La famiglia Bernal a Gioia del Colle

La strada che è compresa tra Corso Vittorio Emanuele II, partendo dal palazzo Cassano, adiacente al castello normanno-svevo, e Corso Cavour nel punto in cui è ubicata  la Chiesa di San Rocco, assume la denominazione di Via Bernal. Non viene indicato il nome del titolare della strada perché essa è intitolata alla famiglia Bernal e […]

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Targa che riporta la denominazione Via Bernal

La strada che è compresa tra Corso Vittorio Emanuele II, partendo dal palazzo Cassano, adiacente al castello normanno-svevo, e Corso Cavour nel punto in cui è ubicata  la Chiesa di San Rocco, assume la denominazione di Via Bernal. Non viene indicato il nome del titolare della strada perché essa è intitolata alla famiglia Bernal e non ad un singolo esponente di quel casato.

Si tratta di una famiglia di origine spagnola, stabilitasi a Gioia nel XV secolo, periodo della presenza degli Aragonesi nel nostro Comune, in lotta con gli Angioini per il possesso del nostro territorio.

Della famiglia Bernal vanno citati: Diego, Alonzo e Antonio Cataldo per il ruolo da loro svolto nel nostro Comune.Il dott. Diego Bernal lo ritroviamo alla guida di Gioia, in qualità di sindaco, dal 1645 al 1647.

Alonzo o Agostino o Alfonso Bernal, come viene spesso ricordato, rivestì la carica di arciprete di Gioia dal 1623 fino alla sua morte, avvenuta nel 1656, all’età di circa 70 anni. Don Antonio Cataldo Bernal, nipote del precedente, fu anche lui arciprete di Gioia.

Dei Bernal hanno parlato sia l’abate Francesco Paolo Losapio che il Garruba.

In particolare il Losapio al termine dei sei Canti del Quadro istorico-poetico sulle vicende di Gioia in Bari detta anche Livia, pubblicato a Palermo nel 1834, inserisce una Galleria, in sonetti, di ritratti storico-poetici degli Arcipreti della Collegiata insigne di Gioja in Bari.

Nella Galleria IX il Losapio inserisce l’Arciprete dott. D. Alonzo Bernal I. Così  su di lui si esprime in due quartine e due terzine:

Alla sola pietade ed alla scienza / Che de’ santi si appella, il nostro Alonzo / La condotta accoppiava e la prudenza, / E mostrava talor petto di bronzo.  

Sul picciol clero avea gran providenza, / Chierico, minorista, oppure intonzo, / Sapendo, che pur ciò fa in avvertenza / Al Lama, al Druido, al Tacnino, al Bonzo.

Come sperar di buon ministri il ceto / Senza formar gli adepti, ossia gli alunni, / Che son del sacro tempio il bel laureto?

Non così oggi, che tra Sciti ed Unni / Siam ricaduti, e non vi è più divieto / D’ignoranti, viziosi ed importuni. (*)

(*) Il dottor don Alonzo Bernal nacque a Gioja nel 15…. e morì nel 1656. Fu successore di Sirifoli nell’anno stesso della morte del medesimo, seguita nel 1623. La famiglia Bernal originaria di Spagna venne in regno sotto la dinastia aragonese e si stabilì a Gioja. Nella biblioteca ispana si fa lodevole menzione di una tal Beatrice Bernal celebre romanziera; di un tal fra Filippo Bernal scrittore delle sentenze di S. Tommaso, e di un tal Ferdinando Bernal che scrisse il Florisco, chiamato il Cavaliere del Deserto, romanzo paragonabile a quello di Beatrice intitolato Don Cristallian di Spagna, principe di Trebiconta.

Il nostro arciprete fu eminente nella pietà, nella scienza dei santi e nella dottrina. Arciprete, teologo e dottore dell’una e dell’altra legge, meritò nel sinodo Diocesano da monsignor Gesualdo alla pagina 53 il carattere di giudice sinodale. Le sue cure pastorali furono indefesse per lo spirituale e temporale della sua chiesa, e specialmente per avere un ottimo semenzajo di novizii e chierici, per divenire un giorno ottimi sacerdoti ed ecclesiastici in ogni genere. Esistono di lui nell’archivio cinque inventarii fatti dal 1623 al 1655 sugli stabili e sui censi, ed annue rendite; altri quattro dal 1624 sino al suddetto anno 1655. Invano era stato conchiuso dal capitolo sin dal 12 aprile del 1587 di rinnovarsi gl’ inventarii dall’arciprete Polangelo, ed a’ 4 agosto 1619 fu ripetuto invano sotto Sirifoli la confezione di suddetti inventarii da mandarsene copie in Roma, giusta gli ordini ripetuti de’ sommi pontefici. Bernal solo superò e vinse tutti gli ostacoli. Nel 1632 in occasione della santa visita promosse i decreti e le ordinanze ecclesiastiche, affinché i canonici della sua chiesa sotto le pene minacciate dalle costituzioni sinodali, vestissero e deferissero le insegne ed almuzie nel coro, nelle processioni, ed in tutte le altre sacre funzioni. Fu quindi a sua istanza pubblicato rigorosissimo decreto a 3 novembre suddetto anno 1632 da monsignor Ascanio Gesualdo arcivescovo di Bari. Fu in tal’ epoca accampata una solenne informazione su l’insigne collegiata di Gioja, ed in quel processo dové rimanere inscritto l’original privilegio dell’erezione in titolo del collegio; giacché nell’archivio della chiesa manca un tal pregevole monumento.

Giulio Cesare Carpaccio nel suo Secretariato lo definisce nobile e letterato e ricorda che, essendo valente nell’archeologica greca e latina, gli chiese qualche chiarimento circa alcuni vasi antichi che il Bernal aveva fatto dissotterrare nella zona archeologica di Monte Sannace.

Via Bernal, tra Corso Vittorio Emanuele e Corso Cavour

Nella Galleria X il Losapio inserisce l’Arciprete D. Antonio Bernal II, traslocato poscia in Acquaviva. Il Losapio in due quartine e tre terzine in versi dice:

Acquaviva ti accheta. Invan pretendi / Rapire a Gioja i meritati onori, / Bernal Antonio, che appropriarti intendi, / Quivi ebbe il giorno, e qui diè  frutti e fiori.

Giovin recossi al Tebro, e fur stupendi / Su le sue tempia gl’intrecciati allori. / Roma ammirollo, e col Bernin, comprendi, / Lo celebraro i Vati più canori.

Il più dotto, il più forte, il più costante / Zelator delle chiese a lui congiunte, / Non vi fu mai né dopo, e non avante.

Or prendilo Acquaviva, e tu le assunte / Grand’imprese ci narra, e quali, e quante / Molestie ed avarie vi furo aggiunte. (*)

(*) Il dottor don Antonio Bernal nipote del precedente nacque a Gioja nel 1624, e morì in Acquaviva nel 1703. Fu successore del zio nel 1657. Tenne l’arcipretura di Gioja personalmente sino al 1661; ma essendo stato nominato vicario apostolico nella sede vescovile di Avellino, conservando tuttavia l’arcipretura di questa chiesa, sostituì per suo economo curato il canonico don Lonardo d’Aloja con beneplacito della santa sede; ma nel 1655 fu chiamato anche in qualità di arciprete al governo della chiesa di Acquaviva. Nei pochi anni del suo ministero pastorale in Gioja fu tutto zelo, e spiegò tutte le virtù, che avea appreso dagl’insegnamenti, e dagli esempi del zio, oltre una coltura più esquisita, ed una scienza più estesa. Fu educato sulle prime in Gioja, ove fe’ spuntare i primi fiori, ed i primi frutti del suo ingegno, e della sua nobile istituzione. Nel 1648 appena asceso al sacerdozio passò a Roma per vieppiù perfezionarsi nelle scienze ecclesiastiche, e nella giurisprudenza canonica. Si rese celebre in poco tempo in quella capitale del mondo cristiano, e coll’occasione che fu eretta a Piazza Navona la fontana, e l’aguglia dal famoso scultore, ed architetto cavalier Bernini per ordine di sua santità Innocenzo X nel 1651, il nostro Bernal emulò colla penna lo scalpello di Bernini. Egli il Bernal diede alle stampe presso gli eredi del Grignani una eloquentissima allocuzione intitolata, _ “Copiosissimo discorso pieno di molte erudizioni con un’abbondante dichiarazione delli quattro fiumi, che si rappresentano ne’ quattro angoli della detta fontana, dove s’intende la loro origine, quanto si dilatano, e per dove scorrono, e molte altre cose non meno curiose, che dilettevoli, dedicato a don Diego Sersale arcivescovo di Bari “ – Questo discorso meritò gli applausi di tutta Roma, e dell’istesso sovrano pontefice, e fu celebrato da’ poeti più valenti, e dai Cigni più canori del Tebro. Ve ne do un saggio nel sonetto del signor don Cesare Vitelli poeta nell’Arcadia di Roma.

Pregiati, Roma, pur che se il furore / Di barbarico stuol le moli erette / Ruppe per oltraggiarti, or le rimette / L’innocenza regnante al primo onore.

Resta natura attonita al valore / Dell’arte emula sua, che sì perfette / Opre dimostra per le mani elette / D’artefice gentil con gran stupore.

Argo si glorii dell’audace antenna, / Archita dell’uccel, che nulla parmi / Ciò, che di lor l’incerta fama accenna.

Voi Bernini, e Bernal cantino i carmi, / Poiché l’un col scalpel, l’altro con penna / Donate e vita e senso ai fiumi, ai marmi.

Questo sonetto si vede stampato dietro il suo discorso, e non è poca gloria, che la penna di Bernal sia paragonata allo scalpello dell’artista più celebre del suo secolo. In tempo ch’era arciprete in Gioja, e propriamente nel terzo sinodo diocesano sotto l’arcivescovo Sersale sedé in quel sinodo il nostro don Antonio in qualità di consultore sinodale, e fu ascritto tra gli esaminatori conciliari, come si legge nella pagina 70 e 71 di detto sinodo. Il governo della chiesa di Gioja fu per lui pacifico, tranquillo e pacato; ma traslocato in Acquaviva spiegò tutta la forza del suo ingegno, e tutta l’energia, e costanza del suo carattere. Si diede tosto a studiare e scovrire i dritti, e le prerogative della sua nuova chiesa, che trovò troppo depressa ed avvilita. Rinvenne tra le carte polverose di quell’archivio, che nel 1221 Andrea Secondo arcivescovo di Bari in quell’epoca, dichiarò ad Unfredo allor arciprete di Acquaviva, con bolla formale, che la chiesa di S. Eustachio, per dritto e per consuetudine godea di estesissime giurisdizioni, e privilegi amplissimi. Trovò, che le lettere declaratorie di Andrea Secondo, erano state confermate con sentenza del vescovo di Biscaglia, qual delegato di papa Nicolò V, a ricorso dell’arciprete don Angelo Angiulo nel 1452. Trovò finalmente che l’arciprete don Agostino Chiarito nel 1577 sostenne nella sagra Ruota in Roma le sue prerogative giurisdizionali; che la contestazione venne assoggettata ad un laudo; che questo fu proferito dai cardinali Saulo e Pallavicino, che aggiudicaron la causa in favore dell’arcipretura, e della chiesa di S. Eustachio. Dietro tali scoverte il novello arciprete Bernal  dichiarò la sua chiesa collegiata insigne, assunse il titolo di ordinario in faccia all’arcivescovo Granafei, e sostenne un lungo, strepitoso e dispendioso giudizio, anche colle armi alla mano in difesa della giurisdizione arcipretale, che dopo trent’anni di lite, e per viaggi intrapresi da Acquaviva più volte sino a Napoli, e sino a Roma, essendosi ammiserito concordò finalmente nel 1695 in Modugno con monsignor don Carlo Loffredo arcivescovo di Bari. Il ritratto di Bernal si trova distintamente rappresentato nella lettera dedicatoria, che gli scrisse Francesco Lombardi alla testa della vita di Andrea Secondo pagina 80 del suo compendio cronologico, e così scritto.

Copia. – Al signor don Antonio Bernal dottor di leggi, protonatario apostolico, ed arciprete di Acquaviva. “Così variano le vicende del mondo. Quell’Andrea, che vago una fiata di decorare Unfredo, uno degli antecessori di vostra signoria illustrissima gli confirmò con una sentenza declaratoria tutte le potestà, preminenze e prerogative, che dovevano andar sempre unite al suo insigne arcipretato; nel ravvivare su questi fogli, vien da me consagrato a vostra signoria illustrissima, acciò possa ricevere altrettanto di gloria dalla fama del suo notissimo nome, quanto di splendore egli accrebbe a quella dignità, che vien oggi da essa sì eroicamente occupata. Stimo, che non potea la fortuna destinare al merito di un tanto prelato protezione più vigorosa, che quella di un personaggio suo pari, che oltre la chiarezza della sua antica ed illustre casa Bernal, decorata delle più pregiate onoranze, che possono infastosire un casato, le rare doti che albergano nel generoso suo petto lo hanno reso sì rinomato per tutt’ il mondo, che oramai manca all’istessa fama, ove più prolungarne la gloria. Intanto mentr’ egli ancorché tardi comparisce a giustificare la lunga e valorosa difesa da vs. sig. illustrissima fatta ne’ Fori Romani alle preminenze del decoroso suo posto; l’onora ella coll’accoglierlo sotto del suo valevole patrocinio, che così con un sol atto magnanimo soddisferà al prelato il debito nel quale la costituì la di lui antica propenzione, ed a me darà motivo vieppiù potente di rendermi per sempre di vostra signoria illustrissima”. Napoli 9 maggio 1697. Francesco Lombardi.

Antonio Bernal, che dal cardinale di Napoli, monsignor Ottavio De’ Mari nel 1665 era stato inviato ad Acquaviva con l’incarico di Arciprete, dopo aver rivendicato e ottenuti i diritti della Chiesa Palatina di quella città, nel 1695 fu richiamato a Roma e fu incarcerato e fu costretto a ritrattare quelle rivendicazioni.

Il Lucarelli, con una certa leggerezza, accusa il Bernal di eccessiva condiscendenza verso il Principe De’ Mari.

Il P. D’Afflitto nel suo volume Memorie degli scrittori del Regno ricorda in modo positivo il Bernal. Anche il Cinelli nella sua Biblioteca volante cita benignamente il Bernal.

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12 Gennaio 2021

  • Scuola di Politica

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