Gioia del Colle e la famiglia Cassano

La famiglia Cassano, appartenente all’aristocrazia terriera di Napoli, viene in Puglia nel ‘400 e prende dimora a Noci. Nel 1612 un ramo della famiglia si trasferisce a Gioia del Colle e si imparenta con la famiglia Gigante, originaria di Acquaviva delle Fonti, consolidando il proprio patrimonio agrario. A Noci, infatti, nel 1498 fecero costruire anche […]

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La famiglia Cassano, appartenente all’aristocrazia terriera di Napoli, viene in Puglia nel ‘400 e prende dimora a Noci. Nel 1612 un ramo della famiglia si trasferisce a Gioia del Colle e si imparenta con la famiglia Gigante, originaria di Acquaviva delle Fonti, consolidando il proprio patrimonio agrario.

A Noci, infatti, nel 1498 fecero costruire anche una chiesa, quella consacrata a Santo Stefano, che risulta ancora oggi proprietà della famiglia Cassano.

La chiesetta è ubicata nel centro storico di Noci, di fronte alla Chiesa di S. Chiara; secondo Pietro GIOJA (Noci 1801-1865), Conferenze Istoriche sulla origine e su i progressi del Comune di Noci in Terra di Bari, 1839-42, a fondarla “… di rimpetto alla Chiesa di S.Nicolò di Bari fu il cavaliere Nicolò di Bianco alias Cassano. . .”, come lo definiva il CASSANO (1662-1753) al S   70 della Ristretta ed erudita narrazione sull’origine e progressi della Terra delle Noci. L’anno di fondazione è il 1498, come si ricava dalle Historiae Cupérsanenses libri tres del Di Tarsia (Mantova 1649) per dimostrare che in quell’anno la Diocesi di Conversano, da cui Noci dipendeva, era retta dal Vescovo Vincenzo Pistacchio, napoletano. Egli scriveva nel lib.3 a pag.1126:

“CIOCCCCXCVIII X pi anno. Cupersanensis Ecclesiae presulatum gerebat Vincentius Pistachius de:Neapoli ex bulla beneficii S. Stephani Terrae Nucum penes familiam Cassanam”.  (beneficio di S. Stefano della terra delle Noci nelle mani della famiglia Cassano).

Oltre al diritto di patronato il Vescovo concesse ai chierici della Famiglia Cassano anche il privilegio di succedere in quel beneficio.

Lo stesso Pietro Gioja riferisce che un certo D. Gianfrancesco Cassano, cantore della Collegiata di Noci, nel 1723 scrive un repertorio delle principali memorie di Noci in 240 paragrafi, da cui lui attinge numerose conoscenze sulla storia di Noci. Tale storia venne nelle mani di Leonardo D’Onghia, nipote del Cassano e fu acquistato da Pietro Gioja nel 1838 dalle mani di un beccaio, in una fiera tenutasi a Conversano.

Costruita nel 1402, la chiesa presenta una facciata in pietra, sulla quale si apre una piccola finestra, e un portone d’ingresso sormontato da una lunetta ad arco acuto, all’interno della quale è affrescata l’immagine di Santo Stefano. L’interno è, invece, a croce greca, con tre altari. Degno di nota il tetto con copertura in “chiancarelle”, tipica dei trulli. Oggi la chiesa è utilizza per mostre e conferenze.

Il 26 dicembre a Putignano si svolge la rievocazione storica della traslazione delle reliquie di santo Stefano Protomartire, protettore della città, che nel 1394, per sfuggire alla invasione turca, dall’abbazia di Monopoli furono condotte nel più sicuro paesino dell’entroterra e tuttora sono custodite presso la chiesa di S. Maria la Greca.   E’ un prezioso manufatto d’argento, datato tra XII e XIII secolo e realizzato verosimilmente in una bottega crociata.

Infatti la leggenda racconta che alcuni contadini della campagna di Putignano, intenti a piantare le viti secondo la tecnica della propaggine, che prevede di sotterrare un ramo per dar vita a una nuova pianticella, si unirono al corteo sacro che trasportava le reliquie di santo Stefano,  con balli, canti e versi. Da qui ha origine la festa delle Propaggini che oltre ad indicarne l’inizio è anche uno dei momenti di maggiore peculiarità del Carnevale di Putignano e che è strettamente legata con i festeggiamenti religiosi del Santo Patrono.

La celebrazione liturgica di s. Stefano è stata da sempre fissata al 26 dicembre, subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla manifestazione del Figlio di Dio, furono posti i “comites Christi”, cioè i più vicini nel suo percorso terreno e primi a renderne testimonianza con il martirio.

Così il 26 dicembre c’è santo Stefano primo martire della cristianità; segue il 27 san Giovanni Evangelista, il prediletto da Gesù, autore del Vangelo dell’amore, poi il 28 i ss. Innocenti, bambini uccisi da Erode con la speranza di eliminare anche il Bambino di Betlemme. Secoli addietro anche la celebrazione di san Pietro e san Paolo apostoli, capitava nella settimana dopo il Natale, venendo poi trasferita al 29 giugno.

Il Patrono di Noci è San Rocco.  Nel 1633 Santo Stefano fu acclamato patrono della città, in preda ad una violenta epidemia di glandula, che colpiva gli equini, ed il culto del Santo si rafforzò. Nacque anche la tradizione di condurre alla chiesetta i muli per proteggerli dalle malattie, nel giorno della festa del Santo, il 26 dicembre.

Tuttora proprietà di un discendente del fondatore, l’edificio presenta le caratteristiche originarie riconducibili alla tipologia delle cappelle a pianta rettangolare mononavata, con tetto a falde inclinate e campaniletto a vela al vertice della cuspide di facciata, adottata con una certa frequenza nel territorio di Noci e nelle aree limitrofe. Tra gli altri esempi basterà citare quello, ben conosciuto, della chiesa di S.Maria di Barsento. Tipica della zona è la tecnica costruttiva adottata nella copertura esterna, basata sull’uso delle cosiddette “chiancarelle”, un materiale identico a quello adottato nelle calotte di copertura dei trulli. La facciata, semplicissima, con un piccolo  portale architravato, presenta quale elemento caratterizzante lo stemma della famiglia Cassano, diviso, in due campi orizzontali.  Quello superiore accoglie un fiore, quello inferiore le sagome di tre colli o monti.

Anche lo stemma presente nella Villa Cassano e sul palazzo Cassano in corso Vittorio Emanuele presenta le stesse caratteristiche.

L’interno è coperto da volta a botte, che scarica su arconi ciechi posti lungo i muri perimetrali, e conserva l’antico pavimento a chianche; alla parete absidale è posto un altarino in legno sormontato da una tela rettangolare raffigurante la “Lapidazione di S. Stefano”.

Tornando al ramo dei Cassano stabilitisi a Gioia, ricordiamo che i componenti di questa famiglia  hanno avuto un ruolo importante nella vita sociale, economica e politica del nostro Comune.

Un tale dott. Michele Cassano è stato sindaco di Gioia dal 1801 al 1803. Un Filippo Cassano è stato sindaco di Gioia dal 1845 al 1848.  Dal 1853 al 1859  don Filippo Cassano è stato sindaco di Gioia. Nel 1868 il signor Francesco Cassano fu nominato membro del Comitato Agrario di Bari, in rimpiazzo del dimissionario signor Giuseppe Cassano, che nel 1869 era consigliere comunale di minoranza. Giuseppe Cassano il 31 gennaio 1871 presentò in Consiglio un progetto, con disegno e pianta relativa, per la costruzione di un Mercato Coperto da costruire sul suolo comunale Palombella, attiguo al Largo san Francesco. In quella circostanza ci fu un diverbio tra il Cassano e l’architetto Vincenzo Castellaneta, che alla fine prese in considerazione il lavoro del Cassano, dichiarando però la necessità o utilità di una persona dell’Arte. Fu affidato all’architetto Giovanni D’Erchia di Monopoli di stilare il progetto.

Nel 1874 il Consiglio comunale di Gioia, su richiesta della Guardia Generale boschiva distrettuale, nomina il signor Filippo Cassano come membro di una Commissione speciale per studiare e riferire sui miglioramenti da apportare alla locale silvicultura ed in particolare ai vasti boschi del Comune. Lo stesso Cassano, preannunciando in Consiglio che si prevedeva che il re Umberto I e la consorte Margherita si spostassero da Bari in visita a Gioia, fu nominato membro di una Commissione che avrebbe dovuto provvedere a questa evenienza. Singolare è il fatto che nel 1876 durante la discussione sul concorso municipale per il mantenimento dell’Asilo d’Infanzia, il consigliere Francesco Cassano condannò l’istituzione dell’Asilo, imperoché la educazione a cui i bimbi vi si assoggettano, li abitua ad una vita comoda, delicata, gentile, cosa che ripugna all’avvenire di un agricoltore, il quale deve avere per suo capitale e ricchezza mani robuste e gambe ferme.

Il dott. Giuseppe Cassano curò la produzione del cognac Fides. Un Vincenzo Cassano (1904-1989), abitante con il fratello Filippo nel palazzo che fiancheggia il Castello Normanno-Svevo, è stato un appassionato di fotografia, alcune delle quali scattò con l’ausilio di un aquilone, foto che donò al Centro Culturale Ezra Pound, che a sua volta le donò al Comune di Gioia e sono attualmente presenti nel Palazzo municipale. Fu  anche finanziatore della Banda musicale di Gioia. Un Francesco Cassano (1914-1992), figlio di Giuseppe, è stato Ammiraglio di Squadra Navale.

Le due figure maggiormente rappresentative della famiglia Cassano, a mio parere, sono: Marcellino (1855-1919) e Paolo (1859-1935).

Marcellino Cassano fu sindaco di Gioia dal 18-3-1880 al 12-11-1889, dal 21-8-1891 al 20-4-1892, del 26-2-1894 al 3-5-1895, dal 19-8-1911 al 22-5-1914. Nel 1919 è tra i fondatori del Partito Popolare. Durante il suo sindacato fu approvato il progetto del Macello comunale e furono quotizzate  e assegnate le terre demaniali ai contadini. E’ stato anche Presidente del Circolo Unione di Gioia dal 1880 al 1892. Il 30-3-1882, su proposta della Giunta, il Consiglio comunale di Gioia manifesta la propria illimitata soddisfazione verso il sindaco Marcellino Cassano, che con onestà ha disimpegnato il suo ufficio di primo magistrato civico di Gioia e ha risollevato le sorti della città, materialmente e moralmente: – riscattandola dai debiti – rendendo proficuo il dazio consumo – ristaurando la giustizia e la rettitudine nell’Amministrazione Municipale – gettando le fondamenta di grandi opere pubbliche, da Lui rese possibili  con rara oculatezza e invidiabile incremento finanziario del Comune. Grato alla sua abnegazione e al suo disinteresse, per il sacrificio che egli compie dei suoi anni migliori e più promettenti nello occuparsi del bene del Comune perché primo nella serie dei sindaci di Gioia, pur le proprie competenze elargisce in vantaggio del Comune stesso, all’unanimità dei voti delibera conferire al sindaco Marcellino Cassano una grande medaglia d’oro che attesti solennemente ai presenti e ai venturi, ch’Egli ha ben meritato della città di Gioia del Colle.

Di Paolo Cassano mi limito a ricordare  che per un quarantennio, fino al 1920 circa, è stato produttore di distillati di vino che sono stati esportati in Europa e nelle Americhe. Egli oltre ed essere stato il pioniere della industria dei distillati gioiesi fu componente e dirigente di importanti organismi commerciali, tra cui la Camera di Commercio di Bari. Per quanto rguarda la figura e l’opera di Paolo Cassano rimando ad un mio articolo specifico, al link  http://www.gioiadelcolle.info/le-distillerie-paolo-cassano/.

Nel 1882 il Consiglio comunale di Gioia deliberò l’acquisto di alcune vecchie case dei signori Michele e Paolo Cassano, a Piazza Castello, per abbatterle e abbellire la Piazza stessa. Tali case, in attacco al palazzo Giove-Luisi, al lato sud della Piazza, ostruivano buona parte di via Le Torri, strada che portava alla Chiesa Madre.

A Paolo Cassano si deve  la costruzione della Villa in Via Roma, opera eseguita su progetto dell’architetto gioiese Cristoforo Pinto. La villa Cassano è una ‘dimora storica’ non solo per la sua vetustà, ma anche perché da settembre ad ottobre del 1917 ha ospitato il poeta Gabriele D’Annunzio, che il 4 ottobre partì da Gioia del Colle per la leggendaria impresa nelle Bocche di Cattaro (attuale Montenegro) e che, dopo il vittorioso esito della spedizione, suggerì di cambiare la denominazione del nostro paese in Gioia della Vittoria.

La costruzione è di stile neoclassico, con una pianta di circa metri 40×20, e si sviluppa su tre livelli con un’altezza massima di circa 25 metri alla torretta. Notevole è l’androne centrale che sorregge i saloni con quattro grandi colonne. La campata centrale della villa è caratterizzata da un grande portale e da sei colonne con capitelli corinzi che sorreggono una loggia balaustrata sulla quale si affacciano tre grandi bifore divise da semicolonne. Le altre finestre sono tabernacolari intervallate da lesene doppie con capitelli corinzi, tipici del Rinascimento, sormontate da frontoni nel primo piano. Il passaggio dal pianterreno a quelli superiori è sottolineato dalla presenza di cornicioni riccamente lavorati. Il terzo livello si innalza solamente sul corpo centrale dell’edificio.

Ardite sono le due scale gemelle con gradini ad incastro.

La villa presenta alcuni ambienti sotterranei, parte dei quali erano adibiti a neviera per la conservazione della neve.

La ‘Domenica del Corriere’ del 21-28 ottobre 1917 riporta la notizia dell’impresa di D’Annunzio: «Eja! Eja!,Eja! Alalà!» Prima di partire per una perigliosa spedizione i nostri aviatori lanciano il loro grido di guerra trovato da Gabriele D’Annunzio.

La dimora, durante la Seconda Guerra Mondiale, è stata sede dei comandi militari inglese ed americano, i  quali provocarono notevoli danni agli interni.

La villa è vincolata dalla Soprintendenza ai BB. AA. sin dagli anni ’40, così come sono vincolati i due giardini e il viale di lecci secolari.

La dimora è altresì iscritta alla Sezione Puglia della Associazione Dimore Storiche Italiane.

Nel giardino ’all’italiana’ che circonda la villa, un tempo più ampio dell’attuale e utilizzato come vigneto ed agrumeto, si nota la presenza di piante di lentisco, di ippocastani e di lecci secolari.

Attorno alla villa ruotano molte leggende e inquietanti racconti. Si parla dell’esistenza di maledizioni, così come si narra dell’esistenza di cento stanze, situazioni che hanno contribuito a creare un alone di mistero che continua ad alimentarne il fascino.  Ad esempio si narra, che ancora oggi possano essere uditi i nitriti strazianti di un cavallo impazzito, ucciso proprio durante la Grande Guerra nella stalla adiacente alla residenza. La stalla era stata infatti requisita dall’esercito, che vi teneva i propri cavalli.

Il fatto che ci siano queste leggende sottolinea l’importanza stessa della villa e della famiglia Cassano, che è stata parte attiva nel panorama agro-industriale gioiese.

Grazie alla disponibilità della famiglia Cassano la Villa da qualche anno è aperta ai visitatori.

Su Via Milano a Gioia insiste un villino, inizialmente proprietà della famiglia Milano e successivamente della famiglia Cassano, che sul finire del secolo scorso è stato venduto ad un altro acquirente.

Il nome del proprietario del villino, anzi meglio masseria, ha dato origine alla denominazione della strada. Infatti parlando di quella strada  gli anziani ancora oggi dicono: Sop à Milan.

Sulla Carta d’Italia, foglio di Gioia del Colle, edita dall’Istituto Geografico Militare nel 1949 il nome della villa compare come proprietà della famiglia Cassano.

La masseria fu acquistata dalla famiglia Cassano, che affidò all’architetto Cristoforo Pinto l’incarico di ristrutturarla ed abbellirla.  In tempi vicini a noi fu venduta ad un signore di Santeramo che voleva ristrutturarla, ma la sua morte ha portato all’abbandono della struttura.

Nella zona che incrocia la via per Noci e quella per Santa Candida è ubicata una  Villa, che fu fatta costruire dalla famiglia Pagano, su progetto dell’architetto Cristoforo Pinto. Fu successivamente acquistata dalla famiglia Cassano. Ne divenne poi  proprietaria la famiglia Colombo, che attualmente la abita.

Aneddoto su Paolo Cassano. Di ritorno in treno da Milano Paolo Cassano si fermò a Bari per cambio coincidenza per Gioia. Per rifocillarsi si fermò al Leon d’oro, di fronte alla stazione centrale di Bari. Al ristorante gli risposero che avevano già chiuso. Il Cassano chiese se fossero gentili da servirgli almeno due uova crude in un tegamino. Vista la richiesta poco impegnativa lo accontentarono. Il Cassano tirò fuori da una sua tasca una manciata di soldi, diede fuoco al fondo del tegamino per scaldare le uova. Stupore del personale, che inizialmente credeva di avere di fronte un poveraccio, vestito con un pastrano e con il volto sporco di fuliggine a causa delle emissioni di una locomotiva a vapore e, a seguito dell’ultimo gesto, di uno squilibrato!

Oltre a possedere grandi proprietà terriere, masserie e ville la famiglia Cassano possiede anche una dimora che  eterna il suo ricordo, nel Cimitero monumentale di Gioia del Colle.

Da alcuni  documenti del decennio 1890-1900 veniamo a conoscenza  della presenza in Gioia, oltre che della presenza  di una Banca Pavone Fiorentini e di una Banca De Bellis,  di un’ulteriore Banca, denominata M. ( Marcellino) Cassano & C.  Si tratta del Marcellino Cassano socio e Presidente del Circolo Unione e sindaco di Gioia del Colle.

Un pannello turistico bilingue, frutto di un PON realizzato dalla prof. Giulia Notarnicola e dal prof. Francesco Giannini, in collaborazione con alcuni studenti dell’I.T.T.(Istituto Tecnico Tecnologico) “Galileo Galilei” di Gioia del Colle è stato posizionato  all’ingresso della Villa Cassano, a ricordare non solo l’opera di Paolo Cassano, ma anche la venuta a Gioia di G. D’Annunzio e la presenza di una tra le più belle ville di Gioia del Colle.

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12 Agosto 2019

  • Scuola di Politica

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