La farinella

Spicca tra i cibi della tradizione popolare contadina di Gioia e delle famiglie povere l’utilizzo della farinella, ottenuta dalla molitura del granone. Nel 1826 furono imposti i dazi sulla cottura del pane, sulla pasta, che dettero scarse entrate perché la popolazione, impoverita nei suoi guadagni, diminuiva l’acquisto di pasta e farina e mangiava fave e […]

Print Friendly, PDF & Email

Forno per tostatura del granone

Spicca tra i cibi della tradizione popolare contadina di Gioia e delle famiglie povere l’utilizzo della farinella, ottenuta dalla molitura del granone.

Nel 1826 furono imposti i dazi sulla cottura del pane, sulla pasta, che dettero scarse entrate perché la popolazione, impoverita nei suoi guadagni, diminuiva l’acquisto di pasta e farina e mangiava fave e farinella di orzo. Alcuni, qualche volta mangiavano poca pasta, cotta sotto le braci.

Il Decurionato di Gioia nella seduta del 2 febbraio 1827 così si esprimeva: Vi è l’abitudine del popolo gioiese a mangiar legumi e minestre verdi, stemprate nella così detta farinella di orzo, e grano, e granone, molto più in quest’anno in cui il raccolto è stato pessimo a segno, che non solo si ottenne piccola quantità di derrate, e specialmente di grano, ma anche fu pessima la qualità, sino a non essere atta a seminarsi… questa popolazione, invece di ottenere grano, ne ottenne semplicemente la forma, per cui, macinandosi, appena dà crusca invece di farina. Il popolo in conseguenza si contenta, con maggiore osservanza degli anni scorsi, di mangiar fave con farinella di orzo.

Nel 1843, anno in cui i Decurioni decisero l’installazione di un Monte Frumentario, tra i quattro generi di principal  coltura figuravano le fave e l’orzo.

Le farine, la farina di grano e di orzo, nel 1871 furono sottoposte al pagamento del dazio di consumo, insieme al vino, all’uva, all’alcool e liquori, alle carni, al burro, alla frutta e allo zucchero.Il Consiglio comunale nella seduta del 10 settembre 1873, poiché in quell’anno si verificò un crescente grave rincaro dei prezzi, specie del grano, deliberò di conservare i generi della Terraggiera, goduti dal Comune, per vendere appena necessario, fave ed orzo in dettaglie al pubblico, e per panizzare il grano per l’uso della piazza.

Attrezzatura per la molitura del granone, costruita dal signor Giuseppe Massaro

Il consumo della farinella era un cibo distintivo di una parte della popolazione locale, quella formata da piccoli contadini, braccianti e lavoratori stagionali, che non potevano permettersi l’acquisto di farina di grano per produrre pane e pasta, non solo per l’eccessivo costo per le loro tasche, ma anche a causa dello scarso prodotto a causa di frequenti carestie e calamità atmosferiche, e quindi facevano ricorso a quel cibo più povero per alimentarsi. I più benestanti avevano la disponibilità di grano sufficiente ai bisogni della propria famiglia e per la vendita ai privati.

I poveri, infatti, utilizzavano la farina ottenuta dal granone per produrre pane scuro e mangiavano legumi e verdure. L’estrema povertà portava questi poveri a raccoglier cicorie o altre verdure sia coltivate che selvatiche, che crescevano in abbondanza nei campi o ai margini delle strade o dei viottoli di campagna.

Per conferire maggior gusto alle verdure e dotarle di un condimento che ne esaltasse il gusto i contadini fecero ricorso alla macinazione dell’orzo, dei ceci e del granone, per ottenere una farina, che prese il nome di farinella, quasi a sottolineare la bontà del prodotto che non sfigurava affatto a confronto con la farina di grano utilizzata dalle famiglie ricche.

Un piatto con la farinella

Il prodotto che si otteneva era una farina sottile, la farinella o ‘a polve’ (come viene indicata in forma dialettale), che veniva sparsa sulle verdure e accompagnava e insaporiva quei cibi dei poveri.

La farinella era un prodotto tipico di Gioia, ma anche di alcuni Comuni limitrofi, tra cui va segnalato Putignano. Infatti  Farinella è la maschera tipica del Carnevale di Putignano ed è stata ideata dal designer gioiese Mimmo Castellano. A Putignano al posto del granone si utilizzavano i ceci.

Alcune famiglie producevano la farinella in casa, che ottenevano triturando il granone, l’orzo o i ceci con l’uso di un mortaio o di un pestello. Oltre che essere usato come condimento e insaporitore dei cibi a volte veniva cotta e si otteneva una polenta, che i più facoltosi mescolavano con pezzi di cipolla e  di guanciale.

L’ultimo produttore artigianale di farinella a Gioia, Giuseppe Massaro, noto con il nome Peppino, che lavorava in un sottano in via Minerva, strada di fronte a via Rossini, è morto qualche anno fa. Il signor Massaro ha ereditato questa tradizione e l’attrezzatura dal padre. Ha lavorato anche come saldatore presso una azienda siderurgica gioiese e questa sua esperienza lavorativa gli ha permesso di costruirsi una nuova macchina per la torrefazione che sostituisse quella vecchia e diventata inutilizzabile.

Farinella, la maschera del Carnevale di Putignano, opera realizzata da un cartapestaio locale

Infatti il primo stadio per la lavorazione consiste nella torrefazione del prodotto; il signor Massaro utilizzava una certa varietà di mais a grani grossi e dalla struttura farinosa. Dopo aver eseguito con particolare attenzione la tostatura il prodotto si passava alla molitura con una macina di pietra dalla superficie rugosa per ottenere un migliore prodotto, anch’essa costruita dal Massaro, il quale si è ingegnato a costruire un argano artigianale per sollevare la mola.  Si passava alla pesatura per l’aggiunta della giusta quantità di sale e poi il prodotto veniva imbustato per essere venduto agli acquirenti.

Da essere in passato cibo esclusivo delle famiglie più povere, in tempi moderni si è riscoperto non solo il valore altamente nutritivo della farinella, ma anche il piacere di gustarla da parte di palati più raffinati. Il ritorno a questa tradizione pugliese è garantito ancora dai pochi artigiani che sopravvivono e che utilizzano attrezzature e tecniche di produzione antiche. In alcuni negozi esclusivi è possibile acquistare non solo la farinella, ma anche taralli a base di questa farina.

Alcuni braccianti, prima di dare inizio ad una dura giornata di lavoro mangiavano un piatto di farinella cotta nello strutto, in modo da ottenere un piatto ricco si sostanze energetiche, una specie di polenta alla quale aggiungevano del peperoncino piccante. Tale pranzo dava loro l’energia sufficiente per affrontare l’intera giornata lavorativa. Altri lavoratori erano soliti portare con sé in campagna della farinella racchiusa in un sacchettino, che conservavano nella tasca del pantalone, dal quale ne attingevano di tanto in tanto un pugnetto che ingerivano per ritemprare le forze e ottenere nuova energia per il resto della giornata.

Grazie all’interessamento del dott. Vito Santoiemma, proprietario del Museo della Civiltà Contadina, l’attrezzatura per la produzione della farinella del signor Massaro è stata acquistata dal lui e, quindi, si potrebbe sperare di continuare a mantenere in piedi questo tradizionale piatto della cucina non solo gioiese, ma pugliese.

Nonostante questo tentativo di salvare questa tradizione sembra molto difficile che dei giovani prendano a cuore questo lavoro, che richiede grande forza di volontà e spirito di sacrificio.

© È consentito l’utilizzo del contenuto di questo articolo per soli fini non commerciali, citando la fonte ed il nome dell’autore.

Print Friendly, PDF & Email

6 Luglio 2022

  • Scuola di Politica

Inserisci qui il tuo Commento

Fai conoscere alla comunità la tua opinione per il post appena letto...

Per inserire un nuovo commento devi effettuare il Connettiti

- Attenzione : Per inserire commenti devi necessariamente essere registrato, se non lo sei la procedura di LOGIN ti consente di poter effettuare la registrazione istantanea.

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.