San Potito

Il re Guglielmo II il Buono nella seconda metà del secolo XII concesse a Roberto Spirlinto, il feudo di Terlizzi; egli fu anche feudatario di Gioia, appartenente al principato di Taranto. Costui, non contento della rendita che gli fruttava il feudo gioiese, nel 1181 si appropriò di alcune terre, tra cui anche alcune pertinenze della […]

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Busto di San Potito

Il re Guglielmo II il Buono nella seconda metà del secolo XII concesse a Roberto Spirlinto, il feudo di Terlizzi; egli fu anche feudatario di Gioia, appartenente al principato di Taranto. Costui, non contento della rendita che gli fruttava il feudo gioiese, nel 1181 si appropriò di alcune terre, tra cui anche alcune pertinenze della chiesa di San Pietro de Sclavezzùlis, con il pretesto che quelle terre erano appartenute a suo suocero e che gli spettavano di diritto.  Tali terre, insieme alla suddetta chiesa, sin dal 1108 il conte Riccardo Siniscalco aveva donato alla basilica barese di San Nicolò. Invitato più volte a restituirle al patrimonio della Chiesa di San Nicolò di Bari, trascorsero circa quindici anni di cause perché quelle terre ritornassero ai legittimi proprietari.  Nell’ultimo giudizio, oltre ad esibire gli Atti di donazione del 1108 di Roberto Siniscalco e dell’imperatrice Costanza del 1195,  venne promossa un’inchiesta che prevedeva una ricognizione in loco in quella parte del territorio gioiese attraversato  dalla via nuova per Taranto, quella nota come via Occidentale.

Dalla relazione prodotta sappiamo che la commissione inquirente era guidata dagli esperti locali gioiesi, che conoscevano i luoghi indicati sui documenti concessori dei beni alla chiesa di San Nicola di Bari, e che dopo aver percorso un piccolo tratto della vecchia strada per Taranto, fiancheggiata da un muretto in rovina fino ad una fitta in pietra, si diresse verso sud tra due muretti distrutti, svoltando verso occidente e proseguendo fino al luogo detto di San Potito. L’ispezione continuò fino al punto in cui la nuova via per Taranto e quella vecchia di ricongiungevano, all’ingresso del bosco denominato Delitico.È la prima volta che troviamo citato il luogo denominato San Potito nell’agro di Gioia del Colle, ma le fonti ci fanno intendere si trattava di una contrada che prendeva nome dalla presenza di una chiesetta rurale dedicata a San Potito.

Di seguito riporto una ricerca storica del nostro concittadino, l’insegnante Giuseppe Montanarelli, il quale pur gioiese di nascita, casualmente, come lo Spirlinto,  feudatario di Terlizzi e di Gioia, risiede a Terlizzi.

San Potito evangelizzatore e martire. 14 Gennaio

San Potito nacque il 12 novembre dell’anno 147 d. C. a Sardica in Dacia, nell’attuale Bulgaria ed era figlio di un ricco pagano che fece di tutto per distoglierlo dal Cristianesimo.

L’antica Via Orientale e quella Occidentale nel territorio di Gioia

Il Santo fu convertito in tenera età all’insaputa del padre, il quale, appresa la notizia, rinchiuse in carcere il figlio cristiano.  Fu liberato quando il padre stesso fu conquistato dalla sua fede.  Guarì dalla lebbra una matrona, convertendo tutta la famiglia.

Convocato a Roma, liberò dal Demonio la figlia dell’imperatore Antonino, il quale ordinò a Potito di sacrificare agli dei. Il ragazzo tredicenne rifiutò, e, dopo aver superato molte torture, tra cui la trafittura del capo con un grosso chiodo, dalle quali uscì illeso, fu decapitato lungo la Via Herculia sulle sponde del fiume Calaggio-Carapelle, nei pressi di Ascoli Satriano, in provincia di Foggia.

Considerato il primo Santo della Puglia, la sua venerazione si è estesa in tutta Italia ed anche all’estero. San Potito venne martirizzato all’alba del 14 Gennaio dell’anno 160 d.C.

A Gioia del Colle, anticamente, San Potito veniva celebrato con la festa popolare dei “Ferri vecchi”, presso la Chiesa campestre, ubicata nell’omonima contrada.

La Chiesa campestre di San Potito fu fondata nell’anno 1000 dagli armaiuoli e dalle famiglie di origine Daune ed era situata al centro della omonima contrada posta sulla via per Taranto, dopo la Piana della Gaudella.

I chiodi si San Potito

Nell’antica tradizione gastronomica gioiese, i “Chiodi di San Potito” erano dei biscotti allungati lisci o rigati a base di farina, uova, latte, zucchero, burro, cannella e chiodi di garofano, fritti o al forno, che venivano preparati in occasione della festa, in ricordo di uno degli strumenti di martirio inferti al Santo.

I biscotti erano propiziatori, potenziavano la fertilità maschile ed eliminavano il mal di testa.

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14 Gennaio 2021

  • Scuola di Politica

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