Il professore Cesare Svelto

Trenta anni fa, l’8 maggio 1992 veniva a mancare tra di noi un concittadino, il prof. Cesare Svelto, che ha lasciato una traccia luminosa della sua presenza e del suo impegno a favore di Gioia del Colle. Nasce a Gioia il 29 maggio 1908. Completa i suoi studi conseguendo nel 1933 la laurea in Scienze […]

Print Friendly, PDF & Email

Il prof. Cesare Svelto

Trenta anni fa, l’8 maggio 1992 veniva a mancare tra di noi un concittadino, il prof. Cesare Svelto, che ha lasciato una traccia luminosa della sua presenza e del suo impegno a favore di Gioia del Colle.

Nasce a Gioia il 29 maggio 1908. Completa i suoi studi conseguendo nel 1933 la laurea in Scienze Economiche e Commerciali presso l’Istituto Superiore di Scienze Economiche dell’Università di Bari.. Nel 1938 consegue l’abilitazione all’insegnamento della Lingua francese.

Dal 1934 al 1938 ha insegnato Lingua e letteratura francese nel Comune di Maglie. Lì nasce Orazio Svelto nel 1936, che insieme al fratello Vito, nato a Gioia nel 1934 e alla figlia Maria, si affermeranno nel campo scientifico e della ricerca e dell’insegnamento a livello accademico ed internazionale.

Rientrato a Gioia nel 1939 ha continuato ad insegnare Lingua francese fino alla sua andata in pensione nel 1976, dapprima nella Scuola media Losapio e successivamente nel Ginnasio-Liceo P.V. Marone.

Generazioni di studenti sono stati affidati alle sue cure e al suo insegnamento, che ha svolto sempre con generosità e desiderio di far emergere le qualità che ogni alunno possedeva, operando, e non solo dal punto di vista pedagogico, per alcuni versi in modo inconsueto per i suoi tempi.Di statura alta e dalle larghe spalle, a prima vista poteva incutere timore, ma lui cercava di eliminare le barriere che si frapponevano tra docente ed alunni e instaurare un clima sereno per l’apprendimento di tutti, favorendo un rapporto personale con i singoli, che sminuisse la paura per il docente o quella di sbagliare e di meritare una insufficiente valutazione, mirando a guidare, più che a giudicare, con il ricorso anche a dei nomignoli o soprannomi che mettessero in evidenza alcune caratteristiche dei suoi alunni, qualità positive piuttosto che qualità negative, sempre al  fine di agevolare il dialogo e l’apprendimento. In breve metteva in pratica il  compito, o meglio la missione, di un vero educatore: educere, tirar fuori ciò che di buono è presente in ciascuno dei suoi alunni.

Aveva una particolare predilezione per gli alunni meno dotati, verso i quali dedicava le sue cure nell’intento di recuperare  i loro ritardi e superare le loro paure e difficoltà non solo puntando alla conoscenza della lingua francese, ma facendo leva sulle loro esperienze, su episodi della loro vita per tradurli in francese, e parlando di aspetti sociali, di usi, tradizioni della cultura francese, confrontandoli con i nostri, per interessarli in tal modo allo studio e a memorizzare termini francesi. La scuola dunque per lui era veramente una scuola di cultura ed anche una palestra di vita, più che una conoscenza mnemonica di regole e  di nozioni.

Questa sua apertura ai problemi della società e alla vita sociale, non ristretta al campo scolastico, gli veniva non solo dai viaggi che effettuava periodicamente anche in Francia, per conoscere dal vivo ciò che avrebbe profuso nel suo insegnamento, ma anche dalle sue varie esperienze in diversi campi. Infatti proprio per la sua vasta esperienza in diversi settori della vita sociale e culturale, in un periodo molto turbolento nella storia d’Italia, dal 25 marzo a settembre del 1943, è stato nominato Commissario Prefettizio del Comune di Gioia del Colle, incarico che ha svolto con quella saggezza e competenza che sono state continuamente alla base del suo vivere. Erano i mesi contraddistinti dalla guerra, quelli in cui, a causa dell’armistizio, Gioia subì una serie di lutti e danni da parte dei tedeschi in ritirata; in quel periodo si contarono 16 morti tra cui anche una donna e un bambino.

Proprio i  suoi figli ricordano il comportamento tenuto da Cesare Svelto in occasione degli eventi successivi a quel fatidico 8 settembre 1943, così come il padre raccontava loro. I tedeschi presenti a Gioia, sentendosi traditi dagli italiani per il loro voltafaccia, prima di battere in ritirata volevano vendicarsi e per questo avevano in mente di disarmare i militari italiani che avevano il loro quartiere generale nel castello normanno-svevo di Gioia. Con le armi in mano i tedeschi, forse per paura di rappresaglie, pretesero di essere accompagnati al castello dal primo cittadino di Gioia, in questo caso Cesare Svelto che fungeva da Commissario Prefettizio. Durante il percorso da Piazza Plebiscito al castello Cesare Svelto, approfittando della sua conoscenza della lingua francese e di quella inglese, conoscendo l’amore dei tedeschi per l’imperatore svevo Federico II, approfittò per parlare loro del castello, della sua fondazione da parte di Federico II e probabilmente anche della tragica vicenda di Bianca Lancia e di Manfredi, sviando la finalità dei militari, che quasi dimenticarono il loro compito che era quello di disarmare i militari italiani o di vendicarsi del tradimento subito.

Gli ultimi giorni del suo mandato furono contraddistinti dallo scoppio della polveriera presso il campo di aviazione, dal bombardamento del cavalcaferrovia di via Giovanni XXIII, ad opera dei tedeschi e del mancato scoppio di munizioni che erano state caricate su un convoglio ferroviario fermo nella stazione di Gioia, in procinto di partire verso il Nord.

Con l’arrivo degli anglo-americani Cesare Svelto, grazie al suo savoir faire,  riuscì, dopo tante insistenze, a convincere il presidente del  Circolo Unione e cedere loro i locali e proponendogli di utilizzare nel frattempo  un’altra sede, ubicata all’imbocco di via Roma.

Cesare Svelto in una pausa della sua vita di pensionato agricoltore

Si trovò a gestire mesi difficili anche perché la guerra aveva acuito la miseria e molti cittadini si recavano in Comune per chiedere aiuto, soprattutto cibo e lavoro. Si trovò a gestire il razionamento di beni di prima necessità, la distribuzione di tessere annonarie e qualche episodio di violenza a causa della disoccupazione e della fame. Con la caduta di Mussolini toccò a lui il compito di cambiare denominazione ad alcune strade che ricordavano il periodo fascista, come quelle da Viale Littorio a Viale degli Studi (oggi via Celiberti) e da Piazza D’Apolito a Piazza della Croce.

L’equilibrio che contraddistingueva il suo operato e la stima che riscuoteva da parte di amici e conoscenti lo portarono a rivestire il ruolo di membro del Collegio sindacale della Banca Agricola e Industriale di Gioia.

L’insegnamento di Cesare Svelto nei confronti degli alunni, ma anche dei figli era un condensato di severità, di amore e di giovialità. La sua severità nascondeva il suo desiderio di improntare la crescita degli alunni verso i veri valori della vita, verso sani principi, una severità parziale, stemperata da una innata e adorabile dolcezza. Credeva che l’elemento motrice di una sana società fosse il merito e spingeva tutti ad ottenere il massimo per raggiungere gli obiettivi e le mete prefisse con un serio e costante impegno.

Di questi suoi insegnamenti hanno fatto frutto non solo i suoi numerosi alunni, molti dei quali  hanno raggiunto alte realizzazioni in campo professionale, ma anche i figli, che si sono affermati in campo accademico e costituiscono  un vanto per la nostra città.

Quando per limiti d’età, ha interrotto il suo percorso di educatore non si è dedicato alla vita pubblica perché, coerente con la sua formazione e forte dei  valori a cui aveva improntato la sua esistenza, non condivideva la visione politica e sociale del suo tempo, ormai caratterizzata dalla raccomandazione per raggiungere il proprio scopo, dalle conoscenze politiche piuttosto che dal merito, che era l’elemento fondamentale su cui aveva basato la sua vita e il suo insegnamento.

Come in passato aveva fatto Cincinnato, Cesare Svelto si è dedicato, invece, all’agricoltura o meglio alla campagna, a quella dei suoi genitori, tornando quindi alle sue origini familiari. In questo modo oltre ad un ritorno alle sue origini, ad una vita spensierata, genuina, lontano dai rumori e dal caos cittadino, è tornato a respirare profumi e sensazioni di benessere e di pace, riuscendo a colmare il vuoto che i figli avevano lasciato per trasferirsi lontano da Gioia per ricoprire importanti incarichi professionali, conseguiti faticosamente grazie a quel merito che lui aveva sempre inculcato loro.

Conclude il suo percorso terreno a Gioia del Colle l’8 maggio 1992. Al suo funerale era presente una folla immensa: suoi ex studenti, amici, professionisti e anche il gonfalone del Comune, per ricordare  e ringraziarlo per essere stato un tempo a capo dell’Amministrazione comunale. Tutti testimoniavano il loro grazie ad un uomo che, oltre che nella professione, anche in tutte le manifestazioni del suo vivere quotidiano e nei suoi rapporti con qualsiasi persona, aveva lasciato un segno indelebile di onestà, di attaccamento al proprio lavoro, di cordialità e di gioia di vivere, testimoniando con la sua vita i veri valori alla base del vivere civile.

© È consentito l’utilizzo del contenuto di questo articolo per soli fini non commerciali, citando la fonte ed il nome dell’autore.

Print Friendly, PDF & Email

23 Marzo 2022

  • Scuola di Politica

Inserisci qui il tuo Commento

Fai conoscere alla comunità la tua opinione per il post appena letto...

Per inserire un nuovo commento devi effettuare il Connettiti

- Attenzione : Per inserire commenti devi necessariamente essere registrato, se non lo sei la procedura di LOGIN ti consente di poter effettuare la registrazione istantanea.

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.