Benito Tateo
Quest’anno ricorre il centenario della nascita di un nostro illustre concittadino: il maestro intagliatore e intarsiatore Benito Tateo. È nato a Taranto il 6 ottobre del 1925 da Antonia Castellaneta, sarta, e Giovanni, di professione tipografo, il quarto di sette figli (Maria Luigia, Rocco, Maria, Adriana, Elvira, Vanda). Il nome Benito, dopo l’avvento di Mussolini […]

Benito Tateo a lavoro nel suo laboratorio
Quest’anno ricorre il centenario della nascita di un nostro illustre concittadino: il maestro intagliatore e intarsiatore Benito Tateo.
È nato a Taranto il 6 ottobre del 1925 da Antonia Castellaneta, sarta, e Giovanni, di professione tipografo, il quarto di sette figli (Maria Luigia, Rocco, Maria, Adriana, Elvira, Vanda). Il nome Benito, dopo l’avvento di Mussolini al potere, era una consuetudine presso la popolazione italiana, per onorare quel personaggio.
La sua naturale inclinazione lo avvia alla professione che da grande svolgerà con grande passione e con eccellenti risultati; infatti a 13 anni, nel 1938, comincia a lavorare come apprendista nel rinomato mobilificio di Carlo Curione (in via Roma), maestro d’Arte diplomato alle Belle Arti di Venezia, che gli insegnò i segreti dell’intaglio. Resterà nella bottega del Curione per 14 anni, fino all’epoca del suo matrimonio.
Lavora dapprima come apprendista ebanista, poi come intagliatore. Per meglio apprendere i segreti di quell’Arte si intratteneva in bottega ben oltre le dieci ore di lavoro, ricevendo in cambio piccoli regali in prossimità delle feste.
Nello periodo di apprendistato, di sera, per arrotondare i suoi magri guadagni, lavora come operatore cinematografico presso il Cinema Vittoria. Questa attività gli consente di sviluppare un carattere gioviale e scherzoso e di acquisire un’abilità particolare nell’imitazione degli attori e delle loro battute.Superato il periodo di apprendistato e dopo aver acquisito quelle abilità, riusciva finalmente a guadagnare qualche lira.
Sin dai suoi primi passi nella bottega del Curione si fa notare per il suo spirito scherzoso, carattere che conserva fino agli ultimi giorni della sua vita. Aveva sempre un sorriso per tutti e cercava di non dar fastidio a nessuno.
Nel 1952 sposa Carmina Capodiferro, nata il 16 maggio del 1926, con la quale vivrà 60 anni di matrimonio, moglie che è deceduta il 3/07/2013, un anno dopo la sua morte.
La guerra mette in crisi l’attività artigianale del settore del legno ed anche Benito Tateo risente gli effetti negativi del conflitto mondiale.

Scultura dell’aquila del 36° Stormo
Nel 1955 lavora presso l’Aeroporto Militare di Gioia del Colle, l’attuale 36° Stormo.
Qualche anno dopo lo troviamo impegnato lavorativamente presso la Termosud.
Nel 1959, sentendo forte la sua vocazione per l’ebanisteria creativa decide di lavorare in proprio; apre una sua bottega in via Giuseppe Angelillo, 8 e dà vita a numerose creazioni artistiche, da mobili artisticamente intagliati a bassorilievi di pregio, per privati e arredamenti sacri per diverse chiese.
Come ebanista ed intagliatore, infatti, spazia in diversi campi, da quello legato all’arredamento domestico al settore religioso e a quello legato alle professioni.
Nel 1968 adotta Faustina, affetta da encefalite, che assisterà con amore fino al suo decesso, avvenuto il 9 agosto del 2010.
Tra i suoi lavori possiamo annoverare: I Cavalieri dell’Apocalisse, bassorilievo in rovere, scolpito per lo studio di un noto avvocato, l’insegna in legno di un notaio di Acquaviva delle Fonti, la Bilancia della Giustizia con toga e alamari presso lo studio Tolentino, un bassorilievo tondo in legno rappresentante la scena della creazione di Adamo mutuata da quella della Cappella Sistina, la base processionale della statua di San Rocco, della statua di San Filippo, del busto argenteo di San Filippo, del Sacro Cuore, leggii in legno per diverse chiese, l’altare maggiore della Chiesa di San Francesco a Gioia, l’altare di Maria Bambina in Chiesa Madre, numerosi Crocifissi, librerie, tavoli, credenze, mobili da camere da pranzo, cristalliere, portoni, specchiere, toilettes con specchiera per donne, cassepanche, quadri ad intaglio, cornici per specchi da contro-buffet, sedie intagliate, stemmi nobiliari.

Benito Tateo consegna il violino di mogano da lui intagliato a Nino Rota
Nel 1975, in occasione dell’Oscar per “Il Padrino Parte II”, scolpì il violino di mogano intagliato per Nino Rota, che consegnò personalmente al grande musicista.
Per il nostro concittadino Pasquale Petrera, musicista autodidatta per hobby, ha forgiato un banjo con i quattro semi da poker e la scala musicale ed una chitarra in frassino.
In occasione del Festival della musica a Mottola, Pasquale Petrera incontra il pediatra statunitense John Robert Norton, appassionato di musica, che vuole conoscere l’artista che ha scolpito il suo banjio e gliene commissiona uno simile, che Benito impreziosirà con la scultura di un drago.
E sarà John Robert Norton a parlare di Benito al vicesindaco di Los Angeles, John Griffin, che gli commissionerà, nell’anno 1967, le alette per le prese d’aria della sua Limousine.
John Griffin, grato, gli farà dono di un piccolo totem realizzato dagli indiani d’America e gli chiederà di trasferirsi in America dove il suo talento sarebbe stato valorizzato. Offerta rifiutata da Tateo per poter accudire sua figlia Faustina.

Il banjo costruito da Tateo per John Robert Northon
Robert Northon, che si firmava Bill, scrisse questa lettera a Benito Tateo:
Ciao Benito, sono Bill. Questa mattina ho ricevuto in questo momento il mio banjo: è straordinario. Non mi aspettavo questo capolavoro, immaginavo un fiore una forma geometrica, ma una testa di drago non me l’aspettavo. Il banjo è cambiato, spesse volte me lo guardo per interi minuti senza suonarlo, è straordinario. Pensa che alcuni collezionisti me l’hanno valutato 15 mila dollari; non lo venderei neanche per 100 mila dollari. Il sindaco di Los Angeles vorrebbe conoscerti per dei lavori che vuole da te. È molto probabile che ti farà un invito di persona dandoti una casa a Los Angeles. Pasquale mi ha spiegato del problema che hai in famiglia e sono dispiaciuto. Hai una forza d’animo davvero invidiabile, comunque quell’offerta del sindaco è sempre valida in qualsiasi momento. Se hai problemi di denaro il sindaco ti può aiutare senza problemi. La nostra amicizia virtuale è davvero straordinaria; conoscerti di persona sarò meraviglioso. C’è un detto indiano che dice: “L’uomo è infelice perché non sa di essere felice” e tu puoi dare una lezione a tutti perché Pasquale mi dice della tua bontà. Nella mia vita ho conosciuto pochissime persone come voi due e bisogna tenerli come tesoro. Vi abbraccio con grande amicizia con un grande bene mandatemi altre vostre foto. Con stima Byll Northon.

La creazione di Adamo
Scolpisce l’artiglio d’aquila con l’ala a delta e il globo terrestre donato al Presidente dell’Alitalia. Numerosi sono i CREST del 36° Stormo di Gioia che ha scolpito per diversi Comandanti della base aerea gioiese e per appassionati dell’Arma Aeronautica.
Ha lavorato per la proprietaria del Teatro Petruzzelli.
È stato convocato quale maestro intagliatore per il restauro del Teatro La Fenice di Venezia, dopo l’incendio del 1996, incarico rifiutato sempre per poter accudire sua figlia.
Intaglia l’insegna del ristorante dei Gracchi a Roma, dove ancora oggi si può ammirare una sua scultura in rilievo su tre livelli, raffigurante una tavola imbandita: un cestello con spumante, frutta, arrosto.
Realizza l’insegna in legno di wenghé (albero dell’Africa centrale tropicale) scolpita e dipinta per il negozio Sitting Bull di Madonna di Campiglio.
Nel 2002 realizza l’acquasantiera della Chiesa del Sacro Cuore di Mottola e realizza anche i pannelli centrali e laterali dell’altare maggiore della stessa Chiesa.
Per i maestri ebanisti di Turi, Fratelli Albano, realizza una consolle scolpita con scene della Divina Commedia commissionata per il Canada.
Le sue opere sono sparse per il mondo, perfino in America e in Tailandia.

L’altare maggiore della chiesa del Sacro Cuore di Mottola
Propedeutica alla produzione delle sue sculture, intarsi e lavorazioni del legno, con produzione di capolavori artistici nel campo dell’ebanisteria, è stata l’elaborazione di disegni, come guida per le sue realizzazioni.
Tra i suoi disegni vanno ricordati anche quelli forniti a sarte e ricamatrici, per impreziosire i corredi delle ragazze da marito, ognuno dei quali era unico e differente dall’altro per composizione e originalità.
Quando fu costretto a chiudere la sua bottega in via Angelillo era insofferente a restare inattivo. Negli ultimi anni della sua vita ha continuato a lavorare nella bottega, accanto alle Tre Croci, messo a sua disposizione dal dottor Vito Santoiemma, con il quale ha collaborato per il restauro di alcuni elementi lignei facenti parte del Museo della Civiltà Contadina tra cui un carro funebre proveniente dalla Reggia di Caserta.
Si recava in quel laboratorio alle prime ore del mattino e a volte dormiva in quel locale sia perché lavorava fino a sera tarda sia per riprendere il lavoro il giorno seguente di buon mattino. Durante il periodo invernale chiudeva a chiave la sua bottega con la porta interna a vetri, che aveva ricoperto di un colore bianco praticandovi un piccolo foro tondo, a mo’ di spioncino, per osservare chi intendeva fargli visita. La sua bottega era allietata dalla musica, specie quella lirica della quale Benito era molto amante, prediligendo le esibizioni canore di Caruso, che accompagnavano le sue creazioni artistiche.

Base per la statua processionale di San Filippo
La sua bravura era pari alla sua modestia. Pur avendo vinto una scommessa presso uno stand di Bari, quando “sfidò” un pantografo impiegando nell’intaglio meno tempo del sofisticato macchinario, “ripulendo” anche il disegno, non se ne vantava, anzi non ne voleva affatto parlare.
Il suo rammarico consisteva nel fatto che con lui si sarebbe persa un’Arte, quella dell’intaglio, dell’intarsio e della scultura, poiché i giovani non erano inclini a quel lavoro, che richiedeva tempo e pazienza.
Alla sua morte prevedeva anche la morte di questa Arte.
Aveva un giovane ed affettuosissimo “discepolo” cui tramandare i suoi saperi, Dodo Giunta che gli è stato vicino negli ultimi mesi della sua vita, come quel figlio che avrebbe desiderato avere per tramandargli la sua nobile arte, figlio mai nato.
Ha scolpito lo stemma di famiglia e ne ha ricercato le origini genealogiche, che di seguito riporto, senza mai mettere in mostra i suoi nobili antenati, schivo come era per carattere e nobiltà d’animo.

Un’artistica produzione religiosa
Tateo. Antica famiglia d’origine greca. Nulla si conosce sulla storia di questa famiglia che dimorava in Atene (Grecia). Si sa che un Paolo Tateo da Atene venne a stabilirsi in Squillace (Catanzaro) e poi passò in Cosenza. Suo figlio Antonio andò a stabilirsi a Como; Federico, altro suo figlio in Tortona e i figli di costui Costante e Berardo passarono in Milazzo (Messina). Tralasciamo gli altri rami e riportiamo le vicende del ramo pugliese. Le prime memorie si riscontrano in Bari nell’Archivio dei Domenicani in cui si trova il testamento di Roberto di Sir Goffredo Tateo, il primo in quella città stabilito. Un ramo fiorì pure in Molfetta ove nella cappella di S. Corrado della Chiesa Vecchia avvi un’iscrizione in cui si parla di un Pietro Tateo, ambasciatore di Carlo II alla Repubblica di Venezia e nella Chiesa di S. Bernardino si legge altra iscrizione della quale apparisce che la famiglia Tateo godeva il patronato di Trani e quello di Melfi e che un Goffredo Tateo era stato regio protontino e familiare del Re Roberto. Un Angelo Tateo fu insignito di varie cariche ed onori dalla regina Giovanna II e nel 1429 donato del feudo della Statera per i molti servigi resi alla Corona. Un Rocco Antonio da Bari si trapiantò in Ugento nel Capo di Leuca ove nel tenimento di Tricase fondò una Badia sotto il titolo di S. Maria de’ Tateo dotandola di fertili e vasti fondi. I cadetti Giulio e Giovanni si trasferirono in Martina e vi occuparono le più eminenti cariche del Comune. Un Vito fu messo ad internunzio al Conte di Brienza per prendere atto dell’investitura del ducato di Martina concessogli dal re di Spagna. I suoi discendenti in ogni tempo propugnatori dei diritti e privilegi del Comune nelle liti e controverse che questo ebbe col Demanio e col Duca. Pierantonio Tateo, ecclesiastico, uno dei più generosi benefattori del Capitolo, cui lasciò nel 1677 un capitale di oltre centomila ducati. Altre diramazioni di questa famiglia si trapiantarono in Andria, in Foggia, in Nusco nel principato citeriore ed a questo ramo appartenne il Beato Nicola canonico della Cattedrale morto nel 1795 ed innalzato agli onori dell’Altare. Del ramo di Foggia son da notare tre valenti pittori: Vincenzo Tateo seniore, Francesco e Vincenzo juniore che hanno fiorito nel XVIII secolo. Un ramo fu stabilito in S. Michele di Bari da un Francesco Tateo proveniente da Putignano (ove attualmente ne fiorisce un ramo rappresentato dal Professore Pietro Tateo; Viale Regina Margherita 29) e diramato in Gioia del Colle da Giovanni di Francesco che fu padre di Rocco, da cui ne vennero un Giovanni, un Francesco e uno Stefano Tateo nati in Gioia del Colle attualmente residenti in Monfalcone.

La cornice di una specchiera
L’aquila fu segno di imperiale concessione e dimostrò il partito antipapale. Il giglio è simbolo di purità. La lettera T il distintivo di famiglia e il palo d’oro spinato è pezza onorevole di prim’ordine.
Dopo aver superato non pochi problemi di salute per la moglie a causa di una caduta, Benito ha vissuto nell’ultimo periodo della sua vita, momenti di grande serenità finché un male lo ha strappato al suo impegno verso l’Arte, attività che lo aveva appagato per quasi tutta la sua vita.
Conservava il suo spirito scherzoso, fino agli ultimi giorni della sua vita. Finché ha potuto ha scherzato con tutti e alle infermiere che effettuavano i prelievi diceva: Quando mi portate in cucina? Ormai sono un colabrodo; sono le parole che ricorda la nipote Milena Capodiferro.
Lo ha portato via un’ulcera duodenale non diagnosticata nei primi mesi di ricovero, forse causata dagli stessi medicinali che avrebbero dovuto curarlo. Muore il 13 agosto 2012, dopo un ricovero ospedaliero di due mesi presso il reparto di Geriatria dell’ospedale Miulli di Acquaviva per scompenso cardiaco e sopraggiunte complicazioni.
Negli ultimi anni si son presi cura di lui la sorella Vanda e la nipote Milena.

Pagellina funebre di Benito Tateo
Sulla sua pagellina funebre sono state stampate le seguenti parole che riassumono tutta la sua vita:
Hai amato
hai sofferto
hai sorriso
hai pianto
hai condiviso la tua gioia
di vivere
hai lavorato:
hai domato la durezza
dell’ulivo
hai assecondato
la morbidezza
del cirmolo
hai impreziosito
l’intaglio con
l’oro e l’argento.
Ora contempli l’oro del sole,
l’argento della luna,
la luce di Dio.

Stemma della famiglia Tateo
Nel ricordare la sua figura in occasione della sua morte l’amico Peppino Vasco, che con lui condivideva l’amore per la musica e per la lirica in particolare, così si esprimeva in un’intervista a Dalila Bellacicco sul numero di maggio 2015 del periodico “La Piazza”: Benito Tateo a 86 anni ci ha lasciato. Personaggio straordinario come artigiano del legno, maestro intagliatore, bastava dargli un pezzo grezzo di legno, dirgli cosa si voleva e al resto ci pensava lui. “Abbasso alle Croci” era un apprezzato cittadino, leale e buono con tutti. Ha lavorato per Enti e privati ricevendo diverse attestazioni pubbliche. Peccato che scuole e amministrazioni non gli abbiano messo a disposizione una struttura per formare giovani artigiani. Benito Tateo può essere accomunato ai Vinci, Larizza, Notarnicola e altri di cui converrebbe reperire dai famigliari opere e manufatti creati per farne non un museo ma una mostra come guida per futuri artisti. Benito lavorava con passione presso il rinomato mobilificio Curione (Via Roma), premiato a livello nazionale e internazionale. Emigrò a Bergamo (era nato a Taranto), poi ritornò a Gioia. Adottò una giovane ragazza, deceduta qualche anno fa, che accudiva insieme alla moglie. Non cessava mai di amare il suo lavoro.
L’Amministrazione comunale di Gioia del Colle ha deliberato di intitolare una strada cittadina a Benito Tateo. La richiesta ha ottenuto l’approvazione della Prefettura di Bari e a breve si terrà la cerimonia conclusiva dell’iter con l’intitolazione della nuova strada.
Ringrazio la famiglia Capodiferro, il dott. Vito Santoiemma e la sig,ra Dalila Bellacicco per le notizie e/o le foto che mi hanno gentilmente fornite per la pubblicazione di questo articolo.
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13 Marzo 2025