Giuseppe Tommaso Losapio

Nella famiglia Losapio il rappresentante più noto è l’abate Francesco Paolo Losapio, benefattore al quale è intitolato il cosiddetto “Legato Losapio” con il quale lasciava i suoi averi al Comune di Gioia per l’istituzione di una Biblioteca e di tre classi ginnasiali. L’abate Losapio è anche noto per aver partecipato alle tristi vicende dei Martiri […]

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Il “Quadro istorico-poetico sulle vicende di Gioia del Colle in Bari detta anche Livia” dell’abate Francesco Paolo Losapio

Nella famiglia Losapio il rappresentante più noto è l’abate Francesco Paolo Losapio, benefattore al quale è intitolato il cosiddetto “Legato Losapio” con il quale lasciava i suoi averi al Comune di Gioia per l’istituzione di una Biblioteca e di tre classi ginnasiali.

L’abate Losapio è anche noto per aver partecipato alle tristi vicende dei Martiri del 1799 e ai moti Carbonari del 1820. Della famiglia Losapio, però faceva parte anche un altro illustre componente: Giuseppe Tommaso Losapio. Si tratta del fratello minore dell’abate, di indole meno battagliera di Francesco Paolo, che nacque a Gioia il 19 marzo del 1772.

Completavano la famiglia Losapio le sorelle Lucia Maria, Apollonia Maria, Santa Maria e Maria Lucia.

Il loro nonno, Francesco Paolo senior, non appena fu eletto Sindaco di Gioia (1740-41), avendo a cuore le sorti dei gioiesi, avviò la vertenza contro la feudalità, in particolare contro la famiglia De Mari, feudatari di Acquaviva, Gioia e Castellaneta, e nei confronti del Capitolo della Chiesa Madre di Gioia, lotta che fu portata a termine, con le due Decisioni del 3 e del 24 marzo 1810 della Commissione feudale, dal dott. Paolo Losito e dagli abati Francesco Paolo Losapio e Francesco Saverio Indellicati.

Giuseppe Tommaso Losapio dopo aver concluso i suoi primi anni di studio a Gioia sotto la guida del maestro Longo, appartenente all’ordine dei Francescani, continuò il suo percorso scolastico nel seminario di Oria sotto la guida di dotti e insigni maestri. Seguì con profitto le lezioni di letteratura, filosofia e matematica e poi si trasferì nel seminario di Taranto, diretto dal celebre Capecelatro, per completare gli studi e la sua preparazione culturale seguendo gli insegnamenti di Scienze fisiche e naturali.La sua aspirazione di acculturarsi nelle scienze giuridiche lo portò a trasferirsi a Matera, dove concluse un primo corso di scienze legali, al termine del quale nel 1792 si trasferì a Napoli per seguire i corsi dei dotti professori Conforti, Pagano e dell’abate Longano.

Si fece subito apprezzare per le sue doti e per la sua conoscenza delle materie apprese tanto che fu bene accolto nella cerchia  degli uomini di vasta preparazione letteraria , scientifica e giuridica, che si riunivano nei circoli culturali di Napoli.

Per le sue idee repubblicane e la sua avversione al dispotismo borbonico fu cacciato da Napoli e fece ritorno a Gioia. Qui, dopo qualche tempo, lo ritroviamo coinvolto, insieme al fratello Francesco Paolo e ad altri repubblicani, nelle vicende del febbraio 1799 che costò la vita ai famosi Martiri ai quali fu dedicato il Monumento ubicato davanti al castello normanno-svevo.

Non subì la tragica fine di quei Martiri perché riuscì a sfuggire alla cattura insieme al fratello e a ripararsi in Francia. Lì resto per due anni, dedicandosi agli studi.

Dopo la firma del trattato di Firenze, cioè dell’accordo di pace firmato da Napoleone Bonaparte e Ferdinando I delle Due Sicilie il 28 marzo 1801, a seguito della vittoria francese nella seconda Campagna d’Italia guidata dal generale corso, può finalmente far ritorno a Gioia, dove viene accolto con grande affetto a causa dell’esilio subito per le sue idee di libertà e di democrazia. Si fa subito notare come benefattore e uomo incline ad andare incontro ai bisogni della povera gente.

Durante il “Decennio Francese” (1806-1815) sia Napoleone che Gioacchino Murat, avendo grande considerazione e fiducia nei suoi confronti per i suoi trascorsi antiborbonici, lo nominano Ispettore dei beni demaniali dello Stato per la provincia di Lecce. Il Losapio esplicò questo compito con giustizia, moderazione e prudenza, tanto da riportare elogi non solo da parte dei sovrani, ma anche dal popolo, che gli consentirono di ottenere altri impegnativi ed importanti incarichi.

Rientrato a Gioia venne incontro ai più deboli e bisognosi elargendo i suoi consigli e anche i suoi averi a chiunque ne avesse bisogno.

Al rientro dei Borboni sul trono delle Due Sicilie subì delle offese da parte di quei governanti per il suo appoggio manifestato verso i napoleonidi e per le sue idee democratiche.

L’abate Francesco Paolo Losapio, fratello di Giuseppe Tommaso

Incurante di essere sfuggito alla morte durante i moti del 1799 Giuseppe Tommaso nel 1820 lo ritroviamo, insieme al fratello Francesco Paolo, iscritto alla “Vendita” di Gioia denominata “La costanza dei Bruti”.

Lo storico Giuseppe De Ninno nel suo libro “La setta dei Carbonari in terra di Bari” parlando di lui così scrive: Il Losapio era ardente Carbonaro, conosciuto pe il suo patriottismo disinteressato e il fervido sentimento di libertà, per cui dopo il 1799 era stato costretto ad esulare in Francia, e, tornato in patria, aveva sofferto ingiurie e persecuzioni durante il periodo della restaurazione borbonica.

Nel 1820, benché, come lui disse, nulla ambizione nudria,  fu costretto a far parte della Deputazione barese, insieme a Giovanni Fedele Angelini di Putignano, a Raffaele Netti di Santeramo, al marchese di Canneto, Domenico Nicolai e all’arciprete di Molfetta Giuseppe Maria Giovene.

Dalla Regia Accademia dei Lincei.  Commissione per gli Atti delle Assemblee Costituzionali Italiane. Atti del Parlamento delle Due Sicilie 1820-21, pubblicati a Bologna nel 1926, apprendiamo che come membro della Deputazione il Losapio fece parte di una Commissione di 32 Deputati delegati a ricevere il Re il 1° ottobre 1820 per la solenne inaugurazione del Parlamento di Napoli. Il giorno 2 ottobre fu eletto membro della IV Commissione che si occupava di Finanza.

Dopo questa breve esperienza, la sua propensione per la democrazia e per la difesa della libertà del popolo fu motivo ancora una volta per lui di dolori e persecuzioni da parte del governo borbonico.

Fino al 1848, l’anno delle grandi rivoluzioni in Europa e in Italia, non prese più parte attiva alla vita politica, ma dedicò le sue energie e le sue risorse economiche in opere di bene verso i suoi concittadini.

Memore delle sfortunate e dolorose vicende del 1793-94, di quelle del 1799 e delle successive del 1820-21, a cui aveva attivamente partecipato, riuscendo a stento a sfuggire alla morte, ormai maturo, con la saggezza dei suoi 76 anni di età, allorquando scoppiò la rivoluzione del 1848 profuse i suoi sforzi per esortare il popolo alla moderazione e a ponderare saggiamente sul da farsi, per evitare inutili eccidi e una ulteriore delusione dopo le tre precedenti che lui aveva patito.

Morì a Gioia il 16 agosto 1850 senza poter vedere realizzato il sogno della sua vita: vedere Gioia e il Regno delle Due Sicilie governati da un sovrano illuminato che anteponesse ai propri interessi quello dei cittadini che era chiamato a reggere.

A testimonianza dell’affetto e della considerazione che il popolo gioiese nutriva nei suoi confronti, basta dare uno sguardo alla necrologia del sacerdote G.P. Alla memoria di Giuseppe Tommaso Losapio da Gioia, pubblicata a Bari dalla tipografia Cannone nel 1850, dalla apprendiamo quanto segue: Il suo elogio si leggeva nella bocca e sul viso di tutti. Negli ultimi giorni della sua malattia un grande e vivace tributo di rispetto gli fu reso, che tutti, e nobili e plebei, accorrevano al suo letto; ed, udito il fatale annunzio, lui pianse il poverello, che riceveva il pane quotidiano, lui l’orfanello, lui la vedova sconsolata, lui gli amici, lui tutta quanta la gente in Gioia cape.

A differenza del fratello, l’abate Francesco Paolo, Giuseppe Tommaso non ci ha lasciato né opere né Scritti, ma ciò non ostante tutta la sua vita è come un testamento scritto giorno dopo giorno, in cui sono racchiuse, come un libro prezioso, tutti i suoi pensieri, le sue azioni, il suo impegno a favore della popolazione oppressa dalla monarchia borbonica, tutte le sue virtù e il suo impegno civico ed economico per alleviare le tristi sorti di un popolo oppresso e mortificato da un monarca assoluto.

Con la sua morte si pone fine a tre generazioni della famiglia Losapio a Gioia, ma il loro ricordo rimane per sempre attraverso la vita, la storia e il sacrificio che essi dovettero sopportare per conquistare la libertà e per l’affermazione della democrazia in Italia, nonché per le elargizioni da loro fatte per l’istruzione dei gioiesi e per sconfiggere la miseria e la povertà dei ceti meno abbienti.

Alcune notizie sulla famiglia Losapio e sulla vita di Giuseppe Tommaso Losapio sono state liberamente tratte da una ricerca del prof. Giovanni Carano Donvito “I Losapio di Gioia dal Colle” , dalle Deliberazioni Decurionali del Comune di Gioia e dal testo dell’abate Francesco Paolo Losapio “Quadro istorico-poetico sulle vicende di Gioia in Bari detta anche Livia”.

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23 Febbraio 2024

  • Scuola di Politica

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