La Masseria Soria a Marzagaglia
A Sud di Gioia, a circa 5 Km dal paese, in contrada Marzagaglia, sulla provinciale per Castellaneta, è ubicata una masseria di proprietà di Cesare Soria. Come ricorda Guido Malcangi in una monografia sui Soria, La discendenza dei Soria di Puglia prende le mosse da Donato Antonio Soria, fratello di Diego senior, che, trasferendosi a […]
A Sud di Gioia, a circa 5 Km dal paese, in contrada Marzagaglia, sulla provinciale per Castellaneta, è ubicata una masseria di proprietà di Cesare Soria.
Come ricorda Guido Malcangi in una monografia sui Soria, La discendenza dei Soria di Puglia prende le mosse da Donato Antonio Soria, fratello di Diego senior, che, trasferendosi a Gioia del Colle, prese dimora nell’avito palazzo cinquecentesco sito dietro la chiesa di S. Francesco, verso la fine del Cinquecento. Donato Antonio ebbe tre figli: Francesco, che, nel 1799 fu al seguito del reazionario cardinale Ruffo, Pasquale e Cesare, in lotta con lui, per i loro principi liberali.
Il casato dei Soria si attestò a Gioia proprio con i fratelli Pasquale e Cesare, eminenti avvocati, verso la fine del secolo XVIII. Cesare morì a Trani nel 1839.
Di Cesare Soria si diceva che filava, per mettere in evidenza le sue qualità di profondo ed acuto ragionatore che dalle più riposte ragioni della filosofia e del diritto antico traeva gli argomenti favorevoli alle sue cause.Alla fine del Settecento alcuni notabili di Gioia, tra cui anche quelli della famiglia Soria, furono coinvolti in vicende giudiziarie, originate da un’indebita appropriazione di una parte del demanio del Comune di Gioia, quello di Marzagaglia, che si trovava tra due masserie della famiglia.
Quest’ultima occupazione, che riguardò 207 tomoli di terre demaniali (¼ delle terre) a Marzagaglia, che fu cinta di pariete, fu originata molto probabilmente dal mancato pagamento alla famiglia Soria di 1500 ducati, di cui era debitrice l’Università di Gioia, che il Comune voleva pareggiare con la cessione di terreni sassosi e poco fertili.
Con l’Abolizione della Feudalità del 1806, che tra l’altro autorizzava i Comuni ed i privati a rivolgersi ai tribunali per rivendicare i diritti ad essi usurpati con l’occupazione dei demani pubblici, fu istituita una Commissione feudale che nel 1810 pose fine alle occupazioni indebite e circa metà delle Difese ritornarono al demanio comunale, insieme a 12 carra a Marzagaglia.
Nel 1799 alcuni componenti della famiglia Soria li ritroviamo coinvolti, in schieramenti contrapposti, anche nelle vicende che videro la morte di Giuseppe e Biagio Del Re, Donatantonio Losito, Filippo Petrera, Giuseppe Calabrese, Nicola Basile, martiri della rivoluzione che interessò Gioia il giorno 14 febbraio di quell’anno, i cui nomi sono riportati sul monumento eretto in loro onore in Piazza dei Martiri, già Piazza Jovia e Piazza Castello.
La masseria, che è sicuramente una delle più signorili di quelle edificate nell’agro gioiese, è una grandiosa costruzione sorta come vera e propria masseria-casino al centro di una estesa proprietà terriera.
È immersa in un bosco di querce secolari, alcune delle quali presentano un tronco che è possibile abbracciare in sei persone, zona tutelata come Oasi WWF con il nome di Bosco ‘Cesare Soria’.
Il proprietario committente della masseria fu Cesare Soria, che volle nel 1825 una dimora degna della sua fama, di non comune fattura, come un palazzotto turrito fortificato, con merli e bifore gotiche.
Sulle colonne di accesso alla masseria si possono leggere le seguenti iscrizioni: Fanciullo anco qui godé della vita primi e innocenti piaceri, s’ornò di fiori, fugò le lepri e degli uccelli il canto col riso di sua gioia confuse. Qui giovinetto alla virtù all’amore formò il suo cuore. I (?) semitrasse delle nascenti sue passioni e il vizio, come il tremore monte dorso ad odiare apprese. Altrove formò il suo spirito. Visse gran tempo. Divenne padre buono. Tuonò nel foro. Fu esaltato e vilipeso e con coraggio salvò dal fuoco e dalla strage sue speranze illese. Qui ritornò perseguitato, abbandonato al conforto di sua famiglia visse e sol da lungi il rombo del mar fremente e da vicino di Filomena il pianto intese.
Sull’altra colonna si legge: In altro foro nato e dal suo coraggio fissò i destini fu tranquillo. Visse per figli volse a prenderli e ad educarli e a prosperar per le attese. Ahi che poi di sua consorte amata tanto in questo luogo pianse la morte e su la scorza d’una gran pianta, all’orizzonte l’eresse il tempio ciò che in pria nel luogo istesso carico d’anni e di dolore spesso ritorna e piange CESARE SORIA il tanto a lui caro e amato e figlio Giuseppe gli erge questo monumento anno MDCCCXXV.
La masseria mostra tracce sia del gusto medievaleggiante del tempo che dello stile neogotico.
Appare come un piccolo castello che presenta al suo interno un cortile che funge da corte. Si accede alla corte e all’abitazione del massaro attraverso un arco a sesto acuto.
La facciata principale si innalza su due livelli con aperture sui due piani. Il tetto è caratterizzato dalla presenza di merlature e da una torretta centrale, anch’essa terminante con merlature.
A prima vista si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad una masseria fortificata, per la presenza a piano terra di un rivestimento in pietra, come quello che possiamo ammirare nel castello normanno-svevo di Gioia, masseria che però coniuga all’aspetto freddo di una costruzione da difesa anche una ricchezza di particolari, tipica di una ricercata residenza padronale.
L’elemento architettonico che balza subito alla vista, infatti, è l’arco centrale, a tutto sesto, che immette nei locali a piano terra, sul quale si innalza una elegante doppia scalinata esterna con loggetta con parapetto in pietra traforata. Sulla sommità della scalinata si apre una finta bifora di stile neogotico che la circonda, attraverso la quale si accede agli ambienti del primo piano e cioè all’ingresso dell’abitazione padronale.
Accanto alla villa ci sono numerosi locali da utilizzare per gli attrezzi, per la paglia e il cibo per gli animali, per la conservazione delle derrate alimentari, l’abitazione per i contadini, le stalle.
Come tutte le grandi masserie signorili, che avevano bisogno di molta manodopera stabile in loco, anche questa masseria-casino è fornita di una cappella per le esigenze spirituali di quei lavoratori e della famiglia del proprietario.
Infatti accanto alla masseria, posta in posizione trasversale e alla sua destra, è ubicata una cappella, particolarmente curata, che denota non solo la ricchezza della famiglia Soria, ma anche la cura per gli aspetti legati alle pratiche religiose.
Dal dipinto presente sull’altare maggiore, che rappresenta ‘La Sacra Famiglia’, deriverebbe il nome che la cappella ha conservato negli anni.
La chiesa è inserita all’interno di un recinto basso in muratura con terminazione a merli, così come quelli della masseria. La facciata è abbastanza lineare e presenta una mensola sporgente sull’architrave della porta d’ingresso, sovrastata da un’apertura ovalizzata a forma di croce. La copertura della cappella è a due falde a spiovente, su cui si innalza un artistico campanile a vela con contrafforti laterali con campana e croce.
L’interno è conservato con molta cura. L’altare, scolpito in pietra, si trova in discrete condizioni. In un dipinto è raffigurata la Sacra Famiglia. Vi sono anche una piccola statua della Madonna, semidistrutta dal tempo, sei portafiori e 5 candelieri. In alto, sull’altare, il muro è graziosamente decorato con immagini di angioletti in volo. Sempre in alto, sull’ingresso, vi è un dipinto della Madonna del Pozzo, custodito in un’antica e bella cornice.
Fino al febbraio del 1958 la S. Messa si celebrava ogni domenica. Il cappellano abitava in una masseria dei dintorni. Le ultime messe si sono celebrate nel maggio 1961. Il 23 marzo dell’anno 1968, ad opera dei Missionari, è stata nuovamente celebrata la S. Messa.
Di fronte all’ingresso vi è l’altare, affiancato a sinistra, da due lapidi e, a destra, da una iscrizione. Sulle lapidi vi sono delle significative iscrizioni; i componenti della famiglia Soria vollero con esse ricordare i loro più cari defunti con parole di devotissimo affetto, dalle quali traspare un vivo compianto. Una lapide fu dedicata a Cesare Soria dai figli, nel 1914; l’altra fu dedicata ad Angelina Soria, nata Chiaia, dai figli nel 1914; la terza fu dedicata a Leonardo Soria dalla moglie Rosa Susca nel 1953.
La prima lapide riporta: Insieme al retaggio degli avi illustri che intesero ogni fortuna non mai disgiunta dal favore divino CESARE di LEONARDO SORIA volle conservare con assidua e ansiosa cura questo oratorio campestre all’esercizio della pietà, al conforto della preghiera. Ed oltre il retaggio antico con tenace abnegazione serbato intatto egli lasciò il patrimonio prezioso delle virtù sue di cittadino, di magistrato, di padre esemplare. I figli riconoscenti questo ricordo alla venerata memoria dell’amatissimo padre posero nel XV° anniversario della morte di lui XIV Marzo MCMXIV.
La seconda lapide riporta: Degno discendente dell’illustre Casata LEONARDO SORIA fu CESARE deceduto il VI Ottobre MCML conservò con gelosa cura il patrimonio dei suoi predecessori facendo di questo rifugio di pace il luogo amato e desiato per il riposo dello spirito e del corpo alle diuturne fatiche del Foro cui egli dedicò con spirito di dovere e di abnegazione tutta la sua vita. La moglie ROSA SUSCA di PIETRANTONIO a ricordo del suo amato consorte volle con questa lapide esternargli il suo imperituro affetto. VI Ottobre MCMLIII.
L’altra lapide riporta la seguente epigrafe: PIETRANTONIO SUSCA suocero affezionato dell’avvocato Gr. Uff. LEONARDO SORIA curò con amore e con mezzi proprii il completamento di codesto vetusto fabbricato e l’ampliamento del frutteto profondendovi la sua competenza ed il suo appassionato ardore di uomo e di padre buono e magnanimo. Affinché se ne conservasse la memoria e la gratitudine la figlia ROSA gli dedicò questo ricordo. Ottobre MCMLIII.
Poco distante dalla masseria si può osservare una neviera sotterranea nella quale, nei periodi invernali, si conservava la neve per la conservazione dei cibi, per rifornirsi di acqua in periodi di siccità e per dissetarsi durante la calura estiva con bevande e sorbetti freschi, preparati con la neve in essa compattata.
Si può affermare, quindi, che questa masseria, con tutti locali e gli ambienti accessori di cui è fornita, assolveva la funzione di soddisfare in modo completamente autonomo i bisogni giornalieri di una comunità dedita tutto l’anno alle occupazioni agricole e zootecniche.
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2 Maggio 2021