di Cristo sofferente e da sinistra appare il volto di Cristo morto.
Una leggenda narra che l’artista che lo eseguì nel 1696, fra Angelo da Pietrafitta, vide animarsi l’immagine di Cristo, che sorridendo gli disse: Dove mi hai visto? Mi hai fatto come io ero! L’artista, quindi, lasciò cadere lo scalpello e morì al colmo della gioia.
L’opera, al pari degli altri dipinti, non viene citata da padre Bonaventura da Lama nella Cronica de’ Minori Osservanti Riformati della Provincia di S. Nicolò, nella parte riguardante il XXVII Convento fondato da’ Riformati, quello di S. Antonio della Terra di Gioja, l’anno 1633. La Santa Immagine viene genericamente rammentata in un successivo passo della Cronica.
L’opera è attribuita a fra Angelo da Pietrafitta, il quale, dopo aver scolpito il Calvario francescano nella Chiesa minoritica di Castellaneta, si fermò a Gioia, dove scolpì il Crocifisso intorno al 1696.
Fra Angelo è nato presumibilmente nel 1640 e morto nel 1699, esattamente tre anni dopo aver scolpito il Crocifisso gioiese.
Il Crocifisso ha subito una serie di restauri, non sempre fedeli all’impianto originario.
Nel 2012 si è concluso l’ultimo restauro del Crocifisso, che il 16 giugno è ritornato nella sua naturale sede, la Chiesa di Sant’Antonio, per essere festeggiato con una solenne processione che è partita dalla Chiesa dell’Immacolata di Lourdes, parrocchia da cui dipende la Chiesa dei Riformati, dove era stata riconsegnata l’opera al termine dei lavori.
Per evitare traumi cinetici alla Statua, come suggerito dalla restauratrice, dott.ssa Maria Gaetana Di Capua, il Crocifisso è stato portato in processione in posizione semiorizzontale.
È stato riposizionato nella nicchia presente sul secondo altare destro della Chiesa, già protetto da una cornice di legno intagliato, opera dello scultore gioiese Giuseppe Vinci, decorato in oro dal maestro gioiese Filippo Dentico, con chiusura in cristallo.
In occasione del restauro della statua è stato possibile osservare un particolare sconosciuto a molti fedeli: sulla spalla del Crocifisso era presente una piaga, che secondo l’artista doveva essersi formata sul corpo di Gesù a causa del peso e dello strofinio causato dalla croce; questo elemento, sconosciuto a molti, costituisce una caratteristica dei numerosi Crocifissi scolpiti da fra Angelo da Pietrafitta.
Probabilmente la leggenda della morte dello scultore fra Angelo da Pietrafitta, che rimane nel campo delle leggende, sta a dimostrare l’amore e la fede che spinse l’autore a scolpire il Crocifisso; la piaga inserita sulla spalla potrebbe costituire per lui la condivisione del dolore di Gesù trafitto sul Calvario, così come si è verificato con le stimmate per Padre Pio.
Il restauro, come ha affermato la restauratrice, al momento della riconsegna del Crocifisso, ha messo in luce altri particolari costruttivi e pittorici dell’opera. Innanzitutto attraverso il restauro scopriamo cosa ha subito un’opera devozionale, scrutiamo nella pellicola pittorica, negli strati e, talvolta, scopriamo proprio attraverso gli interventi conservativi quanto i fedeli tenessero al manufatto.
È una eccezionale opera scultorea di grandezza naturale e molto suggestiva, con occhi semiaperti, capo reclinato, ferite e livore particolarmente realistici. Il primo intervento di restauro risale al Settecento, a conferma che la statua era oggetto di forte devozione. Questo primo restauro fu integrale, in quanto interessò volto, braccia ed arti inferiori. Sulla scultura, composta da quattro innesti lignei ben uniti, è visibile un taglio all’attacco delle braccia. Il torace risulta essere stato ristuccato e ricompattato nell’Ottocento. Vittima dei tarli, che hanno invaso sia il bacino che il perizoma, causando gravi danni, anche la colonna vertebrale, anch’essa insanguinata, che è stata scolpita mettendo in rilievo le vertebre. Il più recente restauro risale al secolo XX.
Sono stati usati colori ad olio precari che hanno alterato le cromie sottostanti, reinterpretando le sgocciolature di sangue. Lo strato ottocentesco ha rivelato un colore verdognolo diffuso su volto, arti e sgocciolature di cera per simulare i fiotti di sangue.
Senza gli interventi conservativi adottati in passato con mezzi di fortuna, anche se non sempre corretti, forse l’opera sarebbe andata irrimediabilmente perduta.
Il violento attacco dei tarli e le bruciature causate dall’illuminazione delle candele hanno lasciato solo alcune isole di colore originale; da qui la difficoltà oggettiva riscontrata nel recupero.
Dopo aver asportato sudiciume, vernice e pulviscolo, abbiamo ritrovato i colori seicenteschi sotto svariati strati pittorici.
A memoria d’uomo il Crocifisso era rimasto nella sua teca dal 1933 sia per evitare rotture a causa dei numerosi tarli, sia per non esporlo all’azione distruttiva di eventi climatici. In passato, infatti, soprattutto in periodi di siccità o di scarsezza di raccolti, la popolazione gioiese era solita portare in processione per le vie cittadine il Crocifisso per impetrare la pioggia e buoni raccolti. Alcuni anziani riferiscono che in quell’anno e in quelli precedenti in cui il Crocifisso veniva portato in processione, le preghiere incessanti del popolo, per ottenere la benefica pioggia che garantisse un buon raccolto, venivano esaudite tempestivamente, ma la statua andava incontro ad un progressivo deterioramento a causa degli abbondanti acquazzoni che si verificavano durante il sacro rito.
Alcune foto degli anni dieci del secolo scorso sono la testimonianza vivente di tale pratica religiosa.
Di seguito una ricerca del nostro concittadino, l’insegnante Giuseppe Montanarelli.
L’Esaltazione della Santa Croce. 14 Settembre.
La festa in onore della Croce di Gesù venne celebrata per la prima volta nel 335 d. C. , in occasione della dedicazione delle due basiliche costantiniane di Gerusalemme, quella del Martirio sul Golgota e quella della Resurrezione al Santo Sepolcro. Con il termine di “Esaltazione” la festa passò anche in Occidente e, a partire dal VII secolo, essa voleva commemorare il riscatto della preziosa reliquia, fatta dall’imperatore d’Oriente Eraclio I nel 628 d. C. dalle mani del re dei Persiani.
La glorificazione di Cristo passa attraverso il supplizio della Croce e l’antitesi sofferenza-glorificazione diventa fondamentale nella Storia della Redenzione: Gesù si sottomette volontariamente all’umiliante condizione di schiavo e l’infamante supplizio viene tramutato in gloria imperitura.
La Croce, innalzata al centro della vita cristiana, è simbolo del trionfo d’Amore.
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14 Settembre 2020